Il d.lgs numero 36/2021, facente parte del ciclo di decreti che hanno dato vita alla riforma dello sport, risulta essere uno dei più impattanti e dibattuto in quanto con esso saranno modificate le definizioni stesse del professionismo e del dilettantismo sportivo.
Il decreto legislativo numero 36/2021 risulta essere particolarmente importante all’interno della riforma dello sport in quanto con la sua entrata in vigore sarà abrogata la l. numero 91/1981, meglio conosciuta come legge sul professionismo sportivo, portando inoltre ad una rivoluzione dei canoni previsti al fine di poter identificare l’attività professionistica e definirne i suoi aspetti qualificanti.
Con il d.lgs 36/2021 le definizioni stesse di dilettantismo e professionismo saranno riviste e così con loro anche i criteri di qualificazione del lavoro sportivo.
Nuovi concetti ma anche molte nozioni riprese dalla previgente legge che si riscoprono al fine di fornire una visione più dettagliata e puntuale del lavoro e dell’attività sportiva.
Dilettantismo VS professionismo: le nuove regole e criteri distintivi
Il legislatore ha da sempre definito l’attività sportiva dilettantistica avvalendosi di una sorta di meccanismo ad esclusione, del tipo “ciò che non viene configurato di natura professionistica sarà invece visto come dilettantistico”.
Il d.lgs 36/2021 all’art. 38 definisce come discipline professionistiche quelle “che conseguono la relativa qualificazione dalle Federazioni Sportive Nazionali o dalle Discipline Sportive Associate secondo le norme emanate dalle federazioni e dalle discipline sportive stesse, con l’osservanza delle direttive e dei criteri stabiliti dal CONI”.
Oltre ad individuare una definizione per l’attività professionistica, l’art. 38 stabilisce anche un termine, quantificandolo in otto mesi, entro i quali il CONI dovrà statuire i criteri discriminatori che dovranno essere seguiti dalle Federazioni per distinguere il dilettantismo dal professionismo.
La marcata distinzione tra attività dilettantistica e professionistica si estrinseca anche in funzione della rinnovata categoria associativa titolata allo svolgimento dell’attività sportiva, gli enti di promozione sociale, facenti parte degli enti del terzo settore, svolgono infatti attività sportiva senza finalità di lucro ed al loro interno non sarà mai possibile prevedere lo sviluppo di un’area professionistica.
Gli enti del terzo settore possono svolgere infatti attività sportiva in tutte le sue forme, con prevalente finalità altruistica. Agli enti di promozione sportiva, facenti parte del terzo settore è inoltre possibile non distinguere tra attività agonistica, didattica, fisica o motoria, tutte le attività sportive svolte da esse con finalità altruistica sono permesse anche se non inserite nei settori dilettantistici delle Federazioni.
Rapporti di lavoro: i nuovi contratti per l’area professionistica
L’art. 30 comma 1 del d.lgs 36/2021 prevede la possibilità per le associazioni e le società di stipulare contratti di apprendistato finalizzati alla formazione di una nuova generazione di atleti, pronti ad affrontare il nuovo panorama sportivo e lavorativo.
Al comma 2 del citato articolo è inoltre specificato che “l’apprendistato è’ attivato con riferimento ai titoli di istruzione e formazione e alle qualificazioni professionali contenuti nel Repertorio nazionale di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 16 gennaio 2013, n. 13, nel rispetto dei requisiti, criteri e procedure dettati dalle norme che disciplinano i relativi percorsi di istruzione e formazione”.
L’articolo 13 del decreto correttivo al d.lgs 36/2021 approvato lo scorso 28 settembre fornisce una ridefinizione del lavoratore sportivo, delineandolo come non solo l’atleta, l’allenatore, l’istruttore, il direttore tecnico, il direttore sportivo, il preparatore atletico e il direttore di gara che, senza alcuna distinzione di genere e indipendentemente dal settore professionistico o dilettantistico, esercita l’attività sportiva verso un corrispettivo al di fuori delle prestazioni amatoriali di cui all’articolo 29 del d.lgs 36/2021 ma “anche ogni tesserato, ai sensi dell’articolo 15, che svolge verso un corrispettivo le mansioni rientranti, sulla base dei regolamenti dei singoli enti affilianti, tra quelle necessarie per lo svolgimento di attività sportiva, con esclusione delle mansioni di carattere amministrativo-gestionale”.
Per quanto concerne la natura del rapporto di lavoro sportivo, lo stesso può avere natura subordinata, autonoma, occasionale o di collaborazione coordinata e continuativa, indipendentemente dal settore professionistico o dilettantistico in cui si svolge.
Sparisce la figura dell’amatore in favore di quella di volontario per la quale l’art. 29 al comma 4 prevede che “dovranno essere assicurati per la responsabilità civile verso i terzi; ed ai quali si applica l’articolo 18, comma 2, del decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117”.
L’art. 27 del d.lgs 36/2021 al comma 5 introduce inoltre l’obbligo per la società sportiva di depositare i contratti di lavoro presso la federazione, nel dettaglio:
“La società ha l’obbligo di depositare, entro 7 giorni dalla stipulazione, il contratto presso la Federazione Sportiva Nazionale o la Disciplina Sportiva Associata per l’approvazione. Unitamente al predetto contratto devono essere depositati tutti gli ulteriori contratti stipulati tra il lavoratore sportivo e la società sportiva, ivi compresi quelli che abbiano ad oggetto diritti di immagine o promo-pubblicitari relativi o comunque connessi al lavoratore sportivo”.
Le modifiche strutturali messe in atto dalla riforma dello sport stanno ridefinendo un settore di immenso valore per il panorama economico-sociale nazionale contribuendo allo sviluppo di un nuovo motore propulsivo per la ripartenza del paese.
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: Dilettantismo e professionismo: cosa cambia con la riforma dello sport