L'istituto della Conciliazione giudiziale apporta vantaggi non solo dal punto di vista sanzionatorio ma anche da quello penale
I vantaggi della Conciliazione giudiziale non vanno letti solamente dal punto di vista della riduzione delle sanzioni, ma anche da quello penale.
Fuori dai casi di non punibilità, infatti, nell’ipotesi in cui i debiti tributari siano estinti prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado le pene per i delitti possono essere dimezzate e non vengono applicate pene accessorie.
Un ulteriore vantaggio può arrivare nel caso in cui vengano adottate misure cautelari. Queste, infatti, vengono meno se la pretesa originaria viene modificata con un accordo conciliativo.
I vantaggi della Conciliazione giudiziale
Al di là dei vantaggi sanzionatori – riduzione delle sanzioni al 40 per cento del minimo previsto dalla legge, qualora l’accordo intervenga nel primo grado di giudizio, elevata al 50 per cento se la conciliazione avviene in appello (1/18 per la conciliazione straordinaria) – la conciliazione giudiziale va letta anche sotto il versante penale.
Infatti, l’art.13-bis, del D.Lgs.n.74/2000, prevede che, fuori dai casi di non punibilità, le pene per i delitti di cui al D.Lgs.n.74/2000 sono diminuite fino alla metà e non si applicano le pene accessorie indicate nell’art.12, dello stesso D.Lgs.n.74/2000 se, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, i debiti tributari, comprese sanzioni amministrative e interessi, sono stati estinti mediante integrale pagamento degli importi dovuti, anche a seguito delle speciali procedure conciliative e di adesione all’accertamento previste dalle norme tributarie.
Inoltre, pur se i giudici penali – Cass.sent. n. 19997 del 27 aprile 2017 - muovendo dal legittimo presupposto che sia pacifica l’autonomia del procedimento penale rispetto all’accertamento fiscale – hanno ritenuto che la sopravvenienza di un accordo amministrativo, che va a modificare sostanzialmente l’iniziale determinazione dell’imposta evasa, coincidente con quella presa a riferimento per la formulazione dell’imputazione in sede penale, non comporta l’automatico venir meno dell’ipotesi delittuosa originaria, almeno sul piano cautelare, non si può non rilevare che la Corte di Cassazione (Cfr. Cass. Sez. 3, sent. 36396 del 18 maggio 2011, dep. Il 7 ottobre 2011; Cass.Sez. 3, Sent. n. 37335 del 15 luglio 2014, dep. Il 9 settembre 2014; Cass.Sez. 3, Sent.n. 38684 del 4 giugno 2014, dep. il 23 settembre 2014), nel confermare il principio secondo cui spetta al giudice penale il compito di accertare e determinare l’ammontare dell’imposta evasa, “attraverso una verifica che può venire a sovrapporsi o anche entrare in contraddizione con quella eventualmente effettuata dinanzi al giudice tributario”, ha affermato che la nozione di profitto – corrispondente all’imposta evasa – non può essere automaticamente intaccata dalla determinazione concordata del tributo, la quale deve essere comunque vagliata sul piano della maggiore o minore attendibilità rispetto all’iniziale quantificazione dell’imposta dovuta.
Se la pretesa tributaria può essere rivalutata e ridimensionata in sede di accordi concordati tra le parti del rapporto o addirittura annullata dal giudice tributario, senza che ciò però vincoli il giudice penale, per discostarsi dalla nuova imposta determinata in contraddittorio con il contribuente occorrono concreti elementi di fatto che rendano maggiormente attendibile l’iniziale quantificazione dell’imposta dovuta. E sicuramente appare difficile riscontrare per il giudice penale concreti elementi che rendano maggiormente attendibile l’imposta accertata o accertabile rispetto a quella concordata.
Ulteriori vantaggi della Conciliazione giudiziale
Ulteriore vantaggio, una volta raggiunto l’accordo, può derivare nei casi in cui siano state adottate misure cautelari. Infatti, le misure cautelari adottate, a seguito di un avviso di accertamento, fondato su un pvc, vengono meno una volta modificata l’originaria pretesa attraverso un accordo conciliativo, avente effetto novativo, comportante la sostituzione del titolo di imposizione. Sono queste le conclusioni raggiunte dalla Corte di Cassazione con la sentenza n.4807 del 24 febbraio 2017. Per la Corte Suprema:
“la sopravvenuta conciliazione giudiziale ha sortito effetto novativo del titolo di imposizione, sostituendosi all’originario verbale di constatazione ed all’avviso di accertamento su di questo basato, con conseguente venir meno dell’atto tipico legittimante, ex art. 22 cit., la misura cautelare.”
Segnaliamo, altresì, la recente sentenza della Corte di Cassazione – n.38766 del 7 dicembre 2021 – con cui gli Ermellini hanno affermato che, in tema di sequestro conservativo di cui all’art.22, del D.Lgs.n.472/97, il sopravvenuto perfezionamento dell’accordo conciliativo ha effetto novativo del credito, da cui deriva la cessazione della materia del contendere nel giudizio instaurato avverso la misura del sequestro conservativo, atteso che, in questo caso, si è venuto a formare un titolo nuovo e diverso rispetto a quello tipico sulla cui base era stata richiesta e riconosciuta la misura cautelare, con conseguente perdita di efficacia della medesima.
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