In caso di assenza del lavoratore per infortunio o malattia causati da terzi, l'azienda può richiedere il risarcimento. Le regole del diritto alla rivalsa e i casi in cui può essere esercitato
L’assenza di un lavoratore per infortunio o malattia causati da terzi rappresenta una perdita economica, a causa del mancato utilizzo della prestazione. In pochi sanno che è risarcibile.
Il caso più frequente è il sinistro stradale nel quale il lavoratore può essere coinvolto e che non deve essere necessariamente il solo tragitto cosiddetto “in itinere” casa - lavoro o viceversa.
Una indagine a campione svolta in via breve conferma che una buona parte delle imprese consultate non è a conoscenza del diritto di rivalsa di cui potrebbero beneficiare, anche a mezzo di una semplice richiesta di risarcimento diretto nei confronti della compagnia di assicurazione del responsabile del sinistro cagionato al lavoratore, socio o dipendente che sia.
Come evidenzia il risultato dell’indagine, l’esercizio di questo diritto è scarsamente diffuso per la scarsa conoscenza dello stesso.
Vediamo qui il perché di questo diritto e su cosa si può far valere.
Il diritto di rivalsa dell’azienda per il lavoratore vittima di sinistro
La base di tale diritto risiede nell’art. 2043 del Codice Civile il quale recita:
“qualunque fatto doloso o colposo, che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno.”
Il diritto alla retribuzione del soggetto infortunato è garantito per una quota dalla assicurazioni sociali obbligatorie, restando però a carico dell’impresa diversi residui componenti di costo del personale comunque maturati nel periodo.
Condizioni del diritto alla rivalsa
La rivalsa del datore di lavoro è possibile sia nei casi di infortunio sia nei casi di malattia avvenuti fuori dall’orario di lavoro ed è sempre applicabile quando l’evento è imputabile a responsabile esterno coperto da polizza di assicurazione.
È un diritto che si prescrive a 24 mesi dall’evento ed è esercitabile anche nel caso il lavoratore non sia più socio e/o dipendente dell’azienda.
Da evidenziare l’art. 144 del Codice delle Assicurazioni, secondo il quale:
“il danneggiato per sinistro causato dalla circolazione di un veicolo o di un natante, per i quali vi è obbligo di assicurazione, ha azione diretta per il risarcimento del danno nei confronti dell’impresa di assicurazione del responsabile civile, entro i limiti delle somme per le quali è stata stipulata l’assicurazione”
Non vi è quindi distinzione tra danno diretto od indiretto pertanto qualora il dante causa abbia una copertura assicurativa l’azienda può far valere il proprio diritto direttamente nei confronti della società di assicurazione che tutela l’attore del sinistro.
Come si diceva, il diritto alla rivalsa riguarda anche i sinistri che coinvolgono soci lavoratori.
In tal senso è la Sentenza della Corte di Cassazione n. 15399 del 2002, la quale ritiene possibile agire in rivalsa anche nei confronti del terzo che ha danneggiato il socio di un azienda con conferimento di lavoro a fronte del quale sia prevista una partecipazione agli utili e non una retribuzione.
Le voci di spesa risarcibili
Il danno subito dal datore di lavoro è quantificato sulla base dei costi sostenuti dall’azienda, compresi gli eventuali oneri contributivi e retributivi, al netto di quanto riconosciuto dagli enti previdenziali a storno parziale dell’onere della retribuzione sostenuto finanziariamente dalla azienda e che è possibile riassumere nelle seguenti voci principali:
- la quota di retribuzione differita maturata nel periodo di assenza quali TFR, Tredicesima, Quattordicesima, premi di produzione ecc;
- le giornate di ferie e le ore di permesso maturate nel periodo di assenza;
- la quota di contributi previdenziali ed assistenziali a carico dell’azienda;
- importi che l’imprenditore sarà tenuto comunque a riconoscere al lavoratore anche per il periodo di assenza e dei quali ha diritto ad effettuare una azione di recupero rivolgendosi a chi ha cagionato il danno.
Sono altresì ripetibili le spese sostenute per la sostituzione del lavoratore durante il periodo di assenza forzata, ivi compresi quelli per la ricerca e selezione di una risorsa temporanea.
Sul fatto che il risarcimento non possa essere quantificato sulla mera retribuzione è chiara la Sentenza della Corte di Cassazione Sezioni Unite n. 6132 del 12 novembre 1988 di cui si riportano alcuni estratti utili alla comprensione:
“sul piano della causalità non può fondatamente contestarsi la ricorrenza del necessario nesso eziologico posto che l’azione del terzo, determinando la malattia e quindi l’assenza del lavoratore, comporta per il datore di lavoro l’impossibilità di utilizzare la prestazione lavorativa lasciando senza corrispettivo la retribuzione dovuta per legge o per contratto, che viene così pagata a vuoto”.
Ed ancora la stessa sentenza:
“il valore economico della prestazione mancata, cui va rapportato il danno del datore di lavoro, non è dato esclusivamente dallo stipendio versato direttamente al dipendente ma dal costo complessivo di quella prestazione, costo che nell’ambito del rapporto di lavoro, così come complessivamente strutturato dalla vigente normativa, è rappresentato anche dall’importo dei contributi previdenziali ai quali il datore di lavoro non può sottrarsi”.
Mentre come visto per il lavoratore dipendente la quantificazione del danno è sufficientemente semplice da calcolare per un ufficio paghe con l’ausilio del Consulente del Lavoro di riferimento, nel caso del coinvolgimento in un sinistro di un socio lavoratore si concretizzerà invece il non facile compito di dimostrare e quantificare l’effetto negativo sugli utili del mancato apporto lavorativo del socio coinvolto.
Irap, un costo non risarcibile
Un ultimo aspetto riguarda la questione della rimborsabilità dell’Imposta Regionale sulle attività produttive, ancorché componente di costo del personale oserei dire quasi residuale rispetto al passato.
Su questo punto è da rilevare il costante l’orientamento giurisprudenziale negativo consolidatosi da ormai oltre due decenni, risultando esserne unico soggetto passivo il datore di lavoro, essendo il presupposto per la sua applicazione come indicato dall’articolo 2 del Dlgs446/97:
“l’esercizio abituale di una attività autonomamente organizzata diretta alla produzione o allo scambio di beni ovvero alla prestazione di servizi.”
Il concetto ribadito da diverse sentenze sia direttamente che in via indiretta è che l’IRAP è una imposta ad esclusivo carico dell’Azienda, vedasi ad esempio Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, Sez. 18, 26 maggio 2011, n. 66 e Tribunale di Belluno, Sez. Lav., 26 aprile 2001, da cui ne deriva l’esclusione della imposta dal danno risarcibile all’Azienda per mancata fruizione della prestazione lavorativa del personale infortunato, non potendo considerarla a tal fine una componente di costo della prestazione del singolo lavoratore.
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: Il diritto di rivalsa dell’azienda per il lavoratore vittima di sinistro