Con la Legge di Bilancio 2023 è stata delineata la nuova tregua fiscale (ex pace fiscale). Ci sono però una serie di vuoti e di contraddizioni: vediamo quali
Il testo della Legge di Bilancio prevede una serie di interventi normativi che, pur non intaccando la sorte capitale delle imposte non pagate, riduce e in alcuni casi addirittura azzera l’impatto delle sanzioni.
Su alcuni di questi interventi sono state già pubblicate le prime pronunce di prassi amministrativa contenute nelle Circolari numero 1 e 2 dell’Agenzia delle Entrate.
Cosa prevede la tregua fiscale 2023?
Vediamo qui di seguito il riassunto dei principali interventi, elencati in ordine di comma, che nel loro insieme compongono quella che può essere definita “Tregua della Riscossione”:
- Ravvedimento speciale violazioni tributarie, commi 174 a 178:
- debiti tributari relative a dichiarazioni regolarmente presentate per gli anni di imposta fino al 2021;
- applicabile in assenza di contestazioni;
- sanzione ridotta ad 1/18 del minimo;
- pagamento entro 31 marzo fino ad 8 rate trimestrali;
- previsione di una facoltà da parte dell’Agenzia delle Entrate di regolare l’accesso a questo istituto, si pensi ad esempio alla individuazione di appositi codici tributo;
- Definizione agevolata “avvisi bonari”, commi 153 a 159
- anni di Imposta 2019 2020 e 2021;
- Solo se riguardante i controlli ex 36 bis Dpr 600 e 54 bis Dpr 633/72;
- stralcio carichi fino a mille euro, commi 222 a 230:
- riguardante i singoli residui debiti per imposte interessi e sanzioni iscritti al 31 dicembre 2015;
- cancellazione automatica entro 31 marzo 2023;
- definizione agevolata dei carichi al 30 giugno 2022, commi da 231 a 252:
- domanda da presentare solo in via telematica entro il 30 aprile 2023;
- sgravio totale per sanzioni ed interessi;
- no per spese esecutive e di notifica;
- pagamento fino a 18 rate trimestrali in unica soluzione o prima rata entro il 31 luglio 2023.
I limiti della tregua fiscale 2023
Le discrasie che sono emerse in questo primo mese di applicazione sono diverse e qui l’analisi di alcune, a parere di chi scrive, che meritano più attenzione di altre:
- il paradosso del limbo dei contribuenti dagli avvisi bonari scaduti: i contribuenti che si sono trovati nella condizione di avviso bonario scaduto o con rateizzazione decaduta alla data di entrata in vigore della norma non possono fruire né di questa definizione agevolata e né della definizione della conseguente cartella di pagamento in quanto non risultante tra i carichi affidati all’agente della riscossione fino al 30 giugno 2022;
- Le cartelle iscritte a ruolo tra il 30 giugno e la data di presentazione alle Camere del Ddl di Bilancio: nello scorso autunno sono state notificate numerose cartelle la cui iscrizione a ruolo risulta essere successiva al 30 giugno ma comunque antecedente alla data di presentazione alle Camere del DdL venendo così penalizzati coloro che, già in difficoltà finanziaria negli anni Covid, non hanno potuto usufruire di altri strumenti ravvedimento operoso quando, di contro, chi non ha versato in forma corretta le imposte per gli anni 2019 2020 e 2021 potrà attendere la notifica dell’avviso bonario per poter definire in forma agevolata il proprio debito erariale;
- L’esclusione da parte dell’Agenzia del ravvedimento speciale per gli anni 2019, 2020 e 2021: questa disposizione consentirebbe di versare quanto non pagato a saldo dei propri debiti fiscali da dichiarazione dei redditi ed IVA rientranti nel perimetro della disposizione, con una sanzione ulteriormente ridotta rispetto a quanto dovuto applicando l’istituto del ravvedimento operoso ordinario, e per i quali non è stato loro notificato alcun atto di accertamento o liquidazione da parte degli Uffici, quindi:
- scaturenti da dichiarazione fiscale;
- relativi agli anni di imposta 2021 e precedenti;
- non definibili con altri strumenti indicati dalla norma.
Tregua fiscale 2023 da rivedere
Ma nella circolare numero 2/E del 2023 l’Agenzia espone la sua posizione:
“Si precisa, inoltre, che non sono definibili con il ravvedimento speciale in commento le violazioni rilevabili ai sensi degli articoli 36-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e 54-bis del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e le violazioni formali”.
Vero è che il testo normativo come sopra già evidenziato non fissa una scadenza dei termini di adesione alla definizione agevolata degli “avvisi bonari” e questo potrebbe aver indotto l’Agenzia a ritenere che per tale motivo non deve essere consentita la facoltà al contribuente di usufruire del ravvedimento speciale avendo comunque la possibilità, anche più in là nel tempo, di definire con una sanzione ridotta il debito fiscale. Diversamente non si comprende il motivo di questa “porta chiusa” all’accesso al ravvedimento speciale da parte dell’Agenzia stessa.
Tra l’altro accade sovente che venga notificato al contribuente direttamente la cartella di pagamento non preceduta dalla notifica dell’avviso bonario, una prassi più volte avallata da pronunce della magistratura tributaria. Questo è un fatto che precluderebbe al contribuente interessato anche il possibile accesso alla definizione agevolata dell’avviso bonario, perché potrà non essergli mai notificato.
Possiamo dire che la tregua fiscale concede certo una boccata di ossigeno, almeno sotto il profilo finanziario, a coloro che per i più diversi motivi si trovano in debito verso l’Erario.
Ci sono, però, alcuni punti come quelli appena elencati che necessitano di un correttivo, o quantomeno di una spiegazione plausibile.
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: I vuoti della tregua fiscale su avvisi bonari, cartelle e ravvedimento