Il 2021, l'anno “bianco” delle abilitazioni: il Covid ha costretto gli ordini ad adottare misure straordinarie per lo svolgimento delle prove d'esame d'accesso alla professione, dall'impiego di una sola prova orale da remoto alla rimodulazione delle modalità in chiave di distanziamento. Sarà forse questa l'occasione per “svecchiare” dei meccanismi rimasti immutati da decenni?
Tra gli innumerevoli ostacoli che la crisi pandemica ha disseminato sulla strada di chi, proprio nel biennio del Covid, si affaccia al mondo del lavoro ce n’è uno che ha riguardato molti giovani aspiranti professionisti: l’esame di abilitazione.
Perché, a quanto pare, ci ricorderemo del 2021, e in parte anche del 2020, come l’anno “bianco” degli esami di Stato, ovvero quello in cui gli ordini professionali si sono rincorsi per rimodulare la struttura delle prove d’ammissione, sotto l’egida del distanziamento sociale.
La maggior parte di loro ha optato per una sola prova orale da remoto - vedi i commercialisti, gli ingegneri e gli architetti- in sostituzione della combinazione canonica prove scritte e interrogazione.
Poi ci sono i più coraggiosi che, addirittura, hanno tagliato la testa al toro e hanno cancellato proprio l’esame dal calendario 2020-2021, come i nuovi medici chirurghi i quali, anche in considerazione della necessità dei personale sanitario in piena pandemia, sono stati abilitati dopo il solo tirocinio pratico.
Una ricerca di soluzioni che, al netto di qualsiasi critica e rimostranza, di certo è stata l’occasione per gli addetti ai lavori per compiere una riflessione su dei processi che già prima della pandemia si pensava andassero adeguati ai tempi.
C’è da chiedersi, quindi, se per alcune categorie professionali le direttive eccezionali possano essere il punto di partenza per una riforma sistematica e definitiva del procedimento di ammissione all’ordine.
L’anno “bianco” delle abilitazioni professionali: gli esami di Stato ai tempi del Covid
La gara all’ultimo esame ha lasciato indietro alcune categorie, come quella degli avvocati, che nel clima di incertezza generale ha procrastinato a lungo, troppo direbbero i candidati, le prove dell’anno scorso e si è ritrovata a svolgere due sessioni, quella del 2020 e del 2021, nello stesso anno.
Per non parlare delle professioni per cui la corsa non è neppure iniziata: i notai sono fermi al palo da giugno 2020 e il concorso è stato rinviato già tre volte, mentre gli aspiranti consulenti del lavoro, che l’anno scorso si sono cimentati in un orale abilitante, si trovano con un calendario di prove fissato per il prossimo settembre con le modalità convenzionale (due scritti e un orale).
Da una parte i futuri professionisti si devono destreggiare nell’intricato groviglio di regole straordinarie e rinvii dell’all’ultimo secondo dovuti al protrarsi dell’emergenza pandemica, dall’altra i rispettivi ordini hanno dovuto dare “una scossa” a dei meccanismi che da decenni erano rimasti congelati nel tempo. Uno fra tutti: l’esame d’avvocato.
Sono anni che si parla di una revisione strutturale dell’abilitazione alla professione forense, tanto che nel 2012 era stata messa nero su bianco una riforma che, in buona sostanza, escludeva nelle prove scritte i codici commentati, ma che non è mai entrata in vigore. Dopo sette proroghe consecutive la deadline definitiva per le nuove modalità era fissata, guarda un po’, al 2020.
Allora una modifica del genere che, se si guarda ad oggi appare quasi insignificante, aveva tirato su un polverone tale da tradursi in una marcia indietro repentina e in un nulla di fatto.
C’era chi aveva invocato il principio di uguaglianza, paradossalmente da ambo le parti: gli abilitati negli anni precedenti reputavano troppo facile un esame così rivisto, mentre i candidati che rientravano nella riforma si ritenevano sfavoriti. Insomma, emendare anche solo in minima parte l’iter di abilitazione sembrava impossibile.
E poi è arrivato il Covid che ha cambiato le carte in tavola.
Esame avvocato 2021: prove tecniche per una riforma strutturale?
Necessità fa virtù.
Dopo aver rimandato dallo scorso dicembre il primo step, le tre prove scritte, due Ministri della Giustizia di due diversi Governi in successione, in concerto con il Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Avvocati, si sono messi a tavolino e, con una serie di Decreti Ministeriali, l’ultimo pubblicato in Gazzetta lo scorso 14 aprile 2021, hanno ridisegnato un percorso di prove che, in tempo di pace, sembrava intoccabile.
Ecco, quindi, che la tabella di marcia prevede, dal 20 maggio in poi, un primo orale di un’ora da tenersi in videoconferenza in cui il candidato dovrà misurarsi con un caso pratico da commentare di fronte ad una commissione esaminatrice.
Alla fine del colloquio, poi, i commissari lo dichiareranno idoneo o meno a sostenere la seconda prova, sempre orale, che nella pratica resterà pressoché identica. Dettaglio non da poco se si pensa che, con le modalità ordinarie, ci vogliono dai sei ai sette mesi per sapere l’esito degli scritti.
Insomma, sfortunati o no, coloro che hanno sostenuto, e che sosterranno, gli esami di abilitazione in questi ultimi due anni potranno dire di aver fatto parte di un grande esperimento che, almeno per quanto riguarda l’accesso alla professione forense, potrebbe risolvere i problemi di congestione che si presentano regolarmente.
Si pensi, per esempio, che solo per la sessione 2020 i candidati sono più di 26.000.
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: L’anno “bianco” delle abilitazioni professionali: gli esami di Stato ai tempi del Covid