Nel caso di accertamenti bancari i contribuenti possono fornire prove per confermare l'estraneità dei versamenti a fatti imponibili ed è obbligo del giudice verificarle. Questo il principio espresso dalla Corte di Cassazione
In caso di accertamento fondato sulle risultanze bancarie, i prelevamenti hanno valore presuntivo nei confronti dei soli titolari di reddito di impresa, mentre le operazioni di versamento valgono nei confronti di tutti i contribuenti, compresi i liberi professionisti, i quali possono opporsi dimostrando, in maniera analitica e rigorosa, che le somme sono già incluse nel reddito soggetto ad imposta o sono irrilevanti.
È obbligo del giudice di merito verificare, con altrettanto rigore, l’efficacia dimostrativa delle prove offerte dal contribuente, per ciascuna operazione, e di dar conto espressamente in sentenza delle relative risultanze.
Questi i principi desumibili dall’Ordinanza n. 8905 della Corte di Cassazione depositata il 4 aprile 2024.
Accertamento bancario: il giudice ha l’obbligo di verificare la prova analitica offerta dal contribuente
Il giudizio verte sul ricorso proposto da un dottore commercialista avverso un avviso di accertamento con cui, all’esito di indagini bancarie e del relativo contraddittorio, l’Agenzia delle Entrate ha accertato presuntivamente un maggior reddito da lavoro autonomo, rideterminando pertanto le conseguenti maggiori IRPEF e IRAP, con interessi e sanzioni.
La CTR, giunto il ricorso in secondo grado, ha annullato le riprese dell’Ufficio limitatamente al reddito desunto dai prelevamenti da conto corrente bancario, confermando invece la presunzione di evasione per i versamenti non giustificati.
Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione il contribuente, lamentando violazione dell’articolo 32, comma 1, del DPR n. 600 del 1973, sostenendo che alcuna presunzione può operare nei confronti dei lavoratori autonomi.
La Corte di Cassazione ha dichiarato infondato il motivo di doglianza del professionista ribadendo che, in tema d’imposte sui redditi, la presunzione legale relativa della disponibilità di maggior reddito desumibile dalle risultanze dei conti bancari si estende alla generalità dei contribuenti.
Tuttavia, all’esito della sentenza n. 228/2014, con cui la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del citato articolo 32, comma 1 (n. 2, secondo periodo), limitatamente alle parole “o compensi”, le operazioni bancarie di prelevamento hanno valore presuntivo nei confronti dei soli titolari di reddito di impresa, mentre quelle di versamento nei confronti di tutti i contribuenti, ivi compresi gli esercenti arti e professioni, i quali possono contrastarne l’efficacia dimostrando che le stesse sono già incluse nel reddito soggetto ad imposta o sono irrilevanti.
Dal lato probatorio, quindi, il professionista è onerato di provare in modo analitico l’estraneità dei versamenti a fatti imponibili.
Nel caso di specie questi aveva indicato, per tutte le operazioni, il titolo dell’incasso, specificando che in alcuni casi si era trattato di rimborsi di anticipazioni dalle società di cui era socio.
Il contribuente può fornire prove contro la presunzione di evasione
La pluralità delle giustificazioni è stata disattesa dalla CTR, con una motivazione globale e generica, anziché puntuale e specifica. Sotto questo profilo la Corte di Cassazione ha dato ragione al professionista affermando che, in tema di accertamenti bancari, è prevista una presunzione legale in favore dell’erario che, in quanto tale, non necessita dei requisiti di gravità, precisione e concordanza richiesti dall’art. 2729 c.c. per le presunzioni semplici.
La presunzione di evasione può essere superata dal contribuente attraverso una prova analitica, con specifica indicazione della riferibilità di ogni versamento bancario, idonea a dimostrare che gli elementi desumibili dalle movimentazioni bancarie non attengono ad operazioni imponibili.
È poi obbligo del giudice di merito di verificare con rigore l’efficacia dimostrativa delle prove offerte dal contribuente, per ciascuna operazione, e di dar conto espressamente in sentenza delle relative risultanze.
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