Pace fiscale liti pendenti: le somme versate per il ravvedimento operoso, anche se non dovute per iscrizione provvisoria, sono scomputabili dall'importo da pagare per la definizione agevolata. Lo chiarisce l'Agenzia delle Entrate con la risposta all'interpello numero 141 del 14 maggio 2019.
Pace fiscale liti pendenti: il contribuente che ha versato delle somme per il ravvedimento operoso, anche se non sono dovute per iscrizione provvisoria, può escluderle dal calcolo dell’importo lordo da pagare per la definizione agevolata. A stabilirlo è l’Agenzia delle Entrate con la risposta all’interpello numero 141 del 2019.
Lo spunto per fare luce arriva, come di consueto, dall’analisi di un caso pratico di una società che ha beneficiato del bonus ricerca scientifica pur non avendone diritto.
- Agenzia delle Entrate - Risposta all’interpello n. 141 del 14 maggio 2019
- Interpello articolo 11, comma 1, lett. a), legge 27 luglio 2000, n. 212 definizione agevolata delle controversie tributarie - Articolo 6 del decreto-legge 23 ottobre 2018, n. 119.
Pace fiscale liti pendenti: somme versate per il ravvedimento escluse dal calcolo
Come si legge nel documento pubblicato il 14 maggio 2019, l’Agenzia delle Entrate, con processo verbale, ha contestato la fruizione del credito d’imposta per la ricerca scientifica e la società ha sanato le violazioni avvalendosi del ravvedimento operoso con il versamento del credito, degli interessi e delle sanzioni ridotte a un quinto.
Nello stesso giorno dal Fisco è arrivata la notifica dell’atto di recupero delle somme. E proprio per questa coincidenza di date, l’Agenzia delle Entrate ha definito inefficace il ravvedimento.
Il tentativo di mettersi in regola, dunque, non ha avuto gli effetti sperati, per risolvere la questione la società ha intenzione di accedere alla definizione agevolata delle liti pendenti prevista dall’articolo 6 del Decreto Legge numero 119 del 2018.
E pone un dubbio direttamente alla sua controparte: è possibile compensare parte delle somme versate per il ravvedimento operoso con quelle dovute per l’adesione alla definizione agevolata?
La società sottolinea che, anche se per altro titolo e non in pendenza di giudizio, ha comunque versato tutta l’imposta richiesta con l’atto di recupero, oltre agli interessi e alle sanzioni in misura ridotta.
Con la risposta all’interpello numero 141 del 2019, l’Agenzia delle Entrate accorda questa possibilità e conferma che gli importi versati possono essere esclusi dal calcolo della somma totale da pagare per sanare la lite pendente.
Pace fiscale liti pendenti: come stabilire le somme da versare per la definizione agevolata
Nell’argomentare la sua posizione, l’Agenzia delle Entrate parte dal riferimento cardine per la definizione agevolata delle liti pendenti, l’articolo 6 del Decreto Legge numero 119 del 2018 che al comma 1 stabilisce:
“Le controversie attribuite alla giurisdizione tributaria in cui è parte l’Agenzia delle entrate, aventi ad oggetto atti impositivi, pendenti in ogni stato e grado del giudizio, compreso quello in Cassazione e anche a seguito di rinvio, possono essere definite, a domanda del soggetto che ha proposto l’atto introduttivo del giudizio o di chi vi è subentrato o ne ha la legittimazione, con il pagamento di un importo pari al valore della controversia. Il valore della controversia è stabilito ai sensi del comma 2 dell’articolo 12 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546”.
Ma, nel caso analizzato e in quelli simili, come si determina il valore dell’importo da versare per sanare le liti con il Fisco? Nel documento pubblicato il 14 maggio, si fissano alcuni punti fermi.
Si stabilisce, infatti, che dall’importo lordo dovuto per la definizione possono essere detratti, ai sensi del comma 9 dell’articolo 6, “quelli già versati a qualsiasi titolo in pendenza di giudizio”. E si chiarisce che in ogni caso “la definizione non dà comunque luogo alla restituzione delle somme già versate ancorché eccedenti rispetto a quanto dovuto per la definizione”.
Ma la chiave della risposta sulla possibilità di scomputare le somme già corrisposte avvalendosi dello strumento del ravvedimento operoso è nella circolare numero 6/E del 1° aprile 2019, in cui si legge:
“L’importo da versare per la definizione, cosiddetto “importo netto dovuto” si calcola al netto di somme pagate prima della presentazione della domanda di definizione a titolo di riscossione provvisoria in pendenza del termine di impugnazione dell’atto ovvero in pendenza del giudizio. Possono essere scomputati tutti gli importi di spettanza dell’Agenzia delle entrate pagati, in particolare, a titolo provvisorio per tributi, sanzioni amministrative, interessi, sempre che siano ancora in contestazione nella lite che si intende definire”.
In chiusura l’Agenzia delle Entrate sottolinea che, in ogni caso, le somme versate, a qualsiasi titolo, in misura eccedente rispetto a quanto dovuto per la definizione della controversia, restano definitivamente acquisite all’Erario e non sono quindi rimborsabili.
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: Pace fiscale liti pendenti: non dovute le somme versate per il ravvedimento