In quali casi il regime forfettario non conviene? Aderire a questo particolare regime fiscale può essere vantaggioso, ma bisogna tenere in considerazione alcuni elementi che potrebbero portare a dover sostenere costi anche maggiori rispetto al regime ordinario.
In queste settimane si discute molto di riforma della flat tax che, a ben vedere, si tradurrebbe inizialmente nella sola revisione dell’attuale regime forfettario.
L’ipotesi che al momento va per la maggiore è quella che prevede un aumento della soglia massima di ricavi, attualmente prevista a 65.000 euro, accompagnata da un aumento dell’aliquota relativa all’imposta sostitutiva, dal 15 al 20 per cento per i contribuenti che non si trovano nel regime startup.
In attesa delle decisioni ufficiali, oggi dobbiamo considerare la normativa vigente, che prevede un regime fiscale semplificato dedicato ai titolari di partita IVA, i quali possono beneficiare di una tassazione agevolata del 15 per cento e al 5 per cento per le nuove attività.
Chi è in possesso dei requisiti per aderire a questo particolare regime, però non sempre ha la garanzia di una maggiore convenienza rispetto a quello ordinario.
Gli elementi da valutare attentamente in questo senso sono le spese sostenute e la propria situazione familiare.
Quando non conviene il regime forfettario?
Per capire quando non conviene aderire al regime forfettario bisogna prestare particolare attenzione ad alcuni elementi.
Quello forfettario è un particolare regime fiscale riservato alle persone fisiche, titolari di partita IVA, che permette loro di fruire di specifiche semplificazioni, come la tassazione agevolata del 15 per cento e al 5 per cento per le nuove attività.
Per aderirvi è necessario rispettare i requisiti minimi previsti e fare attenzione alle cause ostative che ne comportano la fuoriuscita.
Questo tipo di regime agevolato è sicuramente attraente, soprattutto per chi avvia una nuova attività, ma non è detto che questa possa essere la scelta migliore rispetto al regime ordinario.
Gli elementi da considerare e valutare sono essenzialmente due:
- le spese sostenute durante lo svolgimento dell’attività;
- la propria situazione personale e familiare, con le relative conseguenze sulle detrazioni IRPEF disponibili.
Quando non conviene il regime forfettario, le spese sostenute
Il regime forfettario è un regime di tassazione sostitutivo dell’IRPEF.
Pertanto, chi vi aderisce è esonerato dalle addizionali IRPEF e dall’IRAP, è escluso dal regime IVA e può beneficiare dello sconto del 35 per cento sui contributi INPS.
Fin qui tutto bene, questi sono i vantaggi. L’aspetto negativo è che la flat tax toglie la possibilità ai titolari di partita IVA di beneficiare di detrazioni e deduzioni IRPEF.
Non c’è, quindi, la possibilità di dedurre i costi sostenuti. Nel regime forfettario, infatti, il reddito imponibile viene determinato in maniera diversa. Non si calcola sottraendo i costi ai ricavi, ma bisogna sommare le fatture incassate.
In questo modo si determina il totale dei ricavi dell’anno (che ricordiamo deve essere inferiore a 65.000 euro per aderire) a cui si dovrà applicare il coefficiente di redditività previsto per il codice ATECO di appartenenza, ottenendo il totale di reddito imponibile, a cui poi vanno sottratti i contributi versati nell’anno precedente per poi applicare la flat tax (al 15 o al 5 per cento a seconda dei casi).
Più le spese sostenute durante lo svolgimento dell’attività eccedono quelle che risultano dall’applicazione del coefficiente meno conviene al professionista aderire al regime. In questa ipotesi sarebbe più conveniente aderire al regime ordinario che consente di scaricare più costi.
In altri termini, se il professionista o la ditta individuale sa già di avere una struttura di costi simile o addirittura superiore al relativo coefficiente, allora aderire al regime forfettario non sarà conveniente.
Quando non conviene il regime forfettario, la situazione familiare
L’altro elemento da considerare quando si valuta la convenienza del regime forfettario è la propria situazione personale e familiare.
Non aderendo al regime IRPEF, infatti, si perdono anche le eventuali detrazioni per i figli a carico. Questo naturalmente andrebbe a vanificare i benefici ottenuti con la tassazione agevolata.
Prendiamo ad esempio un nucleo familiare con figli, dove il titolare di partita IVA in regime forfettario rappresenta l’unico reddito. In questo caso, non sarà possibile beneficiare delle detrazioni IRPEF per i figli a carico.
Diversa, invece, la questione dello stesso nucleo familiare con due redditi in entrata, di cui uno solo soggetto al regime forfettario.
In quest’altra ipotesi le detrazioni sarebbero applicate al 100 per cento sul reddito non forfettario, purché sia più alto.
Un’altra ancora è la situazione del single, senza figli a carico, che non potrebbe beneficiare comunque delle detrazioni IRPEF e di conseguenza avrebbe più convenienza ad optare per il forfettario.
Per questo motivo, nella valutazione bisogna tenere in conto la propria situazione familiare, dato che rinunciare alle eventuali agevolazioni per i figli a carico potrebbe comportare perdite anziché i benefici desiderati.
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: Quando non conviene il regime forfettario?