Riforma ticket sanitari in Legge di Bilancio 2020: il piano del Governo è quello di far pagare in base al reddito, abolendo in parallelo il superticket. Ecco cosa cambia e quali le ipotesi allo studio.
Riforma ticket sanitari dal 2020, con importi calcolati in base al reddito e con la parallela abolizione del superticket.
Sebbene resti il nodo delle risorse disponibili, la sanità punta ad entrare in maniera rilevante nelle riforme della Legge di Bilancio 2020.
Il ticket è uno dei punti sui quali sono attese le maggiori novità e, tra le ipotesi allo studio del Governo, vi è quella di far pagare ciascun contribuente in base al proprio reddito.
È ancora presto per i dettagli e per spiegare in maniera chiara cosa cambia dal 2020. Quel che appare tuttavia certo è che dietro alla riforma del ticket si nasconde un nuovo aggravio di costi per i contribuenti con redditi medio-bassi.
Un tema che si lega poi a quello del prelievo Irpef, il cui gettito è utilizzato dallo Stato anche per il finanziamento della sanità: secondo i dati elaborati dal Centro Studi Itinerari Previdenziali, i contribuenti con redditi bassi non versano abbastanza imposte per coprire la propria spesa sanitaria.
Una situazione che porta al rischio di una fuga dalla sanità pubblica per i contribuenti con redditi più elevati, anche a fronte della sempre maggiore competitività del sistema di servizi e prestazioni offerte da privati.
Riforma ticket sanitari: cosa cambia dal 2020?
È stato il Ministro della Salute, Roberto Speranza, a dichiarare che nella Legge di Bilancio 2020 vi saranno novità importanti sul sistema dei ticket sanitari.
Secondo la logica della progressività, l’obiettivo è quello di far pagare la quota dovuta al SSN in base al reddito, differenziando quindi gli importi in base al valore dell’ISEE presentato da ciascun contribuente.
Se ad oggi, al netto dei soggetti esonerati, l’importo del ticket sanitario è unico per tutti, a partire dal 2020 potrebbero quindi essere introdotti degli scaglioni, modulati per l’appunto sulla base del reddito di ciascun soggetto.
A beneficiare della riforma dei ticket sarebbero per lo più i contribuenti con redditi che non superano i 36.000 euro; a trarne svantaggio sarebbero invece coloro che percepiscono redditi superiori, con aumenti che potrebbero arrivare fino al 20%, secondo quanto riportato dal Sole24Ore.
Per conoscere i dettagli (e se la riforma si farà) sarà necessario attendere la presentazione della Legge di Bilancio 2020, attesa in Parlamento entro il 20 ottobre.
Accanto alla riforma dei ticket sanitari, il piano del Ministero della Salute è anche quello di abolire il superticket, quel balzello fino a 10 euro che grava sui pazienti di alcune regioni e che, per effetto di disposizioni locali, è già stato abolito in altre.
Abolizione del superticket nel 2020? Una promessa non certo nuova
Non è la prima volta che si parla di abolizione del superticket. L’ultimo tentativo di cancellare la tassa aggiuntiva di 10 euro aveva caratterizzato l’aspra discussione sull’approvazione della Manovra nel 2018.
In quel caso, gli annunci non riuscirono a soddisfare le aspettative dei contribuenti a causa della difficoltà nel reperire le risorse necessarie, stesso problema destinato a caratterizzare la discussione circa le misure da inserire in Legge di Bilancio 2020.
Per abolire il superticket in tutte le regioni servirebbero 490 milioni di euro. Una somma non indifferente, soprattutto tenuto conto degli impegni già presi dal Governo: taglio del cuneo fiscale e disinnesco degli aumenti IVA assorbiranno buona parte della dote disponibile.
Il superticket, si ricorda, è stato introdotto in Italia nel 2011 e si tratta di un importo, a cifra fissa oppure variabile, che deve essere pagato in aggiunta al normale ticket sanitario.
A dover pagare il superticket sono i cittadini che richiedono particolari prestazioni sanitarie specialistiche o di diagnostica, ma esclusivamente in alcune regioni e secondo regole differenziate.
Riforma ticket sanitari 2020: il calcolo in base al reddito rischia di indebolire il SSN
Tra le ipotesi di riforma e gli annunci di novità, ad oggi c’è un’unica certezza: la sanità gratuita è uno dei vanti dell’Italia, sebbene siano diverse le disfunzioni del sistema da limare.
Il finanziamento del Sistema Sanitario Nazionale occupa però una somma importante del totale delle entrate fiscali dell’Erario.
Secondo quanto riportato nel rapporto della Ragioneria Generale dello Stato del 2019, nel 2018 la spesa sanitaria pubblica ha impegnato un totale di 115.410 milioni di euro, risorse reperite attingendo per lo più al gettito Irpef.
Per ciascun cittadino, il finanziamento del SSN impegna circa 1.900 euro all’anno, somma che tuttavia non corrisponde alla media dell’Irpef versata da tutti i contribuenti.
Il tema del finanziamento del generoso sistema di welfare italiano e delle discrepanze in merito al sistema Irpef è uno dei punti sui quali si sofferma l’ultimo report del Centro Studi Itinerari Previdenziali, relativo alle dichiarazioni dei redditi 2018.
Quel che ne emerge annualmente, in relazione al costo della sanità italiana, è che il 60% dei contribuenti non versa abbastanza imposte per finanziare la quota a proprio carico. Sono i titolari di redditi dai 35.000 euro in su che, già oggi, si fanno carico del costo della sanità fruita da chi percepisce redditi inferiori, per un totale di 50 miliardi di euro.
Resta intoccabile il principio in base al quale ognuno è tenuto a concorrere alle spese pubbliche in ragione della propria capacità contributiva.
Bisogna però prestare particolare attenzione ad ulteriori misure che rischiano di penalizzare i contribuenti appartenenti al ceto medio-alto: un aumento del costo del ticket sanitario per tale categoria di contribuenti rischia di portare ad una vera e propria fuga dal SSN.
Se si considera la sempre maggiore competitività del privato, che tra l’altro consente di evitare le lunghe liste d’attesa del pubblico, il rischio di affossare ancor di più il Sistema Sanitario Nazionale è dietro l’angolo.
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: Riforma ticket sanitari: cosa cambia dal 2020?