Società in accomandita semplice (Sas): i prelevamenti dei soci non incidono sull'imposizione fiscale del reddito imponibile per trasparenza.
È illegittimo l’accertamento induttivo in capo alla società in accomandita semplice sulla base dei prelevamenti effettuati dai soci accomandatari perché il reddito della società è imputato in capo a ciascun socio proporzionalmente alla sua quota di partecipazione agli utili, indipendentemente dalle somme prelevate dal conto della società medesima.
Inoltre, il lavoro prestato dall’amministratore unico-socio d’opera non costituisce lavoro dipendente subordinato perché la qualità di subordinato della volontà sociale è incompatibile con la carica di organo competente ad esprimere tale volontà.
Così ha statuito la Corte di Cassazione con l’Ordinanza numero 10909/2019.
- Società in accomandita semplice (SAS): rapporto tra prelevamenti e reddito imponibile
- La Corte di Cassazione ribadisce alcuni importanti principi in materia di società di persone e rapporto tra prelevamenti e tassazione del reddito per trasparenza. Di seguito nell’articolo l’interessante approfondimento di Emiliano Marvulli.
La sentenza – La vicenda prende le mosse dal ricorso avverso un avviso di accertamento ai fini delle imposte dirette e IVA, emanato dall’Agenzia delle entrate nei confronti di una società in accomandita semplice per determinazione induttiva del reddito complessivo dell’impresa.
In particolare l’Ufficio ha ritenuto che le somme prelevate dai soci accomandatari dal conto della società costituissero il corrispettivo della loro attività lavorativa irregolare nell’ambito dell’impresa e ha rettificato il reddito dichiarato sulla base dell’incidenza dei costi per il personale.
Nel ricorso la società ha eccepito, invece, che i due soci accomandatari avevano prestato la loro opera nell’interesse della società e che le somme percepite rappresentavano normali prelievi di utili regolarmente dichiarati e tassati e non il corrispettivo di lavoro dipendente “in nero”.
Il ricorso, accolto in sede di primo grado, è stato respinto dalla CTR che ha ritenuto le somme contestate riferibili a reddito assimilato a quello di lavoro dipendente ai sensi dell’articolo 50, comma 1 lettera c-bis) del TUIR.
La società ha impugnato la decisione d’appello e i giudici di legittimità hanno ritenuto fondati i motivi di doglianza, con conseguente accoglimento del ricorso originario presentato dalla contribuente.
Nel caso di specie la contestazione dell’Amministrazione finanziaria si basa sull’assunto che le somme prelevate dai soci accomandatari, in quanto riferibili al corrispettivo di una attività lavorativa irregolare per conto della medesima società, fossero assimilate a redditi di lavoro dipendente.
Pertanto, sulla base dell’incidenza di tali costi sul volume di affari, l’Ufficio ha ricalcolato induttivamente il reddito.
A parere dei giudici di Piazza Cavour la ricostruzione dell’Ufficio finanziario non è corretta perché le somme poste a base del calcolo induttivo del reddito non sono riferibili a redditi di lavoro dipendente.
Questo in quanto “la carica di socio accomandatario non può cumularsi con quella di lavoratore subordinato, non potendo riunirsi in un unico soggetto la qualità di esecutore della volontà sociale e quella di organi competenti ad esprimere tale volontà”
Più in generale nelle società a base personale la carica di amministratore unico è incompatibile con la posizione di lavoratore subordinato della stessa, perché non possono coincidere in capo al medesimo soggetto la qualità di esecutore subordinato della volontà sociale e la carica di organo preposto ad esprimere tale volontà.
Ciononostante, è possibile un rapporto di lavoro subordinato tra la società e uno dei soci (il cd. socio d’opera), purché la prestazione non integri un conferimento previsto dal contratto sociale e che il socio-lavoratore presti la sua attività lavorativa sotto il controllo gerarchico di un altro socio munito di poteri di supremazia.
La Corte ha precisato inoltre che è irrilevante la circostanza che i soci accomandatari abbiano effettuato prelievi dal conto sociale, perché nelle s.a.s. – così come per le altre società di persone - vige il principio di presunzione legale di percezione degli utili.
In altre parole, il reddito della società è imputato per trasparenza in capo ai soci -ai sensi dell’articolo 5 del TUIR - proporzionalmente alla loro quota di partecipazione agli utili, indipendentemente dalla relativa manifestazione finanziaria.
Infatti, “il presupposto di imposta, in questo caso, è costituito dal reddito della società, ma la relativa obbligazione tributaria cade su ciascun socio, che è tenuto al pagamento dell’imposta, non perché ha percepito la somma di sua spettanza, ma per il suo status di socio, in quanto beneficia dell’incremento di ricchezza della società.”
Essendo venuta meno la sussistenza del rapporto di lavoro subordinato, è illegittimo:
- sia l’accertamento induttivo dei maggiori ricavi per l’asserito svolgimento di lavoro irregolare all’interno dell’azienda;
- sia la contestazione di omesso versamento delle ritenute, in assenza di rapporto di lavoro subordinato.
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: Il reddito “per trasparenza” prescinde dai prelevamenti del socio