Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione si sono espresse in tema di notificazioni degli atti processuali e, in particolare, sulla questione degli effetti del cambio di domicilio del procuratore
La Corte di Cassazione, con l’Ordinanza n. 33279 del 2023, ha chiarito alcuni aspetti processuali in tema di notifica dell’atto di appello.
Nel caso di specie, nell’ambito di una controversia avente ad oggetto l’impugnazione di un provvedimento di diniego di rimborso di eccedenza IVA, la Commissione Tributaria Regionale aveva dichiarato inammissibile l’appello perché proposto tardivamente, ovvero oltre termine di sessanta giorni dalla data di notifica della sentenza di primo grado.
Sostenevano, al riguardo, i giudici di secondo grado che l’Agenzia delle entrate aveva provveduto a notificare tempestivamente l’appello al legale rappresentante della società contribuente, ma non al difensore domiciliatario, a cui la notifica era stata effettuata correttamente, ovvero presso l’indirizzo del nuovo studio legale, soltanto con atto successivo ai detti 60 giorni, posto che la precedente notifica, spedita questa sì tempestivamente, era stata indirizzata al vecchio indirizzo del difensore e, pertanto, il plico non era stato recapitato.
Notifica appello e modifica del domicilio: il caso di specie
Avverso tale statuizione l’Agenzia delle entrate proponeva infine ricorso per cassazione, deducendo che la Commissione Tributaria Regionale aveva in realtà errato nel ritenere tardiva la notifica dell’appello effettuata al difensore della società contribuente, avendo omesso di considerare che l’Agenzia appellante aveva prontamente ripreso il procedimento notificatorio una volta conosciuto l’esito negativo della prima notifica, effettuata presso l’indirizzo del vecchio studio legale del difensore, comunque corrispondente al domicilio fiscale dello stesso e, quindi, ad esso riconducibile.
In ogni caso poi, rilevava l’Amministrazione finanziaria, la costituzione in giudizio della parte appellata aveva sanato la eventuale nullità della notifica.
Con un secondo motivo di impugnazione l’Agenzia deduceva poi il diverso profilo della validità della notifica alla parte personalmente, sostenendo la ricorrente che la CTR ne aveva erroneamente dichiarato inammissibile l’appello perché tardivo, omettendo però di considerare la tempestività e regolarità della notifica dell’atto effettuata a mani proprie del rappresentante legale della società contribuente, da considerarsi valida anche in presenza di elezione di domicilio.
Secondo la Suprema Corte la prima censura era infondata.
Evidenziano i giudici di legittimità che la notificazione dell’appello effettuata al procuratore domiciliatario mediante consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario l’ultimo giorno utile, senza che il notificante si sia accertato del cambio di domicilio del predetto procuratore, nel caso in cui quest’ultimo appartenga alla stessa circoscrizione del notificante implica che l’eventuale difetto della notificazione sia imputabile allo stesso notificante, che non ha assolto al suo onere di diligente e preventivo controllo dell’albo professionale, con conseguente inammissibilità dell’appello tardivamente proposto.
La legge professionale impone infatti al procuratore di comunicare i successivi mutamenti del proprio domicilio solo nel caso di svolgimento di attività difensiva al di fuori del proprio distretto, mentre, in ambito locale, le esigenze processuali riconnesse alla conoscenza del domicilio del procuratore sono soddisfatte dalle relative annotazioni nell’albo professionale (cfr., Cass. n. 26189 del 19/12/2016; Cass. n. 28712 del 30/11/2017), non potendo quindi operare, in questi casi, il principio espresso dalle Sezioni unite nella sentenza n. 14594 del 2016 della conservazione degli effetti collegati alla originaria notificazione ove il processo notificatorio sia riattivato con immediatezza, e difettando appunto il requisito della non imputabilità alla parte dell’invalidità della prima notifica.
Secondo la Cassazione era invece fondato il secondo motivo di ricorso.
Rileva a tal proposito la Suprema Corte che nel caso di specie era indubbio, per averlo accertato la stessa CTR, che l’appello era stato notificato oltre che alla società contribuente anche al legale rappresentante della stessa e che quest’ultima notifica era effettivamente andata a buon fine, essendo stato il plico consegnato a mani proprie del destinatario.
Al riguardo, afferma la Cassazione, deve del resto ricordarsi che "per notifica a mani proprie nei confronti di una persona giuridica deve infatti intendersi solo quella effettuata a mani del legale rappresentante (Cass. 11175/04, 4785/07); egli pertanto, in quanto legale rappresentante, è legittimamente destinatario degli atti diretti, quale notificatario, alla società rappresentata, senza che sia necessario previo tentativo di notifica degli stessi presso la sede della società" (Cass., n. 33430 del 2018).
Doveva quindi trovare applicazione l’orientamento di legittimità in base al quale (cfr., Cass. n. 25473 del 2016 e Cass. n. 34450 del 2022) nel processo tributario la notifica dell’atto di appello effettuata alla parte personalmente, e non al suo procuratore nel domicilio dichiarato o eletto, non produce l’inesistenza, ma la nullità della notifica stessa, della quale deve essere pertanto disposta, “ex officio”, la rinnovazione ai sensi dell’art. 291 c.p.c.; salvo che la parte intimata non si sia costituita in giudizio, ipotesi nella quale la nullità deve ritenersi sanata “ex tunc”, secondo il principio generale dettato dall’art. 156 c.p.c., comma 2 (cfr., Cass. 1156/2008 e 2707/2014).
In definitiva, nella specie, la Commissione Tributaria Regionale avrebbe dovuto considerare e valorizzare la notifica dell’appello effettuata a mani proprie della parte e, stante la regolare costituzione in giudizio di quest’ultima, che sanava comunque, con effetti ex tunc, la nullità della notifica in tal modo effettuata, avrebbe dovuto procedere all’esame nel merito della causa.
Notifica appello e modifica del domicilio: il parere della Corte di Cassazione
A prescindere dallo specifico caso processuale, in termini più generali, sulla questione degli effetti del cambio di domicilio del difensore, giova infine comunque evidenziare quanto segue.
A partire dalle due sentenze delle Sezioni Unite, 18 febbraio 2009, n. 3818 e 24 luglio 2009, n. 17352, emerge con chiarezza che l’obbligo del procuratore di eleggere un domicilio e di comunicarne i successivi mutamenti è previsto dalla legge professionale soltanto nel caso di svolgimento dell’attività difensiva al di fuori della circoscrizione di assegnazione.
In ambito locale, invece, le annotazioni previste nell’albo professionale sono sufficienti a soddisfare le esigenze processuali di conoscenza del domicilio del procuratore. E ciò in quanto sussiste a carico delle parti un onere di diligenza circa l’effettività del domicilio del difensore al quale viene indirizzato l’atto di impugnazione; onere al quale corrisponde l’assunzione da parte del notificante del rischio dell’esito negativo della notifica richiesta in un domicilio diverso da quello effettivo (così Cass., n. 3818 del 2009).
In altre parole, l’adempimento del suddetto onere di diligenza fa sì che il controllo dell’albo professionale sia sufficiente a garantire la corretta individuazione del domicilio, anche in caso di mutamenti, in relazione ai difensori iscritti all’albo del Tribunale davanti al quale si svolge la causa, mentre può non essere sufficiente in caso di parte che è assistita da difensore esterno al circondario di quel Tribunale, il quale ha la facoltà di scelta nell’elezione di domicilio e, di conseguenza, l’obbligo di comunicarne i relativi mutamenti, che la controparte non potrebbe conoscere tramite l’albo professionale.
E, del resto, la Cassazione ha peraltro anche affermato, da tempo che in tali casi è tempestiva la notifica dell’atto di appello, che, tentata in pendenza del termine per impugnare, non sia andata a buon fine per cause indipendenti dalla volontà del notificante, e sia stata da questi tempestivamente rinnovata, a nulla rilevando che la seconda notifica si sia perfezionata dopo lo spirare del termine per l’impugnazione (cfr., Cass., n.3356/2014).
In caso di notifica di atti processuali non andata a buon fine per ragioni non imputabili al notificante, quindi, questi, appreso dell’esito negativo, per conservare gli effetti collegati alla richiesta originaria deve riattivare il processo notificatorio entro un termine ragionevolmente contenuto, tenuti presenti i tempi necessari, secondo la comune diligenza, per conoscere l’esito negativo della notificazione e per assumere le ulteriori informazioni conseguentemente necessarie (cfr., Cass., n. 16943/2018).
Le Sezioni unite hanno infine a tal proposito chiarito che:
"in tema di notificazioni degli atti processuali, qualora la notificazione dell’atto, da effettuarsi entro un termine perentorio, non si concluda positivamente per circostanze non imputabili al richiedente, questi ha la facoltà e l’onere - anche alla luce del principio della ragionevole durata del processo, atteso che la richiesta di un provvedimento giudiziale comporterebbe un allungamento dei tempi del giudizio - di richiedere all’ufficiale giudiziario la ripresa del procedimento notificatorio, e, ai fini del rispetto del termine, la conseguente notificazione avrà effetto dalla data iniziale di attivazione del procedimento, semprechè la ripresa del medesimo sia intervenuta entro un termine ragionevolmente contenuto, tenuti presenti i tempi necessari secondo la comune diligenza per conoscere l’esito negativo della notificazione e per assumere le informazioni ulteriori conseguentemente necessarie" (Cass., Sez. U., n. 17352/09; conf., Cass., n. 18074/12).
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