Professioni tributarie: la sentenza 9408 del Consiglio di Stato

Salvatore Cuomo - Fisco

Un'altra pronuncia di uno degli Organi Superiori della Giurisdizione nazionale conferma la liceità dell’esercizio della professione tributaria da parte dei professionisti di cui alla legge 4/2013. Il commento alla sentenza

Professioni tributarie: la sentenza 9408 del Consiglio di Stato

Venerdì 22 novembre sorso è stata depositata la sentenza numero 9408/2024 del Consiglio di Stato, relativa all’appello adito dall’Ordine dei Commercialisti di Perugia, avverso l’iscrizione di una nota associazioni di Tributaristi nell’elenco del Mise previsto dalla legge 4/2013.

La considerazione alla base di tale appello è che le attività svolte dai loro associati sarebbero quelle proprie della professione dei dottori commercialisti e degli esperti contabili e che pertanto l’iscrizione della associazione all’elenco in questione si porrebbe in contrasto con il rispetto dei principi di buona fede, dell’affidamento del pubblico e della clientela imposto dall’art. 4, comma 1 della legge 4/2013.

Si andrebbe a determinare:

“un grave danno alla categoria dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, in quanto legittimerebbe qualsiasi soggetto a realizzare attività sovrapponibili (se non identiche) a quelle attribuite agli iscritti all’Albo che è previsto dal d.lgs. n. 139/2005.”

Il Consiglio, riunitosi il 24 ottobre scorso, inizia la disanima dell’appello commentando quanto all’articolo 1 della legge 4/2013 ed evidenziandone diversi punti di discordanza rispetto alle doglianze degli appellanti.

Professioni tributarie: il commento alla sentenza 9408 del Consiglio di Stato

Il primo punto in esame è la constatazione che il Legislatore è volutamente intervenuto, disponendo circa le professioni intellettuali non regolamentate e riconoscendole organiche al sistema economico:

“Dette disposizioni si collocano in un sistema dove, accanto alle professioni intellettuali per il cui svolgimento è necessaria l’iscrizione a un Albo o a un Collegio e che hanno ad oggetto di norma prestazioni tipizzate e/o esclusive (riservate cioè ai soli iscritti), esistono altre professioni intellettuali.”

Il secondo punto è sintetizzato in un passaggio della sentenza che ribadisce il concetto, riguardante la non equiparazione dell’attività tipica a quella riservato, già giurisprudenzialmente riconosciuta in più occasioni:

“In primo luogo, va osservato come il Tar abbia già rilevato che, quanto al rapporto tra i dottori commercialisti e ragionieri con altri professionisti, le attività tipiche svolte dai dottori commercialisti e dagli esperti contabili non sono espressamente riservate loro dalla legge, il che rende possibile la presenza di associazioni i cui iscritti svolgono una o più di quelle attività (cfr. Tar Lazio, Roma, Sez. I, 25 marzo 2009, n. 3122).”

Dalla sentenza si legge inoltre che:

“La Corte di Cassazione ha osservato (in relazione al profilo dell’esercizio abusivo della professione) che la legge istitutiva della professione di dottore commercialista e ragioniere (di cui ai d.P.R. nn. 1067 e 1068 del 1953) e il d.lgs. n. 139/2005, che ha fondato il cd. Albo Unico dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, non hanno attribuito a tali professionisti alcuna attività di competenza esclusiva (cfr.Corte di Cassazione, Sez. un, 23 marzo 2012, n. 11545), per cui molte delle attività svolte dagli iscritti agli albi possono essere esercitate anche da altri soggetti non iscritti”.

Il terzo punto messo in luce della sentenza è relativa al fatto che la legge 4/2013 non ha alcuna influenza sui potenziali vuoti normativi nei quali le diverse parti interessate possano insinuarsi, facendo valere diritti non riconosciuti.

Questo rilievo, sul punto espresso dal Consiglio di Stato:

“Va in ogni caso precisato che la legge n. 4/2013 non ha in alcun modo inciso sull’ambito delle attività riservate ai professionisti inscritti all’Albo”.

E più avanti la stessa sentenza evidenzia che:

“Va ulteriormente ribadito che non è in discussione la legittimità del riconoscimento ai professionisti iscritti agli Ordini della riserva sull’attribuzione del visto di conformità rispetto a dichiarazioni dei redditi ed IVA di cui alla sentenza della Corte Costituzionale, n. 144 del 23 luglio 2024, né l’attribuzione di altre specifiche attività agli iscritti all’Ordine, che gli aderenti all’associazione appellata non possono esercitare e che l’iscrizione nell’elenco per cui è causa non autorizza certamente a svolgere.

In altre parole, l’iscrizione all’elenco non vale ad “autorizzare” o a “sanare” lo svolgimento, da parte di chi è privo del relativo titolo, di quelle attività riservate ai soli inscritti ad un Albo o a un Collegio.”

Il quarto punto indicato nella sentenza è che la Legge 4/2013 è nel solco dei principi della Costituzione, nonché a tutela dei consumatore e della libera concorrenza.

L’appello ribadiva nuovamente i rilievi di incostituzionalità più volte invocati e respinti negli anni dai vari organi aditi, anche ai più alti livelli giurisprudenziali come pure la pronuncia in esame.

Viene infatti sottolineato che:

“deve essere disattesa anche la prospettazione di parte appellante volta ad avanzare dubbi circa la legittimità costituzionale per violazione degli artt. 3, 5, 33, 41 e 97 Cost. delle norme di cui alla legge 4/2013, essendo sul punto condivisibili le osservazioni già svolte dal Tar che ha valorizzato il fatto che la legge n. 4/2013 tra i propri scopi presenta anche quello di incoraggiare le forme di associazionismo tra imprenditori o professionisti ai sensi dell’art. 18 Cost. e garantire la creazione e l’attuazione un ordinamento parallelo a quello delle professioni organizzate ai sensi dell’art. 41 Cost. quale forma di esplicazione della libera concorrenza, favorendo in tal modo l’utente/consumatore nell’ambito del “sistema delle professioni”.”

Nei fatti la sentenza in esame non aggiunge niente di nuovo rispetto a quanto già noto, semmai appare un compendio delle considerazione già più volte esplicate in diritto e dalla cui lettura non posso che concludere con la seguente riflessione personale.

Le professioni tributarie si articolano in vari componenti tra Dottori Commercialisti, Esperti Contabili, Tributaristi, Geometri fiscalisti, Avvocati Tributari, Consulenti del Lavoro, Revisori Contabili ognuno con la propria peculiarità, specializzazione e, nel caso delle professioni cosiddette ordinistiche, attività ad esse riservate dalla Legge.

Professionalità che dovrebbero, nel rispetto degli specifici ruoli, svolgere il proprio compito e semmai collaborare, ognuno per le rispettive competenze a beneficio della propria clientela e anche a livello istituzionale nella interlocuzione con la politica, nei casi che si pongono nella trattazione di temi di comune interesse.

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