L’IVA in Italia è al 22 per cento, ma quanto si paga nel resto d’Europa?

Con un'aliquota IVA del 22 per cento l'Italia si posiziona nel mezzo: nel resto d'Europa l'imposizione sui beni e i servizi parte dall'8,1 per cento della Svizzera e arriva al 27 per cento dell'Ungheria

L'IVA in Italia è al 22 per cento, ma quanto si paga nel resto d'Europa?

Paese che vai, IVA che trovi: sebbene l’imposta sul valore aggiunto sia regolata a livello comunitario, anche tra i paesi UE non c’è un prelievo omogeneo sui beni e sui servizi, e passando a rassegna tutto il continente sulle aliquote applicate ci sono differenze che sfiorano i 20 punti percentuali.

A scattare una fotografia aggiornata con le ultime novità in vigore dal 2025 è la Tax Foundation.

Come funziona l’IVA in Italia? Le aliquote vanno dal 4 a 22 per cento

Introdotta in Italia più di mezzo secolo fa proprio per adeguare il sistema tributario italiano a quello degli altri Stati membri della Comunità Europea, l’IVA è regolata dal DPR n. 633/1972 ed è l’imposta sul valore che si applica sulle cessioni di beni e sulle prestazioni di servizi e sulle importazioni da chiunque effettuate.

Le regole devono corrispondere agli standard fissati a livello europeo. E infatti una parte delle entrate che derivano dall’IVA viene poi versata dagli Stati membri nel bacino delle risorse proprie dell’UE, che sono una delle fonti di finanziamento.

Semplificando, dal punto di vista pratico il peso dell’imposta grava sul consumatore finale, ma è invisibile perché è inclusa nel prezzo pagato da chi acquista e viene versata allo Stato da chi vende.

In questo mezzo secolo di vita, l’aliquota IVA è quasi raddoppiata, passando dal 12 per cento del debutto al 22 per cento in vigore dal 1° gennaio 2013 con delle eccezioni che riguardano particolari tipologie di beni e servizi.

Attualmente le aliquote sono quattro in Italia: alla percentuale standard si aggiungono quelle agevolate al 4, 5 e 10 per cento con una classificazione riassunta in tabella che, da sempre, fa discutere.

Aliquote IVAClassificazione
4 per cento IVA sui generi di prima necessità
5 per cento IVA su prestazioni sociali, sanitarie ed educative delle cooperative sociali
10 per cento IVA su servizi turistici, alimentari ed edili
22 per cento IVA da applicare in tutti i casi non rientranti nelle prime tre aliquote

Se l’acqua in bottiglia, infatti, sconta l’aliquota più alta, al basilico e addirittura ai tartufi si applica quella più bassa del 5 per cento.

Al 10 per cento è, invece, l’IVA su assorbenti e prodotti per l’igiene femminile, raddoppiata dal 2023 al 2024 dopo un anno al 5 per cento, nonostante il dibattito aperto sulla tampon tax e sulla necessità di neutralizzare questa imposta su beni così essenziali.

Come funziona l’IVA nel resto d’Europa?

Ma cosa succede nel resto d’Europa? Il panorama delle aliquote IVA è variegato, non solo all’interno dei singoli paesi, tra percentuale standard e agevolazioni, ma anche da un paese all’altro, nonostante la linea comune dell’UE.

La Tax Foundation ogni anno scatta una fotografia del Continente e anche per il 2025 ha analizzato le politiche fiscali di 35 paesi.

Da Zurigo a Budapest, in meno di 1.000 chilometri di distanza, si passa dall’aliquota più bassa dell’8,1 per cento a quella più alta pari al 27 per cento.

Con un prelievo minimo, la Svizzera rappresenta una eccezione anche tra i paesi analizzati che non fanno parte dell’Unione Europea: è l’unica, infatti, che applica uno standard minimo inferiore a quello imposto dall’UE che è pari al 15 per cento.

Di fatto anche tra gli Stati membri il prelievo è sempre più alto. Nella maggior parte dei casi, infatti, ai consumatori viene chiesta una percentuale pari o superiore al 20 per cento.

Ma al di là dello standard, anche fuori dall’Italia il paniere dei beni agevolati è sempre in evoluzione. E l’imposta è anche un termometro della società, delle esigenze che cambiano e dei tempi che corrono.

Mentre la Slovacchia incoraggia l’acquisto di alimenti di base e prodotti editoriali dimezzando l’aliquota dal 10 al 5 per cento, in Finlandia dal 1° giugno l’acquisto di caramelle e cioccolato viene scoraggiato con l’aliquota piena del 25,5 per cento. E, come sottolinea la rivista dell’Agenzia delle Entrate Fiscoggi, l’Estonia dal 1° luglio aumenterà l’imposta dal 22 al 24 per cento “con l’obiettivo di reperire risorse per rafforzare la capacità difensiva del paese”.

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