La fattura per il recupero dei maggiori costi sostenuti per la mancata esecuzione della prestazione pattuita costituisce un recupero di costi. Il pagamento configura una penalità per inadempimento ed è escluso dall'IVA
La fattura emessa dal committente per il recupero dei maggiori costi sostenuti a fronte della mancata esecuzione della prestazione pattuita non costituisce una prestazione di servizi, ma un recupero di costi correlato ad un inadempimento del contratto stesso.
Il pagamento effettuato, in quanto slegato dall’adempimento in senso tecnico di una prestazione contrattuale, configura una “penalità per inadempimento” e, in quanto tale, non concorre a determinare la base imponibile IVA ex art. 15 co. 1 n. 1) del DPR 633/72.
Così ha deciso la Corte di cassazione con l’Ordinanza n. 7380 del 2024.
“Penalità per inadempimento” e trattamento IVA sotto la lente di ingrandimento
Nella presente controversia la Società A, in qualità di prestatore, aveva stipulato due contratti con una società committente (Società B), impegnandosi a eseguire lavori di assiematura, saldatura, movimentazione e carico di paratoie.
La Società B addebitava con fattura alla Società A costi, più IVA, con causale “Addebito costi da noi sostenuti per lavorazioni affidatevi da Voi non eseguite”.
La Società A chiedeva il rimborso dell’IVA pagata sulla fattura sopra esposta, emessa dalla Società B. Con provvedimento espresso, l’Ufficio denegava il rimborso chiesto in dichiarazione, sulla base del rilievo che la fattura non dà diritto alla detrazione dell’IVA, in quanto non è relativa a cessioni di beni o prestazioni di servizi e quindi non ricorre il presupposto oggettivo indicato dagli artt. 2 e 3 del DPR 633/72.
Avverso il provvedimento di diniego del rimborso IVA, la Società A proponeva ricorso, che veniva respinto dalla CTP. La CTR accoglieva l’appello della contribuente, ritenendo che l’importo esposto non potesse essere qualificato come “penalità per inadempimento”, dichiarando dovuto il rimborso richiesto.
Avverso tale decisione l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione assumendo violazione dell’art. 15 co. 1 n. 1 del DPR 633/72, per avere la CTR ritenuto erroneamente la rimborsabilità dell’IVA, ancorché i lavori fossero stati effettuati non in “dipendenza di un contratto d’opera o d’appalto”, come richiede la normativa, ma proprio a causa dell’inadempimento di tale contratto.
La Corte di cassazione ha ritenuto fondato il motivo di doglianza e ha accolto il ricorso proposto dall’Agenzia delle Entrate.
Le conclusioni della Corte di Cassazione
Nella decisione in commento non ci si trova al cospetto di prestazioni di servizi dipendenti da contratti d’opera ovvero appalto di cui all’art. 3 del DPR n. 633 del 1972, a mente del quale “Costituiscono prestazioni di servizi le prestazioni verso corrispettivo dipendenti da contratti d’opera, appalto, trasporto, mandato, spedizione, agenzia, mediazione, deposito e in genere da obbligazioni di fare, di non fare e di permettere quale ne sia la fonte”. Nella specie, infatti, si tratta di un recupero di costi incontrovertibilmente correlato ad un inadempimento dei contratti stessi.
Le lavorazioni elencate nella fattura emessa dalla Società B sono state, infatti, effettuate, diversamente da quanto pattuito fra le parti, non dal soggetto contrattualmente obbligato, bensì dal committente.
La fattura si colloca al di fuori dell’alveo contrattuale, dal momento che, non avendo il prestatore posto in essere determinate prestazioni che avrebbe dovuto eseguire in virtù dei patti negoziali stipulati inter partes, la committente ha dovuto sostenere dei costi aggiuntivi a causa dell’inadempimento subito, ricorrendo a terzi per definizione estranei ai contratti intercorsi fra le pari, limitandosi a chiedere successivamente alla controparte inadempiente il ristoro delle spese occorse.
Per il disposto dell’art. 15 del DPR 26 ottobre 1972 n. 633 non concorrono a formare la base imponibile dell’IVA - che consegue alla cessione dei beni e alla prestazione dei servizi - le somme dovute a titolo di risarcimento del danno nonché a titolo di interessi moratori, penalità per ritardi o altre irregolarità nell’adempimento degli obblighi contrattuali.
La Corte di cassazione ha chiarito che il pagamento effettuato dalla ricorrente, in quanto slegato, in definitiva, dall’adempimento in senso tecnico di una prestazione contrattuale, si iscrive a chiaro titolo entro il paradigma della “penalità per inadempimento”.
Emerge, infatti, che con la fattura summenzionata la committente non abbia fatturato una prestazione contrattuale, bensì richiesto un risarcimento danni correlato alla misura dei lavori non eseguiti - di contro - dalla appaltatrice.
La circostanza che i pagamenti eseguiti dalla società committente per colmare la mancata esecuzione di prestazioni contrattuali da parte del prestatore siano stati regolarmente fatturati, che l’IVA dovuta sia stata pagata dalla committente e che, in quanto tale, fosse in linea di principio detraibile non muta il quadro compendiato.
L’IVA costituisce, infatti, soltanto una voce di specificazione delle spese sostenute dalla committente e non muta la connotazione risarcitoria dell’importo complessivamente fatturato nei confronti dell’appaltatrice.
Pertanto, l’appaltatrice inadempiente al più sarebbe stata, in linea di principio, facoltizzata in sede civile a contraddire nei confronti della committente la debenza dell’IVA, incaricandosi di provare la circostanza dell’avvenuta detrazione (detraibilità) da parte di quest’ultima dell’IVA passiva pagata al terzo in relazione ai lavori.
Da qui la fondatezza del motivo di doglianza e il conseguente accoglimento del ricorso proposto dalla Parte Pubblica.
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: Escluse da IVA le “penalità per inadempimento”