Rivalsa IVA in caso di fattura rifiutata dal cliente: l'imposta non è recuperabile e resta a carico di chi ha emesso il documento. Non c'è una soluzione per gli importi addebitati a titolo di rivalsa e non incassati. A stabilirlo è l'Agenzia delle Entrate con l'interpello numero 500 del 26 novembre 2019.
Rivalsa Iva in caso di fattura sbagliata, emessa nuovamente, e poi rifiutata dal cliente: se l’imposta non viene pagata dal cessionario o committente, non è recuperabile da chi ha emesso il documento e l’ha correttamente versata all’erario.
Il sistema fiscale prevede modalità per correggere gli errori con l’Amministrazione finanziaria ma non prevede una soluzione per gli importi addebitati a titolo di rivalsa e non incassati. A stabilirlo è l’Agenzia delle Entrate con l’interpello numero 500 del 26 novembre 2019.
Come di consueto, lo spunto per fare luce sulla rivalsa Iva viene fornito dall’analisi di un caso pratico: protagonista è un contribuente che, a inizio anno, pensava di poter operare in regime forfettario e ha emesso quattro fatture senza addebitare l’Iva e senza esporre la ritenuta d’acconto.
- Agenzia delle Entrate - Risposta all’interpello numero 500 del 26 novembre 2019
- Interpello articolo 11, comma 1, lett. a), legge 27 luglio 2000, n.212 - Iva addebitata a titolo di rivalsa e non incassata.
Rivalsa IVA in caso di fattura rifiutata dal cliente: l’imposta non è recuperabile
Le fatture sono state pagate dal cliente, ma dal momento che il contribuente si è reso reso conto di non poter accedere a benefici e semplificazioni previste per il regime agevolato, tra queste la possibilità di non esercitare la rivalsa Iva, ha dovuto aggiustare il tiro.
Ha emesso e trasmesso al cliente alcune note di variazione in diminuzione a storno delle predette fatture, e poi nuove fatture elettroniche, in sostituzione delle precedenti.
I documenti, però, sono stati tutti rifiutati dal destinatario. Per questo il contribuente si rivolge all’Agenzia delle Entrate con l’intenzione di verificare la possibilità di recuperare l’Iva addebitata, versata, ma non incassata.
Con la risposta all’interpello numero 500 del 26 novembre 2019, l’Agenzia delle Entrate chiarisce:
“Conseguentemente, la possibilità di recuperare l’Iva, correttamente versata all’erario dall’istante in seguito ad emissione delle nuove fatture ed addebitata a titolo di rivalsa, ma non versata dal committente, non trova soluzione nel sistema fiscale, salvo che non si proceda con una procedura esecutiva individuale rimasta infruttuosa. In tal caso trova applicazione l’articolo 26, comma 2, del d.P.R. n. 633 del 1972”
L’effettiva riscossione del credito Iva da parte del cedente o prestatore, infatti, non è rilevante ai fini del funzionamento del meccanismo dell’imposta.
L’obbligo di riversare all’erario l’Imposta sul valore aggiunto indicata in fattura sorge, in ogni caso, nel momento in cui la fattura viene emessa indipendentemente dal saldo, che potrebbe essere effettuato in un momento successivo o addirittura non avvenire affatto. Come è accaduto nel caso analizzato.
A motivazione dei chiarimenti, il documento sottolinea:
“Ciò in quanto, in base all’articolo 17, comma 1, del d.P.R. n. 633 del 1972, in materia di Iva il rapporto tributario pubblicistico, sia per quanto riguarda la debenza che per quanto concerne la misura dell’imposta, si instaura esclusivamente tra il cedente/prestatore - unico soggetto passivo dell’imposta - e l’Amministrazione finanziaria”.
La rivalsa Iva, invece, si basa su un rapporto di natura privatistica, e non tributaria, ed è autonomo rispetto al rapporto che lega il cedente/prestatore con l’Amministrazione finanziaria.
Rivalsa Iva in caso di fattura sbagliata, emessa nuovamente, e poi rifiutata dal cliente
Se da un lato, quindi, il sistema fiscale non fornisce soluzioni particolari in caso di fattura rifiutata dal cliente, dall’altro prevede precise regole da seguire nel caso in cui il contribuente, sbagliando, non abbia esercitato la rivalsa Iva.
In altre parole è possibile che il cedente o prestatore non riesca a recuperare dal cliente l’iva addebitata, ma deve in ogni caso mettersi in regola nel rapporto con l’Amministrazione finanziaria.
Per farlo ha due strade. A riepilogarle è l’Agenzia delle Entrate con la risposta all’interpello numero 500 del 27 novembre 2019:
- emettere e trasmettere al committente note di variazione in aumento, ad integrazione delle fatture originarie, addebitando a titolo di rivalsa l’Iva da versare all’erario ed esponendo la ritenuta d’acconto;
- emettere e trasmettere al committente note di variazione in diminuzione a storno delle fatture originarie e procedere con l’emissione di nuove fatture, in sostituzione delle precedenti, addebitando a titolo di rivalsa l’Iva da versare all’erario ed esponendo la ritenuta d’acconto.
Il documento sottolinea:
“Con specifico riferimento all’Iva addebitata a titolo di rivalsa, il soggetto passivo che effettua una cessione di beni o una prestazione di servizi imponibile e versa l’imposta all’erario in base all’articolo 17, comma 1, del d.P.R. n. 633 del 1972, ha l’obbligo di addebitare la relativa imposta a titolo di rivalsa al proprio cessionario/committente, come previsto dall’articolo 18, comma 1, del d.P.R. n. 633
del 1972”.
L’esercizio della rivalsa si traduce sul piano pratico nell’addebito dell’Iva nella fattura: scatta così l’obbligo di versarla, ma resta ininfluente l’effettiva riscossione.
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: Rivalsa IVA in caso di fattura rifiutata dal cliente: l’imposta non è recuperabile