Raddoppio dei termini di decadenza in materia di accertamento tributario: analisi della recente prassi e giurisprudenza in materia, anche alla luce delle ultime pronunce della Corte di Cassazione.
La circolare dell’Agenzia delle Entrate numero 28/2006 ha giustificato l’intervento legislativo, oggi venuto meno per le annualità dal 2016 in poi, finalizzato a garantire all’A.F. l’utilizzabilità degli elementi istruttori penali che emergano nel corso delle indagini condotte dall’autorità giudiziaria per un periodo di tempo più ampio rispetto a quello previsto ordinariamente per l’accertamento.
Successivamente, la stessa AF, con la circolare numero 54/2009, ha precisato che l’ampliamento dei termini opera a prescindere dalle successive vicende del giudizio penale che consegua alla denuncia, atteso che la norma collega l’ampliamento dei termini per l’accertamento alla mera sussistenza dell’obbligo di denuncia della violazione ai sensi dell’articolo 331 del C.p.p.
Tale interpretazione è stata altresì estesa anche alle fattispecie in cui, per l’accertamento tributario nei confronti del soggetto verso cui opera l’ampliamento dei termini, sia necessario procedere all’accertamento anche nei confronti di altro soggetto d’imposta legato al primo, limitatamente agli aspetti tributari che assumono rilevanza per la determinazione della posizione fiscale del primo e limitatamente al periodo di imposta cui si riferisce la violazione che assume rilevanza penale.
Raddoppio dei termini di decadenza dell’accertamento tributario: i diversi casi tratti dalla giurispudenza
La questione del raddoppio dei termini, nel suo complesso, è stata oggetto di esame da parte della Corte Costituzionale, che con la sentenza numero 247 del 25 luglio 2011 (ud. del 20 luglio 2011) ha affermato che la condizione necessaria per il raddoppio dei termini consegue
“dal mero riscontro di fatti comportanti l’obbligo di denuncia penale, indipendentemente dall’effettiva presentazione della denuncia o dall’inizio dell’azione penale.
Né la norma richiede un accertamento penale definitivo circa la sussistenza del reato, atteso fra l’altro il vigente regime del cosiddetto doppio binario tra giudizio penale e procedimento e processo tributari.
I termini raddoppiati di accertamento non costituiscono, pertanto, una proroga di quelli ordinari”
Al contrario, i termini raddoppiati sono anch’essi termini fissati direttamente dalla legge, operanti automaticamente nei casi in sussista l’obbligo di denuncia penale per i reati tributari previsti dal D.Lgs. n. 74 del 2000.
Pertanto, osserva la Corte Costituzionale, i termini “brevi” e quelli raddoppiati si riferiscono la fattispecie ab origine diverse.
In particolare:
- i termini brevi operano in presenza di violazioni tributarie per le quali non sorge l’obbligo di denuncia penale;
- i termini raddoppiati operano, invece, in presenza di violazioni tributarie per le quali v’è l’obbligo di denuncia.
Vediamo quindi alcuni casi pratici esaminati dalla Corte di Cassazione:
- con l’ordinanza numero 30996 del 2 novembre 2021, la Corte di Cassazione ha ribadito che il raddoppio dei termini previsto dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, comma 3, e dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 57, comma 3, nei testi applicabili “ratione temporis”, presuppone unicamente l’obbligo di denuncia penale, ai sensi dell’art. 331 c.p.p., per uno dei reati previsti dal D.Lgs. numero 74 del 2000, e non anche la sua effettiva presentazione, sicchè, ove il contribuente denunci il superamento dei termini di accertamento da parte dell’Amministrazione finanziaria, deve contestare la carenza dei presupposti dell’obbligo di denuncia, non potendo mettere in discussione la sussistenza del reato, il cui accertamento è precluso al giudice tributario. Nè è ostativa all’applicazione della disciplina in tema di raddoppio dei termini la circostanza che l’accertamento sia riferito ad annualità anteriori alla modifica, apportata all’allora D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, comma 3, dal D.L. n. 223 del 2006, art. 37, comma 24, convertito, con modificazioni, nella L. n. 248 del 2006;
- il raddoppio dei termini previsto dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, comma 3, e dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 57, comma 3, nei testi applicabili ratione temporis, presuppone unicamente l’obbligo di denuncia penale, ai sensi dell’art. 331 c.p.p., per uno dei reati previsti dal D.Lgs. numero 74 del 2000, e non anche la sua effettiva presentazione, così che dove il contribuente denunci il superamento dei termini di accertamento da parte dell’Amministrazione finanziaria, deve contestare la carenza dei presupposti dell’obbligo di denuncia, non potendo mettere in discussione la sussistenza del reato, il cui accertamento è precluso al giudice tributario;
- nel caso di raddoppio dei termini per l’accertamento nei confronti di una società di capitali a ristretta base sociale consegue il raddoppio dei termini per l’accertamento nei confronti dei soci, in base alla presunzione di percezione degli utili extracontabili conseguiti dalla società (Cass. Ord.n.21295 del 5 luglio 2022);
- non è di ostacolo all’applicazione dell’articolo 43, comma 3, del D.P.R.n.600/73, la circostanza che, essendo deceduti i contribuenti che avevano commesso la violazione, non sussisterebbe alcun fatto di reato, in quanto non può che ribadirsi, al riguardo, che a nulla rileva l’esito del giudizio penale, potendosi invocare la norma in esame per il solo fatto dell’esistenza di un fatto oggettivo implicante l’obbligo di denuncia penale, restando irrilevante a tal fin sia l’effettivo inoltro della denuncia, sia l’esistenza del reato in tutte le sue componenti, elemento oggettivo e soggettivo (Cass.sent.n.493 dell’11 gennaio 2022);
- in forza del principio dell’unitarietà dell’accertamento tributario che è alla base della rettifica delle dichiarazioni dei redditi delle società di persone e dei soci delle stesse, ex art. 5 del T.U.n.917/86, non può dubitarsi del fatto che il mero riscontro di fatti comportanti l’obbligo di denuncia penale nei confronti degli organi societari determini il raddoppio dei termini per l’accertamento anche del reddito imputato per trasparenza al socio (Cass.sent.n.1883 del 28 gennaio 2021);
- non incide sul legittimo utilizzo del raddoppio dei termini di decadenza l’abbassamento delle soglie di punibilità (Cass. sent. numero 29988 del 13 ottobre 2022).
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