Società di comodo, nel caso di società non operative i finanziamenti richiesti e non accordati dagli enti pubblici sono considerati una situazione oggettiva che disinnesca la presunzione legale di sussistenza di tale società di comodo, a patto che la mancata fruizione non sia imputabile all'imprenditore. Lo chiarisce l'Ordinanza della Corte di Cassazione numero 24667 del 14 settembre 2021.
In tema di società “non operative”, la richiesta di finanziamenti o contributi pubblici, poi non accordati dall’ente pubblico, costituisce una oggettiva situazione in grado di disinnescare la presunzione legale di sussistenza della società di comodo desunta dal test di operatività, se la mancata fruizione del contributo pubblico non sia imputabile all’imprenditore.
È compito del giudice di merito valutare se la specifica circostanza costituisce un fatto oggettivo che ha impedito il mancato raggiungimento della soglia minima presunta di ricavi. Questo il contenuto dell’Ordinanza della Corte di Cassazione n. 24667 del 14 settembre 2021.
I fatti - Il caso riguarda un avviso di accertamento, emesso dall’Agenzia delle entrate per la rettifica del reddito dichiarato dalla società nel periodo d’imposta 2007 e l’adeguamento al minimo previsto dall’art. 30, co. 1 della legge n. 724 del 23 dicembre 1994, palesandosi la società come “non operativa”.
Avverso l’atto impositivo la società ha invocato la disapplicazione della disciplina sulle società di comodo invocando, come fatto oggettivo impeditivo per il conseguimento di ricavi e la produzione di reddito entro la soglia minima stabilita ex lege, il mancato riconoscimento delle agevolazioni previste nel contratto di programma.
Più precisamente, sebbene nel bilancio fosse stato iscritto, tra le immobilizzazioni, un terreno originariamente destinato ad accogliere un insediamento industriale con finalità agroalimentare nell’ambito di un contratto di programma sottoscritto tra la stessa società ed il Ministero delle attività produttive, era successivamente intervenuto un fatto di carattere oggettivo che aveva impedito l’avvio del programmato intervento produttivo.
Infatti, il Ministero dello sviluppo economico aveva avviato le procedure per la revoca delle agevolazioni previste nel contratto di programma. Tale circostanza aveva rappresentato un oggettivo impedimento che ah reso necessario procedere ad una rimodulazione in negativo dell’attività d’impresa.
Il ricorso proposto dalla contribuente è stato accolto dalla CTP ma la sentenza è stata riformata dalla CTR. La società ha proposto ricorso in cassazione, lamentando violazione e falsa applicazione dell’art. 30, comma 1, I. n. 724 del 1994, per avere la CTR erroneamente applicato la norma in parola al caso di specie. I giudici di legittimità hanno ritenuto fondato il motivo di doglianza e cassato con rinvio la sentenza impugnata.
La decisione - Il regime delle società “non operative” è disciplinato dall’articolo 30, della L. n. 724 del 1994, per cui le società di capitali residenti e le stabili organizzazioni in Italia di società non residenti si considerano non operative se l’ammontare complessivo dei ricavi, degli incrementi delle rimanenze e dei proventi, con esclusione di quelli straordinari, è inferiore ai ricavi minimi presunti stabiliti dalla norma.
Il co. 4-bis del cit. art. 30 stabilisce, inoltre, che in presenza di oggettive situazioni che hanno reso impossibile il conseguimento dei ricavi e dei proventi nonché del reddito mimino presunto, ovvero non hanno consentito di effettuare le operazioni rilevanti previste.
Tale presunzione può essere vinta mediante la dimostrazione, il cui onere grava sul contribuente, di situazioni oggettive - ossia non dipendenti da una scelta consapevole dell’imprenditore - che abbiano reso impossibile raggiungere il volume minimo di ricavi o di reddito determinato secondo i predetti parametri.
A tal fine la società interessata può presentare istanza di interpello con cui richiedere all’Amministrazione finanziaria una risposta relativamente alla sussistenza delle condizioni e alla valutazione dell’idoneità degli elementi probatori richiesti dalla legge per l’adozione della disciplina antielusiva.
Il mancato superamento del test di operatività, pertanto, costituisce elemento sintomatico della natura non operativa della società ed è onere del contribuente di fornire la prova contraria e dimostrare l’esistenza di situazioni oggettive e straordinarie, specifiche ed indipendenti dalla sua volontà, che abbiano impedito il raggiungimento della soglia di operatività e di reddito minimo presunto.
Nel caso di specie la società aveva invocato, come causa del mancato raggiungimento della soglia minima presunta di ricavi, il mancato avvio dell’attività produttiva in conseguenza del mancato riconoscimento delle agevolazioni previste nel contratto di programma.
I giudici di merito hanno del tutto trascurato di valutare tale evento impeditivo, sebbene si tratti di fatto rilevante e decisivo per la risoluzione della controversia.
Sul punto la Corte di Cassazione ha precisato che il giudice di merito deve esaminare anche la condotta specifica tenuta dal contribuente, in ordine alla richiesta di incentivi pubblici, con riferimento alle ragioni della mancata concessione ed alla sussistenza dei requisiti richiesti dalla normativa agevolativa.
Ciò perché “la richiesta di finanziamenti o contributi pubblici, poi non accordati, non costituisce una oggettiva situazione che sia in grado di disinnescare la presunzione legale di sussistenza della società di comodo desunta dal test di operatività, dovendosi comunque scrutinare anche le ragioni della mancata concessione e l’eventuale sussistenza dei requisiti in capo al contribuente. Tale situazione oggettiva di impossibilità a raggiungere le soglie di redditività scaturite dal test di produttività può, quindi, essere integrata non solo nel caso in cui i contributi pubblici siano stati tempestivamente richiesti e riconosciuti, senza che siano stati erogati per causa non imputabile alla società stessa, ma anche se la mancata fruizione del contributo pubblico non sia imputabile all’imprenditore.”
- Ordinanza numero 24667 del 14 settembre 2021
- In tema di società non operative la richiesta di finanziamenti poi non accordati dall’ente pubblico è un’oggettiva situazione in grado di disinnescare la presunzione legale di sussistenza della società di comodo desunta dal test di operatività, se la mancata fruizione del contributo pubblico non sia imputabile all’imprenditore.
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: Società di comodo, la mancata concessione di agevolazioni può salvare dalla presunzione