Indeducibile il compenso degli amministratori di società di capitali se non risulta quantificato nello statuto o nella delibera assembleare: lo chiarisce la Corte di Cassazione con l'Ordinanza numero 20163 del 2024
Ai fini della deducibilità del compenso degli amministratori di società di capitali è necessario che ne risulti la quantificazione nello statuto, oppure in una esplicita delibera dell’assemblea dei soci.
Questo il principio contenuto nell’Ordinanza della Corte di Cassazione n. 20163 del 24 luglio 2024.
La vicenda processuale riguarda il ricorso presentato da una società avverso un avviso di accertamento con cui l’Agenzia delle Entrate, sulla base delle risultanze di un PVC, aveva contestato la deduzione di costi e la detrazione della relativa IVA per prestazioni di consulenza di opere intellettuali da parte degli amministratori della società in favore della contribuente stessa, contestate come retribuzione periodica corrisposta agli amministratori non deliberata dall’assemblea dei soci.
Il ricorso è giunto in CTR, che rigettava le ragioni della contribuente.
La Corte di Cassazione fa luce sulla deducibilità dei compensi dell’amministratore
Avverso la sentenza di secondo grado la società ha proposto ricorso per cassazione lamentando, per quanto di interesse, violazione e falsa applicazione dell’art. 109 del DPR n. 917/86, per aver la CTR disconosciuto la deduzione dei costi (inerenti) relativi ai contratti di consulenza conclusi dalla società con i propri amministratori, sul presupposto che tali contratti fossero simulati e diretti ad occultare la corresponsione di compensi agli amministratori, in mancanza di prova sull’accordo simulatorio.
Il motivo è stato ritenuto infondato dalla Corte di Cassazione, che ha ricordato la regola di diritto alla base della fattispecie in commento che, ai sensi dell’art. 2389 co. 1, c.c., prevede che i compensi spettanti ai membri del consiglio di amministrazione e del comitato esecutivo siano stabiliti all’atto della nomina o dall’assemblea.
In particolare, nelle società prive di consiglio di sorveglianza, è l’assemblea ordinaria che, ex art. 2364 co. 1, n. 3 c.c. determina il compenso degli amministratori e dei sindaci, se non è stabilito dallo statuto.
Il citato disposto normativo va collegato con il principio della nullità generale di cui all’art. 1418 co. 1 c.c., secondo cui la contrarietà ad una norma imperativa determina la nullità del contratto. A riguardo, la disciplina di cui all’art. 2389 c.c. ha certamente natura imperativa e inderogabile e, di conseguenza, la sua violazione, sul piano civilistico, dà luogo a nullità degli atti di autodeterminazione dei compensi da parte degli amministratori.
Come diretta conseguenza, i giudici di legittimità hanno affermato che sono indeducibili i compensi corrisposti in favore degli amministratori per difetto di una preventiva delibera da parte dell’assemblea dei soci.
Pertanto, ai fini della deducibilità del compenso degli amministratori di società di capitali, è necessario il rispetto del combinato disposto degli artt. 2389 co. 1 e 2364 co. 1, n. 3 c.c., e dunque che ne risulti la quantificazione nello statuto, oppure in una esplicita delibera dell’assemblea dei soci, che non può considerarsi implicita neppure nella delibera di approvazione del bilancio contenente la posta relativa al compenso, salvo che l’assemblea, in composizione totalitaria e convocata solo per l’approvazione del bilancio, abbia discusso ed approvato tale proposta.
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: Compensi dell’amministratore indeducibili senza la previsione statutaria o la delibera assembleare