Rileva anche l'edificabilità di fatto del terreno ai fini della plusvalenza da cessione a titolo oneroso di terreni che, in virtù di strumenti urbanistici vigenti, sono suscettibili di utilizzazione edificatori. A stabilirlo è la Corte di Cassazione con l'ordinanza numero 9842 del 26 maggio 2020.
La Corte di Cassazione ha chiarito che ai fini della plusvalenza da cessione a titolo oneroso di terreni che, in virtù di strumenti urbanistici vigenti, sono suscettibili di utilizzazione edificatori rileva anche l’edificabilità di fatto del terreno.
L’edificabilità “di fatto” è equiparabile a quella “di diritto”, pur non essendo (ancora) oggetto di pianificazione urbanistica, perché rappresenta una situazione giuridica oggettiva che influisce sul valore dell’immobile.
Questo il sunto dell’Ordinanza numero 9842 del 26 maggio 2020.
- Corte di Cassazione - Ordinanza numero 9842 del 26 maggio 2020
- L’edificabilità di fatto incide sulla plusvalenza da cessione del terreno.
La decisione – Il ricorso per cassazione è stato proposto dall’Agenzia delle entrate avverso la decisione di CTR di annullare l’avviso di accertamento, notificato ad un contribuente per la ripresa a tassazione ai fini IRPEF relativa alla plusvalenza realizzata a seguito di cessione di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria.
Secondo il giudice di appello la cessione non era assoggettabile al regime fiscale connesso alle plusvalenze, perché il bene era inserito fra le aree sottoposte a vincoli da parte del Piano regolatore generale.
I giudici di legittimità hanno considerato fondata la doglianza dell’Ufficio e accolto il ricorso.
La controversia ruota attorno alla corretta interpretazione dell’art. 67 del TUIR, nel testo applicabile ratione temporis, secondo cui la plusvalenza si realizza nel cedere a titolo oneroso terreni che, in virtù di strumenti urbanistici vigenti, sono “suscettibili di utilizzazione edificatoria”.
Sul tema il Collegio di legittimità è fermo nel ritenere che, ai fini della determinazione della base imponibile:
“L’area edificabile costituisce un genere articolato nelle due specie dell’area edificabile di diritto, così qualificata in un piano urbanistico, e dell’area edificabile di fatto, vale a dire del terreno che, pur non essendo urbanisticamente qualificato, può nondimeno avere una vocazione edificatoria di fatto in quanto sia potenzialmente edificatorio anche al di fuori di una previsione programmatica.
Una siffatta edificabilità non programmata, o fattuale o potenziale, si individua attraverso la constatazione dell’esistenza di taluni fatti indice, come la vicinanza al centro abitato, lo sviluppo edilizio raggiunto dalle zone adiacenti, l’esistenza di servizi pubblici essenziali, la presenza di opere di urbanizzazione primaria, il collegamento con i centri urbani già organizzati, e l’esistenza di qualsiasi altro elemento obbiettivo di incidenza sulla destinazione urbanistica....
Ne deriva che, essendo l’edificabilità di fatto una specie di edificabilità rilevante giuridicamente - perché presa in considerazione dalla legge sia ai fini dell’ICI (D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 2, Comma 1, lett. b), primo periodo, seconda ipotesi) che della determinazione dell’indennità di espropriazione (D.L. 11 luglio 1992, n. 333, art. 5-bis, comma 3, convertito dalla L. 8 agosto 1992, n. 359 e D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, art. 37, comma 5) -, tale va considerata anche ai fini della plusvalenza, trattandosi di un’edificabilità “di diritto”, differenziandosene per il fatto di non essere (ancora) oggetto di pianificazione urbanistica, in quanto l’edificabilità di fatto è una situazione giuridica oggettiva, nella quale può venirsi a trovare un bene immobile e che influisce sul suo valore”.
Allo stesso tempo deve riconoscersi l’imponibilità della plusvalenza tra i redditi diversi tenuto conto della destinazione effettiva dell’area, e ciò quand’anche il terreno ceduto si trovi all’interno di zona vincolata ad un utilizzo meramente pubblicistico, in quanto la potenzialità edificatoria è un elemento oggettivo idoneo ad influenzare il valore dei terreni e rappresenta, pertanto, un indice di capacità contributiva.
Il giudice d’appello non si è attenuto ai summenzionati principi, muovendo dall’erroneo presupposto che i beni ricadenti in zona destinata dal PRG a spazio pubblico non fossero per ciò stesso assoggettati a plusvalenza, in relazione all’esistenza di un vincolo apposto dallo strumento urbanistico a carattere generale.
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