Flat tax nel DEF: entro il 10 aprile il Governo deve presentare al Parlamento il Documento di Economia e Finanza, tra le forze di maggioranza il dibattito è acceso. Come coprire i costi? Nessuna risposta nella discussione.
Flat tax nel DEF: entro il 10 aprile il Governo deve presentare al Parlamento il Documento di Economia e Finanza, tra le forze di maggioranza il dibattito è acceso. Rimandata a domani la discussione sugli ultimi dettagli da inserire, nel braccio di ferro tra una linea più netta e una più morbida da adottare per inserire la tassazione piatta nel sistema fiscale, il premier Giuseppe Conte veste i panni di arbitro.
Ma su un punto importante c’è una linea comune: la strategia per sostenere i costi della flat tax resta fuori dal terreno di scontro. Nelle ultime settimane sono circolate voci discordanti sulle cifre: c’è chi ha parlato di 12-15 miliardi di euro e chi è arrivato a stimare circa 60 miliardi di euro. Anche nell’ipotesi meno dispendiosa, come si coprirebbero i costi stimati?
L’urgenza per le forze di governo non dovrebbe essere quella di trovare un accordo sulla direzione da intraprendere, ma sui mezzi da utilizzare per spostarsi verso la flat tax.
Flat tax nel DEF, quanto costa e come si sostiene la spesa? Temi fuori discussione
La tassazione piatta è uno dei punti del contratto di governo tra Movimento 5 stelle e Lega.
E tutte le forze in campo assicurano: in un modo o nell’altro, l’accordo sarà rispettato.
D’altronde già con la Legge di Bilancio 2019 è Stato fatto un piccolo passo verso la flat tax, con l’introduzione dell’imposta sostitutiva del 15% per professionisti e imprese con ricavi fino a 65.000 euro.
Tuttavia, da un punto di vista tecnico non si è trattato di una novità: di fatto la flat tax attuale rappresenta la mera estensione del regime forfettario introdotto con la Legge numero 190/2014.
Durante Telefisco 2019, il sottosegretario al Ministero dell’Economia e delle Finanze parlava di “Un regime forfettario aggressivo”, e sul futuro affermava:
“Abbiamo deciso di partire con i più deboli, regime dei minimi. Il regime forfettario consentirà di fare tanto PIL a un milione e mezzo di persone. L’anno prossimo sarà l’anno della flat tax per i dipendenti e le persone fisiche, abbassando l’irpef per tutti con una prima aliquota al 20%. Da lì, poi, arriveremo alla flat tax anche per le famiglie.”
Nel testo che ha sancito l’unione delle due forze politiche, al punto 11 dedicato al fisco si legge:
“Il concetto chiave è “flat tax”, ovvero una riforma fiscale caratterizzata dall’introduzione di aliquote fisse, con un sistema di deduzioni per garantire la progressività dell’imposta, in armonia con i principi costituzionali.
In particolare, il nuovo regime fiscale si caratterizza come segue: due aliquote fisse al 15% e al 20% per persone fisiche, partite IVA, imprese e famiglie; per le famiglie è prevista una deduzione fissa di 3.000,00 euro sulla base del reddito familiare.
La finalità è quella di non arrecare alcun svantaggio alle classi a basso reddito, per le quali resta confermato il principio della “no tax area”, nonché in generale di non arrecare alcun trattamento fiscale penalizzante rispetto all’attuale regime fiscale. Una maggiore equità fiscale, dunque, a favore di tutti i contribuenti: famiglie e imprese.
Gli effetti che ne conseguono sono: maggiore risparmio di imposta, maggiore propensione al consumo e agli investimenti, maggiore base imponibile tassabile, grazie anche al recupero dell’elusione, dell’evasione e del fenomeno del mancato pagamento delle imposte.”
Nero su bianco, la ricetta della flat tax è nel contratto di governo. Ma nel testo mancano gli ingredienti per realizzarla. Se una tassazione piatta farà pagare meno tasse ai contribuenti, nelle casse dello Stato ci sarà un buco da coprire.
Nel testo si fa cenno a un inasprimento della lotta all’evasione fiscale, come misura ad adottare “anche in considerazione della drastica riduzione del carico tributario grazie alla flat tax”. Un piccolo aiuto, ma non la soluzione.
Flat tax nel DEF: le clausole di salvaguardia non bastano
Dall’accordo di governo al DEF, si passa dalla teoria alla pratica: se i punti del programma diventano fondamenta di misure reali hanno bisogno di basi concrete su cui ergersi.
E questo è un problema comune a tutte le mosse. Se da un lato c’è la flat tax, infatti, dall’altro c’è il reddito di cittadinanza. E poi c’è quota 100, misure che per gli anni a venire avranno bisogno di nuove coperture.
Il primo banco di prova per l’Italia e per le promesse elettorali da mettere in pratica è stato a dicembre, quando il governo ha ottenuto l’approvazione di Bruxelles sulla Legge di Bilancio solo dopo aver aumentato le clausole di salvaguardia.
Il patto che l’Italia ha stabilito con l’Unione Europea per dare concretezza alle misure inserite nella Manovra ha concesso allo Stato un incremento di 23 miliardi di entrate per il 2020 e di 29 miliardi per il 2021.
Lo Stato dovrà trovare 52 miliardi di euro per evitare che dal prossimo anno l’IVA ridotta arrivi al 13% e quella ordinaria passi dal 22% al 25,2% nel 2020 e al 26,5% nel 2021.
Far quadrare i conti resta un ostacolo, non superato, ma solo aggirato. Senza un piano di copertura dei costi, la flat tax resta distante dalla realtà. Avvicinarla vuol dire rendere sempre più gravosi gli impegni con l’Europa e rendere l’ostacolo insormontabile.
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: Flat tax nel DEF: resta il nodo coperture