Il professionista che presta la sua attività esclusivamente in favore di una società di consulenza non deve corrispondere l'Irap. Per la rilevanza ai fini dell'imposta è la società, come ente giuridico distinto dalla persona fisica che svolge l'attività lavorativa, ad integrare il presupposto oggettivo dell’autonoma organizzazione
Il professionista che presta la sua attività esclusivamente in favore di una società di consulenza, della cui organizzazione e dei cui mezzi si avvale, non è soggetto all’Irap.
Infatti, non è il professionista, ma la società, come ente giuridico distinto dalla persona fisica che presta per essa la sua attività lavorativa, ad integrare il presupposto oggettivo dell’autonoma organizzazione, rilevante ai fini Irap.
Affermare il contrario ridurrebbe la società cliente ad una entità meramente interposta nell’erogazione dei servizi professionali. Sono queste le interessanti precisazioni contenute nell’Ordinanza della Corte di Cassazione n. 18260, pubblicata il 27 giugno 2023.
La sentenza della Corte di Cassazione
La vicenda ruota attorno al mancato riconoscimento di un rimborso dell’IRAP, versata da un dottore commercialista per le annualità dal 2012 al 2015, per difetto del requisito dell’autonoma organizzazione.
Avverso il silenzio rifiuto formatosi sull’istanza, il professionista ha proposto ricorso alla C.T. Prov., deducendo di svolgere la propria attività professionale a favore di un solo cliente, nello specifico una società di consulenza, della quale egli era socio e prestatore d’opera, nell’ambito della struttura organizzativa messa a disposizione dalla stessa società.
Ritenendo, dunque, di non essere soggetto all’Irap, chiese l’integrale rimborso delle somme versate.
A seguito del rigetto del ricorso, il contribuente ha proposto appello in CTR la quale, in riforma della sentenza di primo grado, aveva dato ragione al professionista statuendo che non erano assoggettabili ad Irap i proventi che i lavoratori autonomi percepiscono come compenso per le attività svolte all’interno di una struttura organizzata da altri.
La controversia è giunta dinanzi alla Corte di cassazione perché l’Agenzia delle entrate ha impugnato la sentenza d’appello. La parte pubblica ha censurato la sentenza della CTR nella parte in cui ha ritenuto che il solo fatto che l’elemento organizzativo di persone e capitali fosse formalmente imputabile ad una società terza escludesse la necessità di indagare il rapporto (ruolo e influenza) tra il socio, odierno contribuente, e la compagine sociale, allo scopo di verificare la sostanziale imputabilità al contribuente persona fisica l’assetto organizzativo, formalmente imputabile all’ente societario.
La Corte di cassazione ha ritenuto infondato il motivo di doglianza.
La Corte di cassazione ha ribadito il principio, che deve dirsi oramai consolidato, per cui il professionista che presta la sua attività esclusivamente in favore di una società di consulenza, della cui organizzazione e dei cui mezzi si avvale, non è soggetto all’Irap (cfr. in tal senso Cass., n. 17566/2016 e Cass. n. 19397/2022).
Peraltro, imputare direttamente al professionista l’organizzazione predisposta dalla società, di cui il primo si avvale nell’esercizio della sua attività a favore della seconda, ridurrebbe quest’ultima sistematicamente a mera interposta fittizia nell’erogazione dei servizi professionali, contrariamente al ruolo riconosciuto alle società quali soggetti di diritto, dotati di autonoma capacità decisionale ed operativa, ai quali è imputato l’esercizio di una impresa o, comunque, di un’attività economica organizzata in forma collettiva.
Nel caso di specie non è il professionista, ma la società, come ente giuridico distinto dalla persona fisica che presta per essa la sua attività lavorativa, ad integrare il presupposto oggettivo dell’autonoma organizzazione, rilevante ai fini Irap.
Né ha rilevanza il fatto che, negli anni d’imposta di cui si controverte, il contribuente rivestisse la carica di presidente della società, in quanto tale carica non vale a rendere chi la ricopre “dominus della società” fino al punto da fare di quest’ultima un mero schermo nell’esercizio dell’attività professionale.
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: Il consulente con un solo cliente non paga l’IRAP