Redditometro: mentre la politica discute della sua prossima abolizione, arrivano ancora novità dalla Corte di Cassazione, ecco l'ultima pronuncia degli Ermellini in materia.
In caso di accertamento sintetico, la prova contraria da parte del contribuente si considera idonea non solo con la dimostrazione della disponibilità di redditi ulteriori rispetto a quelli dichiarati, in quanto esenti o soggetti a ritenute alla fonte, ma anche documentando che proprio con quei redditi sono state sostenute le spese sintomatiche della maggior capacità contributiva accertata dall’Amministrazione finanziaria.
Questo il contenuto dell’Ordinanza della Corte di Cassazione numero 16638 del 25 giugno 2018.
- Redditometro: ultime novità dalla Corte di Cassazione
- Ordinanza della Corte di Cassazione numero 16638 del 25 giugno 2018
I fatti – La controversia ha preso le mosse dall’impugnazione da parte di un contribuente di un avviso di accertamento del reddito ai fini Irpef, sulla base del cd. “redditometro”, per gli anni 2007 e 2008.
Il ricorso è stato respinto dai giudici della CTP ma la CTR ha poi riformato la sentenza di primo grado, accogliendo l’appello del contribuente. In particolare, i giudici d’appello hanno ritenuto, in relazione ai capitali detenuti all’estero e rimpatriati nel 2009, che “le somme scudate costituiscono investimento che produce reddito esente idoneo a giustificare le spese sostenute, ritenute incompatibili col reddito dichiarato.”
L’Agenzia delle entrate ha impugnato la sentenza di merito dinanzi alla Corte di Cassazione , la quale ha accolto il ricorso e cassato con rinvio la sentenza d’appello.
La decisione – Con un unico motivo di ricorso l’Agenzia delle entrate ha denunciato violazione dell’articolo 38 del D.P.R. 600 del 1973 in merito alla legittimità della modalità di accertamento sintetico oggetto della controversia.
In particolare, a parere dell’Amministrazione finanziaria il cd. redditometro costituisce una presunzione legale relativa ed il relativo accertamento è giustificato sic et sempliciter dallo scostamento dai parametri ivi previsti. Spetta poi al contribuente l’onere della prova contraria, “consistente nella dimostrazione del possesso di altre disponibilità impiegate per giustificare la capacità di spesa accertata e per comprovare che proprio con quei redditi sono state effettuate le spese.”
I giudici di piazza Cavour hanno ancora una volta accolto questa impostazione in merito alla legittimità dell’accertamento sintetico.
Nel caso di specie il contribuente ha asserito genericamente che il proprio tenore di vista, superiore rispetto alla capacità contributiva dichiarata all’Erario, fosse giustificato dal reddito proveniente da capitali detenuti all’estero e scudati ai sensi del decreto legge n. 78 del 2009 (il cd. “scudo fiscale” varato durante il Governo Berlusconi III).
Sul punto la Cassazione ha rilevato che le somme scudate “solo teoricamente sono state ritenute produttive di interessi che avrebbero potuto consentire un tenore di vita più elevato rispetto al reddito dichiarato”, ma il contribuente non ha fornito idonea prova della percezione effettiva di detti interessi, indice della capacità di spesa accertata.
Inoltre, le somme “scudate” sono rientrate in Italia solo nel 2009, anno successivo agli anni oggetto di accertamento (2007 e 2008) e, pertanto, non potevano costituire provvista per spese effettuate negli anni precedenti. Da tale ragionamento scaturisce quindi la legittima constatazione dell’esistenza di disponibilità ulteriori rispetto a quelle dichiarate dal contribuente, come accertato dall’Agenzia delle entrate.
La Suprema Corte di Cassazione ha ribadito il seguente principio di diritto in materia di accertamento cd. sintetico, ai sensi dell’art. 38, comma 6, del D.P.R. n. 600 del 1973, per cui “la prova contraria a carico del contribuente ha ad oggetto non soltanto la disponibilità di redditi ulteriori rispetto a quelli dichiarati, in quanto esenti o soggetti a ritenute alla fonte, ma anche la documentazione di circostanze sintomatiche che ne denotano l’utilizzo per effettuare le spese contestate e non altre, dovendosi in questo senso intendere il riferimento alla prova della entità di tali eventuali ulteriori redditi e della durata del relativo possesso.”
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: Il redditometro si supera solo con prove concrete