Pensione con pochi o senza contributi: ecco tutte le regole e come programmare il futuro in questi casi
Andare in pensione potrebbe sembrare impossibile a chi non ha mai versato contributi perché non ha mai lavorato, ha lavorato poco oppure ha lavorato senza un regolare contratto.
Eppure, le norme prevedono comunque la possibilità di ottenere l’assegno anche con una minima o nulla anzianità contributiva.
Le leggi oggi in vigore prevedono che la pensione di vecchiaia possa essere richiesta a partire dai 67 anni, ma questo requisito, invariato fino a dicembre di quest’anno, potrebbe aumentare già dal 2023 perché legato all’incremento dell’aspettativa di vita rilevato ogni anno dall’Istat.
Sono, inoltre, richiesti almeno venti anni di contribuzione o 42 anni e 10 mesi per la pensione di anzianità (41 e 10 mesi per le donne), a prescindere dal requisito anagrafico.
Tuttavia, sono oggi molti gli escamotage per andare in pensione anche senza aver versato molti anni di contributi, alcuni datati negli anni, altri di più recente invenzione.
Vediamo quindi le soluzioni per la pensione per chi è senza o con pochi contributi accreditati.
Pensione senza o con pochi contributi: è possibile? Tutte le ipotesi
Oltre alla quota 41 lavoratori precoci, è possibile andare in pensione con la cosiddetta opzione contributiva Dini, ossia 15 anni di versamenti, fino ad un massimo di 18 anni, almeno un contributo pagato entro il 31 dicembre 1995 e 5 anni dopo il 1° gennaio 1996.
Inoltre, la legge Amato (decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503) e la Circolare INPS n. 16/2013 ancora oggi in vigore prevedono tre ipotesi che consentono di ottenere la pensione pagando soltanto i contributi per 15 anni:
- il primo caso riguarda coloro che hanno contributi versati integralmente prima del 31 dicembre 1992, sommando tutti i contributi, volontari o obbligatori, figurativi o da riscatto e ricongiunzione. È richiesta l’iscrizione al Fondo pensioni lavoratori dipendenti o alle gestioni speciali INPS dei lavoratori autonomi;
- il secondo caso interessa coloro che hanno avuto, prima del 26 dicembre 1992, l’autorizzazione al versamento di contributi volontari, anche senza averli materialmente pagati entro questa data. Restano esclusi soltanto i lavoratori pubblici e gli ex-Ipost;
- il terzo caso è quello dei lavoratori con almeno 25 anni di anzianità assicurativa, che hanno cioè pagato almeno un contributo 25 anni prima della data di presentazione della domanda di pensione. In questo caso servono 15 anni complessivi di contribuzione e almeno 10 anni di lavoro per periodi inferiori alle 52 settimane.
Pensione di vecchiaia contributiva: le “vie” per chi è senza o con pochi contributi
Esistono poi ipotesi nelle quali il numero di anni di contribuzione si abbassa addirittura a cinque.
I lavoratori che non hanno contributi versati prima del 31 dicembre 1995 e sono iscritti a casse previdenziali gestite da INPS possono richiedere la pensione di vecchiaia contributiva, nel rispetto dei seguenti requisiti:
- 71 anni di età
- cinque anni di contributi pagati integralmente dopo il 31 dicembre 1995.
Se i contributi sono stati invece pagati, anche in parte, prima del 1° gennaio 1996 è possibile scegliere il computo ossia il trasferimento dei contributi nella gestione separata INPS.
In questo caso si può chiedere di andare in pensione con l’opzione contributiva solo se:
- sono stati accumulati almeno 15 anni di contributi e non cinque (il requisito di 15 anni è una regola che caratterizza la gestione separata);
- almeno uno di questi, e meno di 18, risultano versati prima del 31 dicembre 1995.
Infine, è richiesto non meno di un mese di contribuzione già pagato nella gestione separata.
Pensione senza contributi: assegno sociale, invalidità o pensione di cittadinanza
Chi invece non ha mai versato contributi perché non ha mai lavorato o ha lavorato senza un regolare contratto ha comunque la possibilità di richiedere, a determinate condizioni, una prestazione di tipo assistenziale come l’assegno sociale, l’assegno di invalidità o la pensione di cittadinanza.
L’assegno sociale può essere richiesto, a prescindere dai contributi, da tutti i cittadini, coniugati e non coniugati, che hanno compiuto i 67 anni e hanno redditi non superiori alle soglie annualmente previste dalla legge. Per il 2022, l’importo è pari a 468,10 euro erogate per 13 mensilità.
Chi ha un ISEE non superiore a 9.360 euro annui ed è in possesso degli altri requisiti previsti dal decreto-legge n.4 del 2019 può inoltre chiedere l’integrazione del beneficio con la pensione di cittadinanza fino ad un massimo di 780 euro.
Infine, chi ha contributi versati per almeno 5 anni, gli ultimi tre dei quali nel quinquennio precedente la domanda, può richiedere, nel caso di riduzione della capacità lavorativa a meno di un terzo, l’assegno ordinario di invalidità.
L’importo dell’assegno di invalidità viene rideterminato ogni anno sulla base dell’indice dei prezzi al consumo ed è pari, per il 2022, a 291,80 euro erogati per tredici mensilità.
E per coloro, uomini e donne, che svolgono lavori di cura non retribuiti derivanti da responsabilità familiari è prevista la facoltà di iscrizione ad un apposito Fondo di previdenza introdotto dal 1° gennaio 1997, come naturale prosecuzione del Fondo Mutualità previsto dalla legge 386 del 1963.
L’iscrizione è su base volontaria ed ammessa a condizione che gli interessati non siano titolari di pensione o forme di lavoro retribuito (possono però iscriversi i titolari di pensione ai superstiti come precisato dalla Circolare INPS del 20 dicembre 2001 n.223).
Possono infine aderire i lavoratori part time, ossia coloro che svolgono un’attività lavorativa anche continuativa prestata però a orario ridotto, che determina la contrazione per il diritto a pensione del corrispondente periodo di assicurazione obbligatoria.
Pensione casalinghe con almeno 5 anni di contributi
Gli iscritti al “Fondo casalinghe”, con almeno 5 anni di contributi, possono accedere alla pensione di inabilità lavorativa o alla pensione di vecchiaia al compimento di 57 anni.
Nei casi in cui i versamenti non risultino sufficienti a maturare un assegno previdenziale pari all’importo dell’assegno sociale maggiorato del 20 per cento, la pensione sarà però erogata a partire dai 65 anni di età.
L’importo mensile da pagare deve essere almeno di 25,83 euro al mese, 309,84 euro all’anno e 1.549,2 euro per cinque anni ma se non si raggiunge il minimo contributivo di 5 anni, le rate già pagate vengono perse e non possono essere utilizzate per la ricongiunzione o la totalizzazione dei contributi con altre casse previdenziali.
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: Andare in pensione senza (o con pochi) contributi