Non in tutti i casi l'anticipo NASpI deve essere restituito. I nuovi chiarimenti INPS
I beneficiari della NASpI possono ottenere l’indennità in anticipo, in un’unica soluzione, in diversi casi tra cui l’avvio di una nuova attività.
Questa dovrà però essere restituita in caso di rioccupazione come dipendente.
Non in tutti i casi però, l’importo anticipato dovrà essere restituito integralmente. L’INPS specifica quali sono questi casi particolari, recependo quanto disposto dalla sentenza della Corte Costituzionale.
Quando non va restituito l’anticipo della NASpI?
L’INPS con la circolare n. 36, pubblicata il 4 febbraio, fornisce alcuni importanti chiarimenti in merito alla NASpI, l’indennità di disoccupazione.
Più in particolare i chiarimenti riguardano l’anticipo dell’indennità e la relativa restituzione.
Prima di approfondire è utile ricordare che la NASpI anticipata è sostanzialmente una misura volta a incentivare l’autoimprenditorialità. Consiste infatti nella liquidazione anticipata, in un’unica soluzione, dell’importo complessivo dell’indennità, sul quale si effettua la trattenuta IRPEF. La liquidazione in un’unica soluzione può essere richiesta quando i beneficiari intendono:
- avviare un’attività lavorativa autonoma;
- avviare un’impresa individuale;
- sottoscrivere una quota di capitale sociale di una cooperativa con rapporto mutualistico di attività lavorativa da parte del socio;
- sviluppare a tempo pieno e in modo autonomo l’attività autonoma già iniziata durante il rapporto di lavoro dipendente che, essendo cessato, ha dato luogo alla NASpI (articolo 8, decreto legislativo n. 22/2015).
Attenzione però: se si instaura un rapporto di lavoro dipendente prima della scadenza del periodo teorico per cui è riconosciuta la NASpI, cioè del periodo per il quale l’indennità sarebbe durata se fosse stata erogata mese per mese, questa deve essere restituita integralmente (ad esclusione del caso del rapporto di lavoro frutto dalla sottoscrizione di una quota di capitale sociale di una cooperativa).
Ebbene, con la nuova circolare, l’INPS recepisce quanto disposto dalla sentenza n. 90/2024 della Corte Costituzionale, la quale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 8, comma 4, del Dlgs n. 22/2015 (che disciplina la NASpI) nella parte in cui non limita l’obbligo di restituzione quando l’attività avviata è cessata per cause di forza maggiore.
Quali possono essere le cause di forza maggiore che evitano la restituzione integrale della NASpI?
In pratica, spiega l’INPS, se l’attività avviata non è proseguita per cause di forza maggiore, i beneficiari della NASpI anticipata devono restituire solamente l’importo corrispondente alla durata del periodo di rioccupazione come dipendente.
Non sarà necessario quindi dover restituire l’intera somma anticipata.
L’attività avviata, quindi, deve essersi interrotta per motivi di forza maggiore, che hanno determinato un’impossibilità oggettiva che rende insuperabile la difficoltà della prosecuzione.
Tali motivi non devono essere imputabili alla volontà del beneficiario e alle sue scelte organizzativo-gestionali.
L’INPS fornisce un elenco, non esaustivo, di possibili cause di forza maggiore:
- terremoto, uragano, alluvione, frana, maremoto, vento, ecc., per i quali sia stato dichiarato dall’autorità competente lo stato di emergenza o di calamità naturale;
- guerre e guerre civili, purché rivestano i caratteri di straordinarietà e imprevedibilità;
- incendi che, per la loro imprevedibilità e straordinarietà, non sono domabili e, comunque, non imputabili al dolo o alla colpa del beneficiario dell’incentivo;
- esplosione e distruzione di attrezzature, anche per fatti causati dall’uomo (come in caso di devastazione dolosa a opera della criminalità), purché non siano imputabili al dolo o alla colpa del beneficiario dell’incentivo;
- misure restrittive per il contrasto di pandemie ed epidemie;
- provvedimento dell’autorità giudiziaria, purché il provvedimento stesso derivi da circostanze imprevedibili e inevitabili.
Sono invece da escludere dalle ipotesi di causa di forza maggiore le procedure concorsuali.
30 giorni per comunicare e provare le cause di forza maggiore
Alla luce della sentenza della Corte Costituzionale, l’INPS effettuerà un ulteriore controllo nel caso in cui il beneficiario della NASpI anticipata interrompa la propria attività, instaurando un rapporto di lavoro subordinato prima che si sia concluso il periodo teorico della NASpI.
In questo caso, infatti, prima di procedere alla notifica del provvedimento di restituzione dell’importo integrale corrisposto, l’istituto provvederà a verificare l’eventuale presenza di cause di forza maggiore che hanno comportato l’impossibilità a proseguire l’attività.
Nello specifico, l’INPS invierà all’interessato una apposita comunicazione di avvio del procedimento istruttorio chiedendo di indicare, entro 30 giorni, le ragioni che hanno impedito la prosecuzione dell’attività, allegando tutta la documentazione probante.
Dopo la valutazione di quanto esposto, l’INPS comunica la chiusura del procedimento e notifica all’interessato il provvedimento per la restituzione della prestazione anticipata, tutta o solo in parte.
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: NASpI anticipata: quando non deve essere restituita?