Qualora il disconoscimento dell'agevolazione sia dovuto a circostanze non imputabili in via esclusiva ad un determinato comportamento dell'acquirente, per la revoca dell'agevolazione prima casa, c'è la responsabilità solidale del venditore. A stabilirlo è la Corte di cassazione con l'Ordinanza numero 2633 del 5 febbraio 2020.
Con l’Ordinanza numero 2633/2020 la Corte di cassazione ha affermato che, in tema di revoca dei benefici per l’acquisto della prima casa, si ravvisa la responsabilità solidale del venditore qualora il disconoscimento dell’agevolazione sia dovuto a circostanze non imputabili in via esclusiva ad un determinato comportamento dell’acquirente.
Inoltre, nel calcolo della superficie rilevante non devono essere esclusi i muri perimetrali e divisori.
- Corte di Cassazione - Ordinanza numero 2633 del 5 febbraio 2020
- Revoca dell’agevolazione prima casa: responsabilità solidale del venditore. A stabilirlo è la Corte di Cassazione con l’ordinanza numero 2633 del 5 febbraio 2020.
I fatti – Il caso è stato originato da un avviso di liquidazione delle imposte di registro, ipotecaria e catastale notificato nei confronti del venditore di un immobile, il cui acquirente aveva fruito delle agevolazioni prima casa.
A parere dell’Amministrazione finanziaria le imposte erano dovute in misura ordinaria, in revoca delle agevolazioni ritenute non spettanti perché oggetto di compravendita era un immobile “di lusso”, secondo i criteri di cui al decreto del Ministro dei lavori pubblici 2 agosto 1969.
Il ricorso proposto dalla contribuente è stato accolto sia dalla CTP che dalla CTR. In particolare i giudici d’appello hanno confermato l’illegittimità dell’atto affermando che:
- le maggiori imposte avrebbero potuto essere pretese solo nei confronti dell’acquirente e,
- l’immobile, come risultato dalla perizia tecnica prodotta dai contribuenti e dalla planimetria in atti, era di dimensioni tali da non poter essere definito di lusso, “a nulla rilevando la superficie catastale menzionata nel contratto di compravendita e nel provvedimento impugnato”.
Avverso tale decisione l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione denunciando, in via principale, violazione e falsa applicazione dell’art. 6 del d.m. 2 agosto 1969, n. 1072, sostenendo che “i metodi di calcolo utilizzati dal perito di parte e fatti propri dalla commissione sono contrari al dettato normativo”.
A parere del collegio di legittimità il motivo e fondato in quanto la CTR ha ritenuto l’immobile in questione non di lusso perché di superficie inferiore a 240 mq, interpretando il dettato del cit. art. 6 nel senso che lo stesso imponga di escludere dal dato quantitativo globale della superficie dell’immobile indicata nell’atto di acquisto anche “i muri oltre che i balconi, le terrazze, le cantine, le soffitte, le scale e i posto macchina”.
L’interpretazione, per cui sarebbe fiscalmente rilevante la superficie calpestabile, contrasta tuttavia con l’interpretazione fornita dalla Cassazione, “secondo cui i muri perimetrali e divisori non devono essere esclusi (Cass. n. 8421/2017; n.21287/2013)”.
Nella sentenza in commento i giudici si sono espressi anche in merito alla responsabilità solidale tra acquirente e venditore per il recupero delle maggiori imposte contestate.
Sul punto la Corte ha ribadito che:
“in tema di benefici per l’acquisto della prima casa, la revoca dei medesimi comporta la responsabilità solidale del venditore, ai sensi dell’art. 57, comma 1, del d.P.R. n. 131 del 1986, qualora sia dovuta a circostanze non imputabili in via esclusiva ad un determinato comportamento dell’acquirente, come una dichiarazione mendace sulla sussistenza di presupposti per fruire del trattamento agevolato, ma ad elementi oggettivi del contratto stipulato tra le parti, ad esempio, l’avere l’immobile caratteristiche di lusso”
Se ne deduce, pertanto, la legittimità dell’atto impositivo notificato nei confronti del venditore e, di conseguenza, la cassazione della decisione impugnata, con rinvio alla CTR in diversa composizione.
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