La Convenzione contro le doppie imposizioni salva il credito per le imposte pagate all’estero anche nel caso di dichiarazione omessa

Emiliano Marvulli - Imposte

In caso di Convenzione contro le doppie imposizioni, è sempre ammessa la detrazione dell'imposta assolta all'estero anche in caso di omessa presentazione della dichiarazione o di omessa indicazione dei redditi. Le indicazioni della Corte di Cassazione

La Convenzione contro le doppie imposizioni salva il credito per le imposte pagate all'estero anche nel caso di dichiarazione omessa

Nel caso di redditi prodotti in uno Stato estero con cui l’Italia ha concluso una Convenzione contro la doppia imposizione o verso il quale l’Italia non abbia, comunque, l’obbligo giuridico di neutralizzare la doppia imposizione nei confronti del contribuente suo residente, il contribuente può detrarre l’imposta assolta all’estero da quella complessivamente dovuta allo Stato italiano, anche nel caso di omessa presentazione della dichiarazione o di omessa indicazione dei redditi prodotti all’estero nella dichiarazione presentata.

Sono queste le interessanti indicazioni contenute nella sentenza della Corte di cassazione n. 24160 pubblicata il 9 settembre 2024.

La Convenzione contro le doppie imposizioni salva il credito per le imposte pagate all’estero anche nel caso di dichiarazione omessa

La controversia vede protagonista una contribuente in una vicenda riguardante l’omessa dichiarazione di redditi di fonte estera, nei cui confronti l’Agenzia delle entrate ha notificato una serie di avvisi di accertamento, determinando il maggior reddito imponibile ai fini Irpef con addizionali regionali e comunali, oltre a sanzioni e interessi.

Il maggior reddito imponibile determinato comprendeva elementi di reddito perfezionatisi all’estero (in Brasile), non dichiarati in precedenza, sottoposti a tassazione in Brasile.

Contro gli avvisi di accertamento la contribuente propose ricorso alla C.T.P. deducendo la violazione della Convenzione tra l’Italia e il Brasile contro le doppie imposizioni e pretendendo la detrazione dell’imposta versata in Brasile sugli elementi di reddito assoggettati ad imposizione anche dal fisco italiano.

La C.T.P. accolse il ricorso e, su appello dell’Ufficio, la C.T.R. Veneto confermò l’interpretazione data dal giudice di primo grado agli artt. 6 e 23 della Convenzione Italo-brasiliana in merito alla esclusiva imposizione dei canoni di locazione nel paese dove sono ubicati gli immobili (Brasile), con il riconoscimento del credito d’imposta sugli altri elementi di reddito perfezionati in Brasile e tassati anche in Italia.

Sul punto, la C.T.R. ritenne non ostativo al riconoscimento del credito d’imposta il disposto di cui all’art. 165, comma 8, Tuir, nega il diritto alla detrazione delle imposte pagate all’estero in caso di omessa presentazione della dichiarazione o di omessa indicazione dei redditi prodotti all’estero.

Avverso la sentenza d’appello, l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione con cui censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha riconosciuto il diritto della contribuente alla detrazione dell’imposta pagata in Brasile sugli elementi di reddito lì verificatisi e oggetto di tassazione anche in Italia.

A parere dell’Agenzia, qualora il reddito percepito all’estero non sia dichiarato in Italia, esso non entra a far parte del reddito complessivo e, dunque, non spetta la detrazione d’imposta. L’art. 165, comma 8, Tuir si applicherebbe anche alla fattispecie di causa, che rientra nell’ambito operativo della Convenzione italo brasiliana, resa esecutiva in Italia, che sancisce l’obbligo a carico delle parti di evitare la doppia imposizione e non riserva agli Stati contraenti la possibilità di porre limitazioni a detto obbligo o oneri a carico dei contribuenti.

La Corte di cassazione ha respinto il ricorso ritenendo il motivo di doglianza infondato.

Deduzione anche in caso di omessa dichiarazione in presenza di un obbligo internazionale incondizionato

Occorre premettere che con la Convenzione bilaterale sulla doppia imposizione citata nel motivo di ricorso, lo Stato italiano, nel caso in cui assoggetti a imposizione elementi di reddito imponibili in Brasile, si è obbligato nei confronti dello Stato brasiliano a:

“dedurre dalle imposte così calcolate l’imposta sui redditi pagata in Brasile, ma l’ammontare della deduzione non può eccedere la quota di imposta italiana attribuibile ai predetti elementi di reddito nella proporzione in cui gli stessi concorrono alla formazione del reddito complessivo”.

Per usare termini più tecnici, il meccanismo con cui si evita la doppia imposizione, in realtà, non è la “deduzione” dalla base imponibile, ma la detrazione dell’imposta assolta all’estero da quella complessivamente (sul “reddito complessivo”) dovuta allo Stato italiano.

L’obbligo che lo Stato italiano ha assunto nei confronti dello Stato brasiliano è un obbligo incondizionato: proprio perché, in subiecta materia, non è lo Stato italiano che, motu proprio, nella sua sovranità, concede al residente, suo contribuente, un credito d’imposta, quest’ultimo (quale strumento tecnico utilizzato per assicurare la detrazione) non può essere subordinato ad oneri da parte del contribuente.

L’adempimento di tale obbligo internazionale non può subire, sul piano della normativa interna, limitazioni non concordate tra gli Stati parti della Convenzione, con la conseguenza che all’odierna contribuente, che pretende di non subire una doppia imposizione in relazione agli elementi di reddito assoggettati a tassazione sia in Brasile che in Italia, l’Agenzia delle Entrate non può opporre l’inadempimento degli oneri formali di cui all’art. 165, comma 8, Tuir, perché così facendo esporrebbe lo Stato italiano ad una violazione del diritto internazionale pattizio.

Peraltro, l’ordinamento tributario interno, nell’ambito delle imposte sui redditi, contiene delle disposizioni che attribuiscono prevalenza agli accordi internazionali conclusi dall’Italia.

In questi termini depone l’art. 75 del d.P.R. n. 600 del 1973, mentre l’art. 169 Tuir, nell’attribuire generale prevalenza agli accordi internazionali contro la doppia imposizione, fa salva l’applicazione delle norme dello stesso Tuir solo se concretamente più favorevoli al contribuente, con la conseguenza che all’odierna contribuente, per negarle la detrazione d’imposta contro la doppia imposizione, non può opporsi l’omessa presentazione della dichiarazione o l’omessa indicazione dei redditi prodotti all’estero nella dichiarazione presentata.

Dunque, in presenza di un obbligo internazionale incondizionato dello Stato italiano di evitare la doppia imposizione al contribuente residente il cui reddito sia assoggettato ad imposizione sia nello Stato in cui sia prodotto e percepito, sia in Italia, l’art. 165, comma 8, Tuir non può applicarsi, mentre può generalmente applicarsi al contribuente residente i cui redditi siano stati prodotti e tassati (anche) in uno Stato con il quale l’Italia non ha concluso una Convenzione contro la doppia imposizione o in uno Stato verso il quale l’Italia non abbia, comunque, l’obbligo giuridico di neutralizzare la doppia imposizione nei confronti del contribuente suo residente.

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