Rivalutazione delle pensioni: il ricorso contro il taglio finisce alla Corte Costituzionale

Francesco Rodorigo - Pensioni

Il ricorso presentato nel 2023 contro il taglio alla rivalutazione delle pensioni per il 2023 e il 2024 finisce davanti alla Corte Costituzionale. Il Governo rischia una causa da 37 miliardi di euro

Rivalutazione delle pensioni: il ricorso contro il taglio finisce alla Corte Costituzionale

Il taglio della rivalutazione delle pensioni introdotto con la Legge di Bilancio 2023 potrebbe essere incostituzionale.

La questione finisce sul tavolo della Consulta dopo che la Corte dei Conti della Toscana ha sollevato un’eccezione di costituzionalità in merito al ricorso presentato nel 2023.

I tagli effettuati con la Manovra 2023 lederebbero la dignità dei pensionati poiché in contrasto con i principi costituzionali della proporzionalità della retribuzione e della funzione propriamente previdenziale dei trattamenti pensionistici.

Il Governo ora rischia una causa da 37 miliardi di euro per la penalizzazione delle pensioni oltre 4 volte il minimo e potrebbe trovarsi a dover ripensare le strategie in vista della Legge di Bilancio 2025.

Rivalutazione delle pensioni: il ricorso contro il taglio finisce alla Corte Costituzionale

La norma che prevede il taglio della rivalutazione delle pensioni per gli assegni oltre 4 volte il minimo presenta profili di illegittimità costituzionale.

A sostenerlo è la Corte dei Conti della Toscana nell’ordinanza n. 33, tramite la quale, come riportato da la Repubblica, accoglie il ricorso presentato nel 2023 da un ex dirigente scolastico in pensione.

Il caso ora finirà sul tavolo della Corte Costituzionale, chiamata ad esprimersi sulla legittimità costituzionale dell’articolo 1, comma 309, della Legge di Bilancio 2023 in riferimento agli articoli 3, 23, 36 e 38 della Costituzione.

Ricordiamo, infatti, che per il 2023 la rivalutazione annuale delle pensioni in adeguamento all’inflazione è stata riconosciuta appieno solamente agli assegni fino a 4 volte il minimo INPS per poi scendere gradualmente fino a quelli oltre 10 volte il minimo, che hanno ottenuto una rivalutazione del 32 per cento (22 per cento nel 2024).

Il ricorso si basa sulla richiesta di un recupero delle somme non ricevute da parte dei pensionati che si sono visti tagliare la rivalutazione, i quali lamentano una penalizzazione pesante e continuata nel tempo (proseguita nel 2024 e ora come ora in vista di conferma nella prossima Manovra).

In quanto al profilo di incostituzionalità, la Corte dei Conti della Toscana ha osservato come in primo luogo il taglio sia avvenuto “al di fuori di crisi finanziarie” e all’interno di una Legge di Bilancio “fortemente espansiva e fatta in deficit”.

Inoltre, il taglio lede gli articoli 36 e 38 della Costituzione (principi della retribuzione proporzionata e funzione propriamente previdenziale dei trattamenti pensionistici) e di conseguenza la dignità dei pensionati, in quanto la pensione, al pari dello stipendio, deve essere proporzionata alla quantità e alla qualità del lavoro e adeguata anche in relazione ai mutamenti del potere d’acquisto.

“In tale prospettiva la pensione più alta alla media non risulta considerata dal legislatore come il meritato riconoscimento per il maggiore impegno e capacità dimostrati durante la vita economicamente attiva, ma alla stregua di un mero privilegio, sacrificabile anche in un’asserita ottica dell’equità intergenerazionale.”

Da qui l’eccezione di costituzionalità sollevata dalla Corte dei Conti della Toscana.

Rivalutazione pensioni: cosa succede se la Consulta certifica l’incostituzionalità

La questione rischia di scatenare un vero e proprio terremoto su Governo e conti pubblici.

Se la Corte Costituzionale dovesse certificare l’incostituzionalità i costi raggiungerebbero, come riporta Repubblica, i 37 miliardi di euro.

Per capire la portata della questione, l’intera Legge di Bilancio 2025 avrà, secondo le prime stime, un impatto di circa 25 miliardi.

Le motivazioni alla base del giudizio della Corte dei Conti della Toscana, inoltre, mettono il Governo nella posizione di dover ripensare attentamente all’eventuale proroga della perequazione delle pensioni con queste o simili modalità, cosa che almeno fino a questo momento non sembrava essere in discussione, vista la confermata volontà di riproporre la rivalutazione al 120 per cento delle pensioni minime.

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