Reddito di cittadinanza: legittima la sospensione dell'assegno nel caso di applicazione di una misura cautelare personale. Questo è il principio espresso dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 126 depositata il 21 giungo 2021. Lo scopo assistenziale, accompagnato da un percorso formativo e d'inclusione lavorativa, comporta precisi obblighi, la cui violazione determina l'estromissione dal beneficio.
Reddito di cittadinanza per chi è sottoposto a misura cautelare personale: è legittima la sospensione dell’assegno.
Questo è il principio espresso dalla Corte Costituzionale con la sentenza numero 167 depositata il 21 giungo 2021.
Alla base del ragionamento della Consulta la costatazione che il reddito di cittadinanza non ha natura meramente assistenziale ma, anzi, presuppone un percorso d’inclusione lavorativa che contempla degli obblighi di condotta che, se violati, ne determinano l’esclusione.
Del resto, il processo d’inserimento lavorativo può essere ostacolato, o addirittura impedito, dalla stessa misura cautelare che ne fa venir meno l’obiettivo principale: trovare un’occupazione.
Come sempre, la pronuncia prende le mosse da una questione sollevata da un giudice, ritenuta infondata, che aveva rinvenuto caratteri afflittivi e punitivi nella sospensione e contrari, pertanto, ai principi contenuti nella Costituzione e nella CEDU.
Di seguito il percorso argomentativo della Corte Costituzionale che ha ritenuto legittimo il meccanismo di sospensione della prestazione.
Reddito di cittadinanza su chi grava una misura cautelare, la Consulta: legittima la sospensione dell’assegno
Secondo il principio messo nero su bianco dalla Corte Costituzionale nella sentenza numero 126 del 21 giugno, l’interruzione dell’erogazione del reddito di cittadinanza a chi è soggetto ad una misura cautelare è costituzionalmente legittima.
- Corte Costituzionale - sentenza numero 126 del 21 giugno 2021
- Scarica la sentenza su sospensione legittima del reddito di cittadinanza in caso di misura cautelare personale
Non si tratta, infatti, di una “pena accessoria” ma di una conseguenza giustificata, da una parte, dalla ratio posta alla base del beneficio, ossia la ricerca di un lavoro che risulta impedita dalla misura e, dall’altra, la condotta ineccepibile che deve essere posta in essere da chi percepisce l’assegno che ne giustifichi il godimento.
“Pertanto, la sospensione del beneficio non ha una ragione punitiva e sanzionatoria, ma si collega appunto agli obiettivi dell’intervento legislativo. In tal senso, la presenza di più specifiche e severe condizioni per la richiesta e per il mantenimento della provvidenza (...), oltre a dar corpo al particolare requisito morale sotteso dall’istituto, è anche strumentale all’effettiva realizzazione del percorso d’inserimento lavorativo, che può essere ostacolato o addirittura impedito dalla misura cautelare”.
Si legge nelle motivazioni della sentenza.
In ogni caso, aggiunge la Corte, l’interessato che si vedesse sospendere l’assegno potrebbe comunque, ove ne ricorrano i presupposti, accedere ad altre forme di assistenza sociale previste dall’ordinamento, per le quali la presenza di misure cautelari personali non costituisce causa ostativa.
Reddito di cittadinanza e misure cautelari: i motivi alla base della questione di legittimità infondata
Il Giudice per le indagini preliminari di Palermo ha sollevato questioni di legittimità costituzionale con riferimento all’articolo 7-ter, comma 1, del Decreto Legge 28 gennaio 2019, n. 4 (Disposizioni urgenti in materia di reddito di cittadinanza e di pensioni).
Secondo quanto sostenuto la norma sarebbe stata contraria, tra gli altri, al principio democratico, di uguaglianza, di solidarietà e di colpevolezza.
Questa disposizione, infatti, prevede che il reddito di cittadinanza venga sospeso nei confronti del beneficiario o del richiedente, al di fuori dei casi di intervenuta condanna, anche in ipotesi di applicazione una misura cautelare personale, pure adottata a seguito di convalida dell’arresto o del fermo.
“La sospensione del reddito di cittadinanza avrebbe un chiaro carattere afflittivo, poiché, al cospetto di un beneficio di natura assistenziale (...) non s’individuerebbe alcuna finalità diversa da quella punitiva nel provvedimento sospensivo in conseguenza della mera applicazione di una misura cautelare personale. Il carattere afflittivo si coglierebbe, poi, anche dalla definitività della lesione prodotta dal provvedimento di sospensione, poiché in caso di revoca di quest’ultimo gli arretrati non corrisposti non potrebbero essere recuperati dal beneficiario.”
Ha sostenuto il Giudice di Palermo, basandosi sull’assunto che la misura cautelare è un provvedimento provvisorio - quindi con effetti precari - che interviene prima dell’eventuale condanna con la funzione di evitare, per esempio, che il trascorrere del tempo possa provocare un pericolo o che le conseguenze del reato si aggravino.
Insomma già essa stessa non costituisce “una pena” e non potrebbe giustificare una conseguenza afflittiva come l’esclusione del reddito di cittadinanza.
Ebbene, la Corte Costituzionale non ha rivenuto il carattere sanzionatorio della sospensione e, pertanto, ha ritenuto infondata la questione di legittimità.
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