Le reti associative, ente tipizzato del terzo settore, rappresentano un caso particolare tra quelli normati dal CTS, e necessitano di particolare sensibilità interpretativa al fine di poter ben gestire il loro coordinamento interno e stabilire quali deroghe possono essere loro applicate.
L’art. 4 del d.lgs 117/2017 al comma 1 recita “sono enti del Terzo settore le organizzazioni di volontariato, le associazioni di promozione sociale, gli enti filantropici, le imprese sociali, incluse le cooperative sociali, le reti associative”.
Le reti associative sono enti del Terzo settore, che raggruppano altri enti a loro sottoposti alle norme previste dal CTS.
Il contrasto inevitabile tra necessità di coordinamento e volontà di indipendenza, che risiede nel rapporto tra rete ed associazioni ad essa facenti parte è ciò che il legislatore ha normato all’interno del CTS, e su cui proveremo a concentrarci in questa analisi.
Un ulteriore chiarimento in merito alla natura, alla finalità della rete associativa, al rapporto che essa instaura con le associazioni che ad essa appartengono, e la possibilità di applicare le deroghe previste dal legislatore, è stato ulteriormente fornito dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali con la Circolare 2 del 5 marzo 2021.
Reti associative: definizione e finalità
L’art. 41 del d.lgs 117/2017 al comma 1 definisce le reti associative come “enti del Terzo settore costituiti in forma di associazione, riconosciuta o non riconosciuta”, specificando inoltre alcuni requisiti dimensionali fondamentali per la costituzione delle reti.
Le reti devono infatti:
- associare anche indirettamente attraverso gli enti ad esse aderenti, un numero non inferiore a 100 enti del Terzo settore, o, in alternativa, almeno 20 fondazioni del Terzo settore, le cui sedi legali o operative siano presenti in almeno cinque regioni o province autonome;
- svolgere anche attraverso l’utilizzo di strumenti informativi idonei a garantire conoscibilità e trasparenza in favore del pubblico e dei propri associati, attività di coordinamento, tutela, rappresentanza, promozione o supporto degli enti del Terzo settore loro associati e delle loro attività di interesse generale, anche allo scopo di promuoverne ed accrescerne la rappresentatività presso i soggetti istituzionali.
Il rispetto dei punti precedenti è di basilare importanza ai fini della formazione stessa delle reti associative, senza il rispetto degli stessi infatti non vi è costituzione di reti.
Le reti associative possono essere poi classificate sulla base di due differenti criteri:
- profilo del controllo ed organizzativo:
- reti associative verticali caratterizzate da un modello organizzativo che prevede una pluralità di livelli;
- reti associative orizzontali o piatte che rappresentano l’aggregazione di organizzazioni di secondo livello.
- profilo dimensionale:
- reti associative tout court composte da almeno 100 ETS o in alternativa 20 fondazioni del Terzo settore, aventi sedi legali o operative territorialmente diffuse in almeno 5 regioni o province autonome;
- reti associative nazionali composte da almeno 500 ETS o in alternativa almeno 100 fondazioni del Terzo settore aventi sedi legali o operative territorialmente diffuse in almeno 5 regioni o province autonome.
Ad esclusione delle particolari reti associative previste dall’art. 41 comma 6 per le quali vi sono dei requisiti dimensionali minori rispetto alle altre.
È bene specificare che il legislatore non ha previsto delle attività particolari da poter esercitare per le reti associative, valgono quindi per le reti le stesse tipologie di attività di interesse generale disciplinate dall’art. 5 del d.lgs 117/2017.
Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali nella Circolare numero 2 del 5 marzo 2021 specifica inoltre che “l’oggetto sociale delle reti può essere considerato come una modalità di esercizio ed implementazione delle attività di interesse generale degli associati alla rete medesima, come tale sussumibile nell’ambito applicativo del medesimo articolo 5. Resta naturalmente ferma la possibilità che la rete associativa svolga direttamente le ulteriori attività di interesse generale in esso tipizzate”.
La rete associativa può essere quindi costituita al fine di implementare le attività svolte dagli enti che la compongono o per espletare funzioni diverse ma complementari alle singole esercitate dalle associazioni che ne fanno parte.
L’introduzione delle reti associative all’interno del codice del terzo settore assolve anche nell’intento del legislatore di porre l’accento su un’organizzazione reticolare, esaltando la funzione di promozione e supporto quanto di coordinamento e di rappresentanza esercitabile dalla rete per gli enti che ad essa aderiscono.
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: Reti associative: finalità e regole per il coordinamento