Articolo 2086 codice civile e controllo di gestione

Rino Cimella - Controllo di gestione

L'articolo 2086 del codice civile rappresenta una svolta per le aziende italiane verso un controllo di gestione sempre più accurato

Articolo 2086 codice civile e controllo di gestione

Il Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (Decreto Legislativo 12 gennaio 2019, n. 14) ha portato diverse novità, di cui alcune molto rilevanti che riguardano l’articolo 2086 del Codice Civile.

In primis, è stato rubricato come “Gestione dell’impresa”.

Il primo comma prevede quanto segue:

L’imprenditore è il capo dell’impresa e da lui dipendono gerarchicamente i suoi collaboratori

Inoltre, è stato aggiunto il secondo comma, il quale stabilisce che

l’imprenditore, che operi in forma societaria o collettiva, ha il dovere di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell’impresa e della perdita della continuità aziendale, nonché di attivarsi senza indugio per l’adozione e l’attuazione di uno degli strumenti previsti dall’ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale

Tutte le imprese societarie e collettive sono obbligate a curare tale aspetto.

L’art. 2381 comma 5 del Codice Civile già prevedeva un obbligo in tal senso, valido per le sole SPA (Società per Azioni), in cui

gli organi delegati curano che l’assetto organizzativo, amministrativo e contabile sia adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa e riferiscono al consiglio di amministrazione e al collegio sindacale, con la periodicità fissata dallo statuto e in ogni caso almeno ogni sei mesi, sul generale andamento della gestione e sulla sua prevedibile evoluzione nonché sulle operazioni di maggior rilievo, per le loro dimensioni o caratteristiche, effettuate dalla società e dalle sue controllate

Con l’introduzione dell’articolo 375 del succitato decreto legislativo, tale obbligo è allargato a tutte le imprese che operano in forma di società o comunque collettiva, ponendo l’accento sui concetti di crisi d’impresa e continuità aziendale.

Resta dunque escluso l’imprenditore individuale. Ma che cosa significa tutto questo?

Assetto organizzativo adeguato a natura e dimensioni dell’azienda e controllo di gestione

L’assetto di un’organizzazione è costituito dall’insieme di regole, funzioni e procedure che occorrono a gestire l’impresa.

Una società funzionante deve curare nel dettaglio i compiti e le responsabilità delle strutture aziendali.

A tal proposito, vengono spesso utilizzati due strumenti:

  • Funzionigramma: ad ogni incarico sono associate le rispettive competenze. Più vi è chiarezza, maggiore è la funzionalità dell’organizzazione. A livello interno, è un prezioso supporto per comprendere le dinamiche aziendali: sapere chi fa che cosa, chi è responsabile di un’area o di un’altra favorisce tanto l’aspetto pratico, quanto il clima relazionale. Si evitano, infatti, duplicati di attività o, al contrario, situazioni in cui esse non siano correttamente svolte. Inoltre, anche le performance aziendali possono beneficiarne, in quanto avere una precisa suddivisione aiuta anche a specializzarsi e a migliorare nella propria sfera di competenza.
  • Organigramma: consistente in una rappresentazione grafica della struttura organizzativa dell’azienda. Generalmente, al vertice della struttura vi sono gli organi di indirizzo; successivamente, seguendo un ordine gerarchico, quelli dirigenziali fino ad arrivare alle unità operative. Nel linguaggio aziendale, si utilizza l’espressione “organi di line” per identificare tali livelli. Al contrario, nei casi in cui vi siano legami di natura funzionale, si parla di “organi di staff”, come ad esempio gli uffici legali di cui ci si avvale, gli studi tecnici e similari.

Appare evidente che la natura e le dimensioni aziendali influiscono notevolmente sulla quantità di informazioni da inserire all’interno degli schemi.

Una multinazionale dovrà necessariamente dotarsi di meccanismi organizzativi molto più complessi rispetto ad una società che opera su un mercato locale. Così come un’azienda industriale avrà funzioni e gerarchie differenti rispetto ad un’azienda che opera, ad esempio, prevalentemente online.

Assetti amministrativo e contabile aziendale e controllo di gestione

Dotarsi di un buon sistema di contabilità, fissare dei target di vendite, sviluppare dei budget con eventuali meccanismi correttivi, rafforzare l’area comunicazione e marketing collegandola con indicatori di bilancio e misuratori economici e finanziari: sono tutti esempi di una sana gestione dal punto di vista amministrativo e contabile.

La regolare tenuta delle scritture contabili, in particolare, oltre ad essere un obbligo di legge consente di avere sempre sotto controllo l’andamento gestionale.

E anche gli stakeholder possono venire in possesso delle informazioni necessarie per una corretta valutazione dello stato di salute dell’azienda.

La crisi dell’impresa e la perdita della continuità aziendale

Questi assetti, ai sensi dell’articolo 3 comma 3 del D. Lgs. 14/2019, devono consentire di:

  • rilevare eventuali squilibri di carattere patrimoniale o economico-finanziario, rapportati alle specifiche caratteristiche dell’impresa e dell’attività imprenditoriale svolta dal debitore;
  • verificare la sostenibilità dei debiti e le prospettive di continuità aziendale almeno per i dodici mesi successivi;
  • ricavare le informazioni necessarie a utilizzare la lista di controllo particolareggiata e a effettuare il test pratico per la verifica della ragionevole perseguibilità del risanamento.

I segnali della crisi

L’articolo 2 del succitato decreto definisce la crisi come

lo stato del debitore che rende probabile l’insolvenza e che si manifesta con l’inadeguatezza dei flussi di cassa prospettici a far fronte alle obbligazioni nei successivi dodici mesi

Secondo l’articolo 3 comma 4, ci sono alcuni segnali ben definiti che possono prevedere l’eventuale crisi e, dunque, permettere di porre in essere tutte le azioni per evitare situazioni irreversibili:

  • l’esistenza di debiti per retribuzioni scaduti da almeno trenta giorni pari a oltre la metà dell’ammontare complessivo mensile delle retribuzioni;
  • l’esistenza di debiti verso fornitori scaduti da almeno novanta giorni di ammontare superiore a quello dei debiti non scaduti;
  • l’esistenza di esposizioni nei confronti delle banche e degli altri intermediari finanziari che siano scadute da più di sessanta giorni o che abbiano superato da almeno sessanta giorni il limite degli affidamenti ottenuti in qualunque forma purché rappresentino complessivamente almeno il 5% del totale delle esposizioni;
  • l’esistenza di una o più delle esposizioni debitorie previste dall’articolo 25-novies, comma 1.

La valutazione di quanto previsto dall’articolo 3 comma 4

Un primo segnale critico è legato al personale dipendente.

Ove la misura dei debiti oltre i 30 giorni per retribuzioni dovesse essere superiore al 50% dei debiti totali su base mensile della stessa natura, scatta l’allarme.

In tal caso, è stato rafforzato il valore del personale e l’importanza del pagamento puntuale dei salari e degli stipendi, indicatore fondamentale per lo stato di salute dell’azienda.

Per quel che concerne i debiti verso i fornitori, per evitare di arrivare nella situazione illustrata dal comma 4 è importante lavorare sulla gestione degli incassi e delle forniture. Pur non essendo affatto semplice, riuscire a ridurre il tempo medio di incasso delle fatture e, ove possibile, allungare il tempo medio di pagamento dei debiti commerciali, potrebbe rappresentare una fonte di maggior respiro.

In tal caso, la forza contrattuale gioca un ruolo fondamentale.

Per quel che concerne la situazione bancaria, è chiaro che un indicatore da tenere sempre sotto controllo è quello di autonomia finanziaria, molto utilizzato anche nelle valutazioni operate dalle agenzie di rating. Se il capitale di terzi impatta in modo notevole sulla struttura, le probabilità di trovarsi nella situazione precrisi è molto più elevata.

La gestione dei debiti verso INPS, INAIL e Agenzia delle Entrate

L’art. 25-novies comma 1 prevede che INPS, INAIL, Agenzia delle Entrate e Agenzia delle Entrate-Riscossione effettuino delle segnalazioni all’imprenditore e, ove presente, all’organo di controllo, mediante raccomandata con avviso di ricevimento o PEC.

Nello specifico, le segnalazioni avvengono nelle ipotesi presentate nella seguente schematizzazione:

  • INPS: il ritardo di oltre novanta giorni nel versamento di contributi previdenziali di ammontare superiore:
    1) per le imprese con lavoratori subordinati e parasubordinati, al 30% di quelli dovuti nell’anno precedente e all’importo di euro 15.000;
    2) per le imprese senza lavoratori subordinati e parasubordinati, all’importo di euro 5.000;
  • INAIL: l’esistenza di un debito per premi assicurativi scaduto da oltre novanta giorni e non versato superiore all’importo di euro 5.000;
  • Agenzia delle Entrate: l’esistenza di un debito scaduto e non versato relativo all’IVA, di importo superiore a euro 5.000 e, comunque, non inferiore al 10% dell’ammontare del volume d’affari risultante dalla dichiarazione relativa all’anno d’imposta precedente; la segnalazione è in ogni caso inviata se il debito è superiore all’importo di euro 20.000.
  • Agenzia delle Entrate-Riscossione: l’esistenza di crediti affidati per la riscossione, autodichiarati o definitivamente accertati e scaduti da oltre novanta giorni, superiori, per le imprese individuali, all’importo di euro 100.000, per le società di persone, all’importo di euro 200.000 e, per le altre società, all’importo di euro 500.000.

Gli indicatori di allerta

In tal modo, si è deciso di formalizzare dal punto di vista normativo la prevenzione della crisi, obbligando le imprese a dotarsi di un sistema di indicatori in grado di rilevare gli squilibri.

In origine, il Gruppo di Lavoro del CNDCEC (Consiglio Nazionale Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili) aveva elaborato un sistema di indicatori che, nonostante non siano obbligatori, possono comunque essere d’aiuto:

  • Indice di sostenibilità degli oneri finanziari = (Oneri finanziari/Fatturato) * 100
  • Indice di adeguatezza patrimoniale = (Patrimonio Netto/Debiti total) * 100
  • Indice di ritorno liquido dell’attivo = (Reddito netto+Costi non monetari-Ricavi non monetari/Totale Attivo) * 100
  • Indice di liquidità = (Liquidità immediate+Liquidità differite)/Passività correnti
  • Indice di indebitamento previdenziale e tributario = (Debiti previdenziali+Debiti tributari/Totale Attivo) * 100

Per completezza d’informazione, il gruppo è stato abrogato dal D. Lgs. 83/2022 e i relativi KPI (Key Performance Indicator) non sono stati recepiti dal Codice della Crisi, ma rimangono ugualmente molto utili, sempre rapportati al settore di riferimento.

Nel caso in cui tali indici presentino dei valori preoccupanti, allora è evidente che lo stato di crisi è presente e occorre trovare le contromisure per affrontarla.

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