L'assenza del presupposto IRAP a carico dei professionisti al centro della Sentenza numero 3640 del 2024 della Corta di Cassazione
La Corte di Cassazione, con la Sentenza n. 3640 del 2024, ha chiarito un caso in cui viene a mancare il presupposto IRAP a carico dei professionisti.
Nella specie, il contribuente aveva presentato istanza di rimborso dell’IRAP versata per i periodi d’imposta 2012, 2013 e 2014, deducendo di avere svolto, negli anni in questione, la propria attività professionale di revisore contabile nell’ambito della più ampia struttura organizzativa, costituita da una società di revisione che era il suo unico committente e da cui proveniva pertanto tutto il reddito professionale da lui dichiarato.
Presupposto IRAP sotto la lente di ingrandimento della Corte di Cassazione
Nell’espletamento degli incarichi di revisione che gli venivano assegnati il professionista svolgeva del resto l’attività in assenza di una propria autonoma organizzazione, non sussistendo quindi, a suo avviso, il presupposto impositivo di cui all’art. 2 del d.lgs. 15 dicembre 1997, n. 446.
A fronte di tale istanza l’Ufficio notificava al contribuente tre espressi provvedimenti di diniego.
Proposti, separati ricorsi dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale, questa, previa riunione degli stessi, li rigettava, con sentenza poi riformata dalla Commissione Tributaria Regionale, la quale accoglieva l’appello.
Avverso tale ultima sentenza l’Agenzia delle Entrate proponeva infine ricorso per cassazione, deducendo, per quanto di interesse, la violazione dell’art. 2 del d.lgs. n. 446/1997, nonché degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ. e 2697 cod. civ., e rilevando, in particolare, che, trattandosi di richiesta di rimborso, sarebbe stato onere del contribuente provare l’assenza del presupposto impositivo dell’autonoma organizzazione.
Sosteneva inoltre l’Ufficio che, nel caso di specie, la Commissione Tributaria Regionale aveva erroneamente negato la sussistenza, in capo al contribuente, di una posizione di “responsabilità” con riferimento alla struttura della società di revisione, sulla base della mera considerazione che tale struttura era stata organizzata da altri; e ciò in contrasto con l’orientamento giurisprudenziale prevalente, secondo cui la formale riferibilità della struttura organizzativa alla società, di cui il professionista sia socio, non osta, di per sé, alla qualificazione del professionista come “responsabile” dell’organizzazione e alla sua conseguente soggezione all’IRAP.
Secondo la Suprema Corte il ricorso era infondato.
Evidenziano i giudici di legittimità che la CTR aveva accolto l’appello non già sulla base della mancata dimostrazione, da parte dell’Ufficio, della presenza di una “autonoma organizzazione” in capo al contribuente, ma, sulla base degli elementi probatori prodotti da quest’ultimo, che dimostrava l’insussistenza di tale presupposto impositivo.
I giudici di secondo grado, infatti, analizzati gli atti e documenti prodotti dal contribuente, avevano accertato che lo stesso era stabilmente inserito nell’organizzazione aziendale della società di revisione, rilevando altresì che non “può dirsi integrato il requisito di autonoma organizzazione per il solo fatto di potersi avvalere della struttura e delle risorse umane della società di revisione”.
Il riconoscimento del rimborso, quindi, si fondava non già sull’affermazione del mancato assolvimento, da parte dell’Ufficio, di un onere probatorio di cui esso sarebbe stato gravato (relativo alla dimostrazione del presupposto impositivo), ma sul positivo accertamento – peraltro insindacabile in sede di legittimità – circa la sussistenza del diritto al rimborso, stante l’assenza del presupposto impositivo, come dimostrato dal contribuente.
In ogni caso, rileva la Cassazione, come affermato dalle Sezioni Unite (Cass. 10 maggio 2016, n. 9451), il requisito dell’autonoma organizzazione di cui all’art. 2 del d.lgs. n. 446/1997, quale presupposto impositivo dell’IRAP, ricorre solo quando il contribuente:
- sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse;
- impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui che superi la soglia dell’impiego di un collaboratore che esplichi di segreteria ovvero meramente esecutive.
Affinché un lavoratore autonomo sia assoggettato ad IRAP è dunque necessario non solo che egli sia inserito in una autonoma organizzazione, ma anche che egli sia il titolare di questa organizzazione e ne sia dunque responsabile (cfr., Cass., 16 giugno 2022, n. 19397).
Nella fattispecie in esame era invece incontroverso che il contribuente, pur essendo un lavoratore autonomo, non occupasse alcun collaboratore alle proprie dipendenze e, quanto ai beni strumentali, non disponesse di una propria organizzazione, essendo invece inserito stabilmente in una organizzazione facente capo ad un distinto soggetto giuridico, e cioè la società di revisione, che ne era l’unica responsabile organizzativa.
A nulla rilevava, pertanto, che il contribuente si avvalesse di tale organizzazione e coordinasse anche un team di collaboratori, in quanto ciò che rilevava ai fini dell’assoggettabilità all’IRAP era solo che egli fosse il titolare ed il responsabile di tale organizzazione.
La Cassazione, con specifico riguardo alla fattispecie nella quale l’attività dell’eventuale soggetto passivo dell’imposizione viene espletata a favore di un soggetto terzo già dotato di una propria struttura organizzativa e deve coordinarsi con quest’ultima, ha del resto già più volte elaborato il principio generale in forza del quale non è sufficiente che il lavoratore si avvalga di una struttura organizzata, essendo anche necessario che questa struttura sia “autonoma”, cioè faccia capo al lavoratore stesso, non solo ai fini operativi, bensì anche sotto i profili organizzativi (v. Cass. 13 giugno 2012, n. 9692).
Tale principio, nello specifico, ha poi trovato plurime attuazioni in tema di professionisti che svolgano, in tutto o in parte, la propria attività per società di revisione e di consulenza (cfr., Cass. 25 luglio 2023, n. 22266; Cass. 5 maggio 2023, n. 11924; Cass. 28 aprile 2023, n. 11238; Cass. 16 giugno 2022, n. 19397; Cass. 28 aprile 2021, n. 11140).
Rileva infine ancora la Corte che era irrilevante anche la circostanza che il contribuente detenesse una quota di partecipazione nel capitale sociale della società di revisione, dato che la titolarità e la responsabilità di tale autonoma organizzazione faceva comunque capo ad un soggetto diverso.
Mancanza del presupposto IRAP in caso di professionista socio di società: il parere della Cassazione
A prescindere dallo specifico caso processuale, si evidenzia che la pronuncia è solo l’ultima di un filone ormai consistente, laddove, ad esempio, Cass. n. 18260/2023 ha evidenziato che imputare direttamente al professionista l’organizzazione predisposta dalla società, di cui il primo si avvale nell’esercizio della sua attività a favore della seconda, ridurrebbe quest’ultima sistematicamente a mera interposta fittizia nell’erogazione dei servizi professionali, contrariamente al ruolo riconosciuto alle società quali soggetti di diritto, dotati di autonoma capacità decisionale ed operativa, ai quali è imputato l’esercizio di una impresa, o, comunque, di un’attività economica organizzata in forma collettiva; facendone conseguire che nelle fattispecie come quella che qui viene in rilievo non è il professionista, ma la società, come ente giuridico distinto dalla persona fisica che presta per essa la sua attività lavorativa, ad integrare il presupposto oggettivo dell’autonoma organizzazione, rilevante ai fini IRAP.
Considerazione tanto più valida ove l’attività del professionista sia tutta svolta a favore della società.
Si evidenzia in ogni caso che, nel caso in cui il professionista svolga anche altre attività a favore di altri soggetti, quali ad esempio quelle di revisore, sindaco, amministratore etc, soprattutto in caso di richiesta di rimborso con conseguente onere della prova in capo al contribuente, egli deve comunque dimostrare quale porzione dei ricavi non possa eventualmente essere assoggettata ad Irap, perché riferita in via esclusiva alla attività della società di revisione, e quale parte degli stessi debba, invece, essere sottoposta al prelievo fiscale Irap perché magari riferita alla sua ordinaria attività di professionista.
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