Le sanzioni sono a carico del contribuente se il commercialista incaricato non ha presentato la dichiarazione dei redditi e non si dimostra di aver vigilato sul comportamento del professionista

Il rapporto tra aziende e professionisti non è sempre facile, anzi.
Ci sono ambiti, come quello fiscale, dove il rapporto è veramente complesso, forse soprattutto a causa della inefficienza della Pubblica Amministrazione, che rende alcune figure professionali simili a una sorta di “pungiball”. A volte però è il professionista ad avere delle responsabilità.
In caso di omessa presentazione della dichiarazione dei redditi da parte del commercialista incaricato, le sanzioni sono a carico del contribuente ove questi non dimostri di aver vigilato sullo stesso, nonché il comportamento fraudolento del medesimo professionista, finalizzato a mascherare il proprio inadempimento, mediante la falsificazione di modelli F24 ovvero di altre modalità di difficile riconoscibilità da parte del mandante.
Lo ha evidenziato la Corte di Cassazione con la Sentenza n. 7712/2025.
Le sanzioni sono a carico del contribuente se questi non vigila l’operato del commercialista
La controversia trae origine dal ricorso proposto da un professionista avverso l’avviso di accertamento emesso dall’Agenzia delle Entrate per omessa presentazione della dichiarazione dei redditi e contenente la ricostruzione induttiva del reddito tramite i compensi desunti dai modelli 770 presentati dai clienti (tenuti ad operare la ritenuta d’acconto) per ciascun anno.
Il ricorso è stato parzialmente accolto dalla CTP e la CTR, a seguito di appello del contribuente, riformava parzialmente la sentenza di primo grado.
Il giudice, in particolare, ha ridotto le sanzioni nella misura del 50 per cento, stante la responsabilità del professionista incaricato della gestione della contabilità, il quale aveva ammesso, in sede di interrogatorio nel corso del procedimento penale sorto a seguito della denuncia sporta dal ricorrente, di non aver presentato le dichiarazioni a causa di carenze del suo studio, riconducibili prevalentemente a suoi collaboratori.
Avverso la decisione d’appello il contribuente ha opposto ricorso per Cassazione deducendo l’erroneità della sentenza per violazione e/o falsa applicazione dell’art. 6, comma 3 del decreto legislativo n. 472/1997.
Il contribuente, in particolare, si duole del mancato riconoscimento della responsabilità esclusiva del commercialista incaricato della gestione della contabilità.
Richiama a riguardo la giurisprudenza di questa Corte, a mente della quale non è punibile il contribuente che sia incorso in una violazione imputabile al professionista delegato, pur in assenza di una sentenza penale definitiva di condanna di quest’ultimo. In definitiva, quando l’inadempienza tributaria è addebitabile alla responsabilità del professionista infedele, le sanzioni non sono applicabili, ai sensi dell’art. 6, comma 3 del Dlgs n. 472/1997, la responsabilità del consulente infedele, condannato per truffa.
La Corte di Cassazione ha ritenuto infondato il motivo di ricorso rammentando il principio per cui, in tema di sanzioni per le violazioni di disposizioni tributarie, la prova dell’assenza di colpa grava, secondo le regole generali dell’illecito amministrativo, sul contribuente, il quale, dunque, risponde per l’omessa presentazione della dichiarazione dei redditi da parte del professionista incaricato della relativa trasmissione telematica ove non dimostri di aver vigilato sullo stesso, nonché il comportamento fraudolento del medesimo professionista, finalizzato a mascherare il proprio inadempimento, mediante la falsificazione di modelli F24 ovvero di altre modalità di difficile riconoscibilità da parte del mandante.
Il parere della Cassazione
La Corte rileva, inoltre, che, ai sensi dell’art. 5 del Dlgs. n. 472 del 1997 (disposizione che nella specie pure rileva e alla quale deve farsi riferimento) la colpa del contribuente si presume.
È, infatti, consolidato l’orientamento giurisprudenziale quello per cui secondo cui, in tema di sanzioni amministrative per violazioni di norme tributarie, l’art. 5 del Dlgs n. 472 del 1997, applicando alla materia fiscale il principio sancito in generale dall’art. 3 della legge n. 689 del 1981, il quale stabilisce che non è sufficiente la mera volontarietà del comportamento sanzionato, essendo richiesta anche la consapevolezza del contribuente, a cui deve potersi rimproverare di aver tenuto un comportamento, se non necessariamente doloso, quantomeno negligente.
È comunque sufficiente la coscienza e la volontà della condotta, senza che occorra la dimostrazione del dolo o della colpa, la quale si presume fino alla prova della sua assenza, che deve essere offerta dal contribuente e va distinta dalla prova della buona fede, che rileva, come esimente, solo se l’agente è incorso in un errore inevitabile, per essere incolpevole l’ignoranza dei presupposti dell’illecito e dunque non superabile con l’uso della normale diligenza.
Alla luce della giurisprudenza appena richiamata non può nella specie riconoscersi l’esclusiva responsabilità del commercialista incaricato dal ricorrente degli adempimenti fiscali e, pertanto, escludersi l’applicazione delle sanzioni in capo al contribuente, essendo mancata, da parte di questi, la prova di aver vigilato sul professionista (avendo, di contro, solo dimostrato di aver proposto nei suoi confronti una denuncia).
In definitiva, a ben vedere, la CTR, con decisione non impugnata dall’Agenzia delle Entrate in parte qua, ha benevolmente riconosciuto una corresponsabilità del professionista nella misura del 50 per cento, decurtando in pari misura le sanzioni irrogate al contribuente, per il solo fatto dell’ammissione di colpa fatta dal commercialista in sede di interrogatorio nel procedimento penale, senza indagare minimamente sull’onere di vigilanza del contribuente, anzi espressamente affermando che questi era stato negligente per non aver:
“adempiuto al suo preciso obbligo di assicurarsi in ordine alla regolare e tempestiva spedizione delle dichiarazioni da parte del professionista con la richiesta di ricevuta.”
Il ricorso, pertanto, è stato rigettato.
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: Sanzioni a carico del contribuente se questi “non controlla” il commercialista