La corte di Cassazione si è espressa recentemente sull'annullamento dell'avviso di accertamento nei confronti di una società, che spiega i suoi effetti anche sui soci, sebbene non abbiano partecipato al giudizio presupposto
L’annullamento dell’avviso di accertamento nei confronti di una società di persone, con sentenza passata in giudicato, avendo carattere pregiudiziale, spiega i suoi effetti anche a favore dei soci, sebbene non abbiano partecipato al giudizio presupposto.
È questo il principio ribadito dall’ordinanza della Corte di Cassazione n. 33195/2023.
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Il fatto oggetto della pronuncia della Corte di Cassazione n. 33195/2023
Il fatto oggetto di intervento da parte della Corte di Cassazione, e deciso con l’ordinanza n. 33195/2023, trae origine da un avviso di accertamento nei confronti di un contribuente, quale socio amministratore e legale rappresentante di una società di persone.
Ai soci venivano altresì spalmati, con distinti avvisi, i maggiori redditi da partecipazione derivanti.
I soci e l’ente impugnavano ciascuno per proprio conto gli atti; i ricorsi non venivano riuniti ed erano separatamente accolti. Gli appelli erariali, anch’essi separatamente proposti, venivano respinti.
L’Agenzia delle Entrate ricorreva per Cassazione solo avverso la decisione relativa alla posizione di un socio, che veniva dichiarato inammissibile e rinviava la causa ad altra sezione della CTR.
Il giudizio non veniva tempestivamente riassunto. L’Agenzia iscriveva, quindi, a ruolo il preteso credito e notificava la cartella di pagamento al socio.
Da qui l’impugnazione della cartella da parte del socio, che adduceva, tra l’altro, la rilevanza del giudicato formatosi in senso favorevole alla società in esito al ricorso da essa proposto avverso l’avviso di accertamento.
La CTP di Avellino rigettava il ricorso del contribuente.
Pronuncia confermata in appello. E di conseguenza il socio andava in Cassazione, lamentando, in particolare, che la mancata riassunzione del giudizio era “insensibile anche al giudicato esterno formatosi in tema di reddito societario in senso favorevole alla società.”
Il pensiero degli Ermellini
Per gli Ermellini il motivo di ricorso è fondato e va accolto nei limiti che seguono.
È stato già chiarito che (Cass. n. 4580/2018):
“l’annullamento dell’avviso di accertamento nei confronti di una società di persone, con sentenza passata in giudicato, avendo carattere pregiudiziale, spiega i suoi effetti anche a favore dei soci, sebbene non abbiano partecipato al giudizio presupposto ed è pertanto opponibile all’Amministrazione finanziaria, in quanto parte in causa nel processo con la società.”
Sul punto, le Sezioni Unite, n. 14815/2008, hanno avuto modo di affermare che l’unitarietà dell’accertamento che è alla base della rettifica delle dichiarazioni dei redditi delle società di persone e delle associazioni di cui all’art. 5 D.P.R. n. 917 del 1986 e dei soci delle stesse e la conseguente automatica imputazione dei redditi a ciascun socio, proporzionalmente alla quota di partecipazione agli utili ed indipendentemente dalla percezione degli stessi, comporta che il ricorso tributario proposto, anche avverso un solo avviso di rettifica, da uno dei soci o dalla società riguarda inscindibilmente sia la società che tutti i soci, salvo il caso in cui questi prospettino questioni personali, sicché tutti questi soggetti devono essere parte dello stesso procedimento e la controversia non può essere decisa limitatamente ad alcuni soltanto di essi.
Siffatta controversia, infatti, non ha ad oggetto una singola posizione debitoria del o dei ricorrenti, bensì gli elementi comuni della fattispecie costitutiva dell’obbligazione dedotta nell’atto autoritativo impugnato, con conseguente configurabilità di un caso di litisconsorzio necessario originario.
Ne consegue che il ricorso proposto anche da uno soltanto dei soggetti interessati impone l’integrazione del contraddittorio ai sensi dell’art. 14 D.Lgs. 546/1992 (salva la possibilità di riunione ai sensi del successivo art. 29) ed il giudizio celebrato senza la partecipazione di tutti i litisconsorti necessari è affetto da nullità assoluta, rilevabile in ogni stato e grado del procedimento, anche di ufficio.
Si è al riguardo peraltro ulteriormente precisato che:
“il giudicato di annullamento dell’avviso di accertamento notificato alla società, fa stato nel processo relativo ai soci, in ragione del carattere oggettivamente pregiudiziale dello stesso, in relazione al quale la mancata partecipazione al giudizio dei soci non è stato di alcun pregiudizio agli stessi (v. Cass., Sez. Un., n. 14815 del 2008 cit.). In tal caso, la pregiudizialità dell’accertamento non subisce i limiti soggettivi del giudicato nei confronti dei soggetti i quali per quanto non abbiano partecipato al contraddittorio, siano totalmente vittoriosi. In altri termini, l’annullamento dell’avviso di accertamento notificato alla società, giova ai soci che non hanno partecipato al giudizio, in quanto se avessero partecipano non avrebbero potuto fare di meglio. L’ufficio ha partecipato al giudizio (o è stato messo in condizione di parteciparvi) introdotto dal ricorso della società o di un socio e, quindi, non può invocare alcun limite del giudicato nei propri confronti (v. Cass., Sez. Un., n. 14815 del 2008 cit.).”
In definitiva, i limiti soggettivi del giudicato garantiscono che nessuna statuizione pregiudizievole venga adottata senza che il destinatario di tali statuizioni si sia potuto difendere (v. anche Cass. n. 4580 del 2018):
“Ne consegue che l’annullamento dell’avviso di accertamento notificato alla società, sancito con sentenza passata in giudicato, spiega i suoi effetti a favore di tutti i soci, i quali possono opporlo all’Amministrazione finanziaria, che è stata parte in causa nel relativo processo, esercitando quindi senza limitazioni di sorta il diritto di difesa.”
Orbene, nel caso di specie l’accertamento emesso nei confronti della società (di carattere oggettivamente pregiudiziale rispetto a quello emesso nei confronti dei soci ed oggetto dell’odierno ricorso, costituendone il presupposto) è stato annullato dalla CTP, con successiva conferma da parte della CTR, non gravata tempestivamente con ricorso per cassazione.
Di conseguenza, di tale giudicato di annullamento il socio può giovarsi (cfr. Cass. n. 17368/2009 e Cass. n. 24793/2015):
“anche se non ha partecipato a titolo personale al relativo giudizio, non avendo da tale mancata partecipazione ricevuto alcun danno: mentre l’ufficio non può invocare alcun limite all’efficacia del giudicato, avendo partecipato al giudizio o essendo stato messo in condizione di farlo.”
Brevi note
L’unitarietà dell’accertamento, che è alla base della rettifica delle dichiarazioni dei redditi delle società di persone e la conseguente automatica imputazione dei redditi a ciascun socio, proporzionalmente alla quota di partecipazione agli utili ed indipendentemente dalla percezione degli stessi, comporta che il ricorso tributario proposto, anche avverso un solo avviso di rettifica, da uno dei soci o dalla società riguarda inscindibilmente sia la società che tutti i soci, salvo il caso in cui questi prospettino questioni personali.
L’art. 40, comma 2, del D.P.R. n. 600/1973 prevede che:
“alla rettifica delle dichiarazioni presentate dalle società e associazioni indicate nell’art. 5 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 597 (rectius, art. 5, del T.U. n. 917/1986) si procede con un unico atto ai fini dell’imposta locale sui redditi (rectius, IRAP) dovuta dalle società stesse e ai fini delle imposte sul reddito delle persone fisiche o delle persone giuridiche, dovute dai singoli soci o associati.”
Dal punto di vista normativo, l’art. 5 del T.U. n. 917/1986 dispone che:
“i redditi delle società semplici, in nome collettivo e in accomandita semplice residenti nel territorio dello Stato sono imputati a ciascun socio, indipendentemente dalla percezione, proporzionalmente alla sua quota di partecipazione agli utili.”
Tuttavia, nonostante siano passati tantissimi anni, l’accertamento continua ad essere separato. Il che produce una serie di problematiche che ha visto più volte necessario l’intervento della Corte di Cassazione.
Come abbiamo visto, la Corte di Cassazione, a SS.UU., nella sentenza n. 14815 del 19 febbraio 2008, dep. il 4 giugno 2008, ha ritenuto che tra la società di persone ed i singoli soci:
“ricorra una ipotesi di litisconsorzio tributario necessario ed originario, la cui violazione comporta la nullità ab imis del rapporto processuale, che assorbe ogni possibile questione relativa alla successiva applicazione di altre norme che disciplinano i rapporti tra procedimenti connessi (sospensione ex art. 295 c.p.c.), salvo quella sulla riunione dei ricorsi D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 29. In altri termini, se tutti gli interessati, litisconsorti necessari (società e soci), impugnano gli avvisi di accertamento loro notificati, i relativi ricorsi, se pendenti dinanzi allo stesso giudice, vanno riuniti ai sensi del citato D.Lgs. n. 546 del 1992, art.29, oppure, come si dirà, dinanzi al giudice preventivamente adito. Altrimenti, soccorre l’obbligo della integrazione del contraddittorio, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art.14.”
L’impugnazione dell’avviso di accertamento da parte della società (in persona del legale rappresentante) o di un singolo socio postula che il giudizio sia necessariamente collettivo ovverosia che coinvolga tutti i soggetti interessati.
Di conseguenza, qualora dinnanzi allo stesso giudice siano pendenti le controversie instaurate dagli altri soci (aventi ad oggetto il medesimo reddito di partecipazione) il giudice di merito dovrà necessariamente procedere alla riunione dei procedimenti (art. 29 del D.Lgs. n. 546/92).
Diversamente, se un solo socio ha impugnato e gli altri siano rimasti inermi rispetto all’avviso di accertamento loro notificato, il giudice di merito dovrà procedere all’integrazione del contraddittorio con questi ultimi (art. 14 del D.Lgs. n. 546/92).
Ma la sentenza delle Sezioni Unite va oltre, affrontando anche la questione dell’avviso di accertamento unico ai sensi dell’art. 40 del D.P.R. n. 600/1973, ritenendo che:
“l’attività di accertamento svolta nei confronti della società non può essere disgiunta da quella relativa ai soci: a) unica è la materia imponibile, seppure soggetta a diversa disciplina, in ragione del carattere reale dell’imposta locale, rispetto al carattere personale dell’imposta statale; b) unico è il risultato dell’accertamento, sia che lo si consideri nel suo complesso in capo alla società, sia che lo si consideri come la somma dei redditi imputati ai singoli soci in conseguenza dell’accertamento societario. La norma non impone che all’attività di accertamento segua necessariamente la notifica dei relativi avvisi a tutti i soggetti interessati. Ragioni di buon andamento (inteso come economia e proficuità dell’azione amministrativa) e di imparzialità della pubblica amministrazione e di pari trattamento dei contribuenti (artt. 3 e 97 Cost.), fanno ritenere, però, che sarebbe buona regola ottimizzare gli effetti dell’impegno profuso nella attività, di accertamento, notificando i conseguenti avvisi a tutti i destinatari naturali e necessari, società e soci. In realtà, osserva il Collegio, l’obbligo dell’accertamento unitario è conseguenza della configurazione di un rapporto tributario sostanzialmente unico con pluralità di soggetti passivi, che trova poi la sua corretta collocazione processuale nell’ambito dell’istituto del litisconsorzio necessario originario.”
Rileviamo che alla domanda se la decisione favorevole nei confronti della società travolga anche l’accertamento definitivo effettuato in capo al socio ha risposto recentemente la Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 39817 del 14 dicembre 2021.
La Corte, dopo essere entrata nel merito del rilievo, e ritenuta parzialmente invalida la rettifica nei confronti della società, ha affermato che ciò comporti:
“di necessità, il travolgimento dell’accertamento nei confronti dei soci. Non può sottacersi, infatti, come, in caso di redditi tassati secondo il regime della trasparenza, la ratio del litisconsorzio necessario e la conseguente riunione dei procedimenti relativi a società e soci in presenza di vicenda sostanzialmente esonerativa dal litisconsorzio formale, secondo quanto accaduto nella specie, risponda, al pari della retrocessione del processo alla fase di merito, alla necessità di garantire la massima omogeneità e il massimo coordinamento possibile tra risultati processuali, evitando quei contrasti tra giudicati che potrebbero altrimenti venire in essere in caso di parcellizzazione del contenzioso tributario in relazione a rapporti omogenei, ancorché distinti in ragione della pluralità dei soggetti coinvolti nella fattispecie costitutiva dell’obbligazione, e connotati dalla sostanziale unitarietà dell’atto impositivo”. Ciò determina che il ricorso, “benché proposto da uno o più obbligati, abbia ad oggetto non la singola posizione debitoria del o dei ricorrenti, ma la posizione inscindibilmente comune a tutti i debitori rispetto all’obbligazione dedotta nell’atto autoritativo impugnato, siccome espressione, sul piano costituzionale, dei principi di cui agli artt. 3 e 53 della Costituzione, perché funzionale alla parità di trattamento dei coobbligati e al rispetto della loro capacità contributiva (Cass., Sez. U, 18/01/2007, n. 1052), imponendo tra essi il litisconsorzio necessario, nell’accezione fatta propria dall’art. 14 del d.lgs. n. 546 del 1992, che, in ambito tributario, rinviene il suo presupposto proprio nella inscindibilità dell’oggetto del ricorso.”
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Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: L’annullamento dell’atto societario copre l’accertamento nei confronti del socio