Operazioni oggettivamente inesistenti: la prova contraria del contribuente deve essere rafforzata

Emiliano Marvulli - Imposte

Operazioni oggettivamente inesistenti: costi indeducibili in quanto non inerenti, al contribuente l'onere della prova contraria su inerenza, sussistenza e ammontare degli importi contestati. E non bastano fattura, scritture contabili e mezzi di pagamento. Lo stabilisce la Corte di Cassazione con l'Ordinanza numero 20060 del 21 giugno 2022.

Operazioni oggettivamente inesistenti: la prova contraria del contribuente deve essere rafforzata

Nel caso di operazioni in cui è oggettivamente inesistente il rapporto sottostante, i costi sono indeducibili per difetto di inerenza. Spetta al contribuente fornire la prova contraria circa l’inerenza, la sussistenza e l’ammontare dei costi contestati.

La prova non può tuttavia limitarsi all’esibizione della fattura o della sola dimostrazione della regolarità formale delle scritture contabili o dei mezzi di pagamento adoperati, i quali vengono normalmente utilizzati proprio allo scopo di far apparire reale un’operazione fittizia.

Queste le indicazioni contenute nell’Ordinanza della Corte di Cassazione n. 20060 del 21 giugno 2022.

La sentenza - Il procedimento ha ad oggetto il ricorso avverso l’avviso di accertamento con cui l’Agenzia dell’entrate ha rettificato la dichiarazione del contribuente ai fini dell’IPERF, IRAP e IVA, riscontrando indebite deduzioni e detrazioni per difetto di inerenza.

La CTR, in linea con la decisione di primo grado, ha respinto l’appello del contribuente rilevando che l’Amministrazione finanziaria avesse correttamente ritenuto indeducibili alcuni costi e non inerenti altri, a fronte della genericità delle fatture allegate a conforto e in assenza di valida prova di segno contrario da parte del contribuente.

Avverso la sentenza questi ha proposto ricorso per cassazione, lamentando l’erroneità della sentenza della C.T.R. La Corte di cassazione, ritenendo infondato i motivi addotti dal contribuente, ha rigettato il ricorso.

Nella sentenza in commento i giudici di legittimità richiamano un principio oramai consolidato in materia di deducibilità dei costi d’impresa.

A parere del Collegio la circostanza che i costi derivino da una attività diversa ed ulteriore rispetto a quella propria d’impresa, come avviene in caso di operazioni oggettivamente inesistenti per mancanza del rapporto sottostante, comporta il venir meno dell’indefettibile requisito dell’inerenza tra i costi medesimi e l’attività imprenditoriale.

Dal lato probatorio è onere del contribuente provare l’inerenza dei costi oggetto di contestazione, al pari dell’effettiva sussistenza e del preciso ammontare dei costi medesimi.

Detta prova non può, peraltro, consistere nella esibizione della fattura, in quanto espressione cartolare di operazioni commerciali mai realizzate, né nella sola dimostrazione della regolarità formale delle scritture contabili o dei mezzi di pagamento adoperati, i quali vengono normalmente utilizzati proprio allo scopo di far apparire reale un’operazione fittizia.

Nel caso di specie i giudici di merito hanno confermato la posizione dell’Ufficio finanziario che disconosciuto la deduzione di alcuni costi, non solo sulla base della irregolarità delle fatture ma anche di ulteriori elementi in fatto ritenuti sintomatici dell’inesistenza oggettiva delle operazioni quale, ad esempio, la sottoscrizione del contratto comprovante il rapporto sottostante, ad opera del solo contribuente, nelle due vesti di socio accomandatario della Società fornente la prestazione e di professionista che avrebbe dovuto fruire della stessa, e privo, comunque di data certa.

A fronte di tali contestazioni il contribuente non è stato in grado di fornire idonea prova contraria essendosi limitato a produrre i documenti contabili e a dimostrare la correttezza formale della contabilità e dei mezzi di pagamento.

Da qui il rigetto del ricorso con condanna alla refusione delle spese a carico del contribuente.

Corte di Cassazione - Ordinanza numero 20060 del 21 giugno 2022
Il testo dell’Ordinanza della Corte di Cassazione numero 20060 del 21 giugno 2022

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