Cosa sono le clausole di salvaguardia IVA? Nella bozza del decreto Rilancio vengono cancellati gli aumenti IVA e accise previsti dal 2021, con una sterilizzazione definitiva.
Clausole di salvaguardia IVA, cosa sono e perché se ne parla periodicamente?
La bozza del decreto Rilancio prevede la cancellazione delle clausole IVA e accise previste dal prossimo anno, eliminando il rischio di aumenti d’imposta, un danno per imprese e consumatori.
Nel dibattito economico e politico italiano dell’ultimo decennio si sente spesso parlare di clausole di salvaguardia IVA.
Si tratta, in estrema sintesi, di uno dei vincoli che l’Italia ha con l’Unione Europea e che prevedono, qualora non fossero reperite le risorse necessarie per la loro sterilizzazione, l’aumento delle aliquote Iva ordinaria e agevolata.
La Legge di Bilancio 2020, nello sterilizzare le clausole di salvaguardia per l’anno in corso, ha fissato l’incremento dell’IVA ordinaria al 25% dal 2021 e dell’IVA agevolata al 12%. Un ulteriore aumento è previsto nel 2022, con il passaggio dell’aliquota IVA al 26,5%.
Servirebbe 20 miliardi per evitare l’attivazione delle clausole IVA nel 2021. Un impegno che verrà meno in caso di cancellazione definitiva con il decreto Rilancio.
Cosa sono le clausole di salvaguardia IVA: definizione e significato economico
Le clausole di salvaguardia sono uno dei punti centrali del DEF 2020, chiamato a definire gli obiettivi economici e finanziari che l’Italia si pone per il 2021.
Cosa sono e perché se ne parla periodicamente?
Il debutto delle clausole di salvaguardia non è certo una novità, ma la loro introduzione in Italia risale al 2011.
Il Governo Berlusconi IV, al fine di veder approvata la propria manovra finanziaria dall’Unione Europea, decise di garantire il rispetto dei vincoli comunitari da parte dell’Italia promettendo che, nel caso di mancato raggiungimento degli obiettivi previsti, sarebbe stato attuato un piano di revisione delle agevolazioni fiscali e sarebbe scattato l’aumento dell’Iva.
In sostanza, le clausole di salvaguardia rappresentano una sorta di patto con il quale l’Italia garantisce il rispetto dei vincoli di bilancio comunitari e degli obiettivi di riduzione del debito.
Qualora gli obiettivi stabiliti dalla manovra finanziaria annuale non fossero rispettati e qualora le entrate effettive dello Stato non rispettassero quanto indicato con la manovra di Bilancio all’Unione Europea, le clausole di salvaguardia verrebbero attivate in via immediata.
Gli effetti? L’aumento dell’Iva, l’imposta che consentirebbe allo Stato di beneficiare automaticamente di maggiori entrate e che rischierebbe, tuttavia, di far crollare i consumi.
Cosa prevedono le clausole di salvaguardia Iva
Alla luce di quanto sopra indicato è chiaro che, per evitare che scattino le clausole Iva e che aumentino le tasse, le leggi di Bilancio dal 2011 in poi sono diventate una vera e propria corsa alla loro sterilizzazione.
Il tutto con il reperimento di ingenti risorse economiche.
La Legge di Bilancio 2020 ha confermato la sterilizzazione totale degli aumenti soltanto per quest’anno, aumentando tuttavia il carico complessivo da ripartire sugli anni successivi.
A partire dal prossimo 1° gennaio, lo scenario che si prospetterebbe in caso di mancata sterilizzazione sarebbe il seguente:
- aumento dell’aliquota IVA ridotta dal 10% al 12% nel 2021;
- aumento dell’aliquota IVA ordinaria dal 22% al 25% nel 2021 ed al 26,5% nel 2022.
Appare utile riassumere in uno schema tabellare quali sono gli aumenti IVA previsti attualmente dalla Legge di Bilancio 2020 e spalmati tra il 2021 ed il 2022:
Anno | Aliquota IVA ordinaria | Aliquota IVA ridotta |
---|---|---|
2020 | 22% | 10% |
2021 | 25,2% | 12% |
2022 | 26,5% | 12% |
Clausola di salvaguardia, l’importanza di una cancellazione definitiva degli aumenti IVA
Per spiegare il perché è importante sterilizzare gli aumenti IVA è bene ribadire cosa sono le clausole di salvaguardia: alcuni le definiscono come una cambiale o pagherò, un impegno che uno Stato assume nei confronti dell’UE e degli investitori per ridurre la spesa o aumentare le entrate.
Come dicevamo sopra, l’Italia fa i conti con le clausole di salvaguardia fin dal 2011 e fu il Governo Berlusconi IV il primo ad introdurle nella forma di tagli lineari di detrazioni e deduzioni fiscali per portare a casa la Legge di Stabilità.
Con il decreto-legge n. 201 del 2011 (Governo Monti) le clausole di salvaguardia sono state attivate e trasformate in aumenti di aliquote IVA.
Da allora annualmente ogni Governo che si succede deve mettere in conto che con la Manovra finanziaria dovrà destinare una parte di risorse proprio per evitare l’aumento dell’IVA.
La necessità di evitare l’incremento dell’imposta sui consumi che grava in maniera lineare su tutti i contribuenti, a prescindere da reddito e altri parametri soggettivi, è condivisa da buona parte di partiti e non solo.
Così come ben esplicitato in un documento pubblicato dalla Camera:
“trattandosi di norme volte ad aumentare le entrate fiscali, si è (almeno fin a oggi) ritenuto che le clausole di salvaguardia incorporano nella legislazione vigente una misura di politica di bilancio di segno restrittivo e, per tale ragione, sono state oggetto di ripetuti interventi del legislatore volti a impedirne (totalmente o parzialmente) l’entrata in vigore (cd. sterilizzazione delle clausole).”
Evitare l’aumento IVA sarà fondamentale nel 2021, soprattutto considerando la grave crisi economica che si prospetta a causa del coronavirus.
L’effetto sarebbe penalizzante sia per gli investimenti dello Stato sia per i consumatori che, a causa dell’incremento delle aliquote IVA, si troverebbero a dover pagare di più per beni e servizi.
Questo è il motivo fondamentale per il quale si attende con particolare attenzione l’approvazione del decreto Rilancio, il cui testo dovrebbe portare all’addio alle clausole IVA ed accise.
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: Cosa sono le clausole di salvaguardia IVA?