La flat tax inserita nella riforma fiscale 2023 non è una buona idea: è un modello di tassazione non adatto a un sistema come quello presente in Italia e i dati che arrivano dai 23 paesi che attualmente lo adottano sembrano indicare un'unica certezza: disparità e disuguaglianza. È questa la posizione della Banca d'Italia espressa durante l'audizione del 18 maggio
La flat tax è uno dei cavalli di battaglia della coalizione di maggioranza e una delle principali novità, da realizzare per gradi, inserita nella riforma fiscale 2023.
I contorni sono ancora molto sfumati ma più volte il Governo ha indicato l’introduzione di un modello di tassazione piatta, da adottare senza tradire totalmente la progressività, come obiettivo da raggiungere nell’ambito del progetto di revisione del sistema tributario.
Secondo la Banca d’Italia, però, appiattire la tassazione non è una buona idea. Il modello non è adatto al sistema italiano e i dati che arrivano dai 23 paesi che lo adottano sembrano indicare un’unica certezza sugli effetti: aumenta disparità e disuguaglianza.
L’analisi è stata presentata dal capo del servizio assistenza e consulenza fiscale della Banca d’Italia, Giacomo Ricotti, durante l’audizione del 18 maggio 2023 presso la Commisisone Finanze della Camera dei Deputati.
La flat tax inserita nella riforma fiscale 2023 non è una buona idea
In linea generale nell’ambito della riforma fiscale 2023, e anche per l’introduzione della flat tax sul fronte dell’imposta sul reddito delle persone fisiche, il primo e fondamentale punto da considerare è la necessità di individuare, “a fronte di qualsiasi riduzione nelle entrate pubbliche” coperture “adeguate, strutturali e credibili”, attualmente una lacuna per il disegno di legge delega al vaglio del Parlamento.
Molti degli interventi previsti, infatti, comporteranno perdite di gettito e solo il superamento dell’IRAP trova un contrappeso in termini di risorse con l’addizionale IRES.
In estrema sintesi e in parole semplici i modelli di tassazione piatta prevedono un calcolo dell’imposta più semplice perché basato su una sola aliquota per tutte e tutti i contribuenti e meno sensibile alle sfumature e alle differenze.
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Attualmente il sistema dell’IRPEF, dell’imposta sul reddito delle persone fisiche, si basa su quattro aliquote diverse per quattro scaglioni di reddito ed è in vigore dal 2022: uno dei primi passi concreti della riforma fiscale 2023 dovrebbe essere proprio quello di un passaggio a tre aliquote.
L’obiettivo più di lungo periodo è una “transizione del sistema verso l’aliquota impositiva unica”.
Ma l’ipotesi di un appiattimento della tassazione non convince la Banca d’Italia che, per fornire il suo parere, si concentra sugli aspetti da considerare qui e ora, nel contesto italiano, e allarga lo sguardo a tutto il mondo, considerando i contesti in cui viene attualmente applicata e quali frutti ha garantito ai paesi che l’hanno introdotta.
Restando con lo sguardo fisso sull’Italia, il progetto di realizzazione della flat tax deve tener conto di alcuni importanti aspetti.
Sarà necessario individuare modalità di copertura dei minori introiti e allo stesso tempo la progressività dovrà essere garantita con un adeguato sistema di detrazioni e deduzioni.
Il progetto di riforma fiscale 2023 prevede anche una revisione delle agevolazioni fiscali, ma si propone di salvaguardare tutte quelle che riguardano la cura dei figli, la proprietà della casa, la salute e l’istruzione, la previdenza complementare, il risparmio energetico e la riduzione del rischio sismico degli edifici.
La scelta che pure è meritevole, come sottolinea la Banca d’Italia, rischia di non garantire alcun guadagno dal punto di vista delle entrate dal momento che le agevolazioni oggetto di salvaguardia sono le più rilevanti in termini di gettito.
Oltre ai dubbi sulle coperture, come evidenziato da Ricotti, ci sono anche altri interrogativi da sciogliere:
“Non è chiaro poi se con l’applicazione della flat tax permarrebbero regimi sostitutivi ad aliquote differenziate, oppure se tutto convergerebbe in un’unica flat tax. Nel primo caso si riproporrebbero i problemi di equità orizzontale già oggi esistenti”.
La flat tax inserita nella riforma fiscale 2023, per l’Italia non funziona: uno sguardo all’estero
In ogni caso, la flat tax delineata dalla riforma fiscale 2023 sarebbe “un unicum tra i sistemi in vigore nelle maggiori economie avanzate”: la tassazione piatta è stata adottata perlopiù da economie in transizione o in via di sviluppo e con caratteristiche particolari:
- una contenuta pressione fiscale, diversamente da ciò che emerge nel contesto italiano;
- sistemi di welfare di dimensione limitata.
Ed è proprio allargando lo sguardo all’estero, ai paesi che hanno sistemi di tassazione piatta, che la Banca d’Italia fa un bilancio dei risultati raggiunti in termini di vantaggi e svantaggi che solitamente si associano alla flat tax.
Solo 23 stati su 225 hanno in vigore un sistema di tassazione generale del reddito delle persone fisiche di tipo piatto, tra questi l’Afghanistan, la Romania, l’Ucraina, la Groenlandia, la Georgia.
Dalla seconda metà degli anni novanta e fino al 2010 c’è stata una diffusione importante della tassazione piatta che è arrivata a contare oltre 40 paesi, tra cui anche la Russia.
Sulla base delle esperienze fatte negli anni dagli altri paesi, la Banca d’Italia passa a rassegna pro e contro che solitamente accendono la discussione sul passaggio a un sistema piatto.
I vantaggi sono diversi secondo i sostenitori:
- crescita economica;
- capacità di autofinanziarsi come conseguenza
- dell’aumento del PIL;
- riduzione dell’evasione fiscale;
- semplificazione.
A fare da contraltare sono gli effetti negativi sulla distribuzione del reddito e sulla disuguaglianza.
“Per quanto riguarda i vantaggi, gli studi effettuati non portano a conclusioni univoche e concordanti. La limitata importanza che in questi paesi già aveva il prelievo sulle persone fisiche rende poco plausibile che cambiamenti nello stesso possano avere avuto effetti considerevoli sull’economia nel suo complesso. È poi comunque difficile isolare causalmente l’effetto delle flat tax da quelli di altre scelte istituzionali e di fattori economici internazionali”.
Anche sul fronte della semplificazione non c’è una garanzia di snellimento del sistema soprattutto se, come nel caso italiano, è necessario preservare un minimo esente e un meccanismo di deduzioni o detrazioni.
Ma c’è un’unica certezza che deriva dall’osservazione dei paesi con la flat tax, secondo la Banca d’Italia:
“Effetti negativi su questi due aspetti (redistribuzione e disuguaglianza) sono stati accertati in alcuni paesi, come la Bulgaria. In altri, come l’Estonia o la Slovacchia, sono stati evitati o attenuati dall’ampliamento di minimi esenti, deduzioni o detrazioni, personali e di spesa, non senza però un costo per l’erario e al prezzo di allontanarsi sensibilmente dal modello base della flat tax”.
Tornando al contesto italiano, il disegno di legge delega non fornisce elementi sufficienti per valutare effettivamente le conseguenze dell’introduzione di un sistema ad aliquota unica sulla progressività e sulla redistribuzione. Di certo il rischio di un peggioramento dell’equità e dell’efficienza del sistema, secondo la Banca d’Italia, esiste.
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: La flat tax inserita nella riforma fiscale 2023 non è una buona idea: le motivazioni le spiega Bankitalia