Il pane caldo può essere “evaso”

Gianfranco Antico - Dichiarazione dei redditi

Analisi dei controlli fiscali sui panifici

Il pane caldo può essere “evaso”

L’attività di panificazione viene effettuata sul territorio nazionale con un diverso indirizzo organizzativo, e ricomprende non solo il pane artigianale o industriale ma anche i prodotti sostitutivi (grissini, cracker, etc).

La diversa organizzazione, la cui lettura è demandata ai verificatori in sede di controllo, naturalmente, incide sulle modalità di verifica, fermo restando che il controllo fiscale è volto a ricostruire in maniera credibile o verosimile i ricavi omessi, soprattutto nei confronti dei consumatori finali, tutti soggetti che non richiedono lo scontrino.

Esaminiamo, quindi, il settore, attraverso la lettura dell’apposita metodologia di controllo predisposta dall’Amministrazione finanziaria.

Controlli fiscali sui panifici e sulle panetterie

All’interno del settore della produzione di prodotti di panetteria freschi è possibile individuare due diverse tipologie di produzione, quella artigianale e quella industriale.

Il prodotto finale è il medesimo: viene realizzato con gli stessi ingredienti, subisce le medesime fasi di lavorazione; cambia, invece, nella logistica distributiva, nel packaging (quando è confezionato), nei volumi di produzione, nel marchio e nei mercati di sbocco.

Le aziende del settore sono generalmente dotate di:

  • impastatrici, macchine con le quali si realizza l’impasto;
  • spezzatrici e formatrici, macchine che riducono il pastone alle dimensioni compatibili con la pezzatura finale e gliene attribuiscono la forma definitiva;
  • camere di lievitazione, cioè celle dotate di un sistema di condizionamento all’interno delle quali vengono inseriti i contenitori con il prodotto (la loro funzione è quella di consentire all’impasto la lievitazione in condizioni ottimali di temperatura e umidità);
  • forni, ambienti nei quali il prodotto viene fatto cuocere.

Gli elementi principali che compongono il pane ed i suoi affini sono:

  • farina di frumento;
  • acqua;
  • lieviti;
  • sale.

A tali elementi è possibile aggiungere burro, olio d’oliva, strutto, latte, mosto d’uva e tanti altri ingredienti specificamente previsti per ottenere i cosiddetti pani speciali, come varianti del prodotto base.

In aggiunta a tali ingredienti, vengono spesso utilizzati semilavorati ferma-lievitazione da integrare all’impasto in proporzioni generalmente comprese tra l’1 per cento e il 2 per cento su un quintale di farina; la loro funzione principale è quella di rallentare la lievitazione della pasta, ma anche quella di conferire al prodotto una più lunga durata e una maggiore freschezza.

Larga diffusione sta conoscendo, inoltre, l’uso di impasti quasi pronti che richiedono solo la miscelazione con pochi altri ingredienti; si tratta di semilavorati provenienti dalla grande industria, che possono entrare nella composizione del pane anche per quote intorno al 40 per cento; sono utilizzati soprattutto per la preparazione dei pani speciali.

Il processo produttivo del pane, sia esso di tipo artigianale o di tipo industriale, si compone di quattro fasi che, nonostante il passare dei secoli e l’innovazione tecnologica, sono rimaste inalterate nel tempo.

Le fasi di lavorazione del pane
Impasto Formatura, che consiste nel dare al pane il peso e la foggia voluta Lievitazione Cottura

La temperatura e la durata della cottura variano in funzione del tipo di impasto e della pezzatura del pane.

All’uscita dal forno il pane deve essere sottoposto ad un periodo di raffreddamento, normalmente simile a quello di cottura, affinché consolidi la propria forma senza danneggiamenti.

Come funzionano le verifiche fiscali in questi casi

I funzionari del Fisco, preliminarmente, verificano la regolarità estrinseca delle scritture contabili, la cui non corretta tenuta potrebbe giustificare il ricorso all’accertamento induttivo ex art. 39, comma 2, del DPR n. 600/73, quando le omissioni e le false e inesatte indicazioni accertate sono così gravi, numerose e ripetute da rendere inattendibili nel loro complesso le scritture stesse per mancanza delle garanzie proprie di una contabilità sistematica.

Sempre preliminarmente vengono effettuate una serie di operazioni.

Operazioni prioritarie
Accertamento delle modalità operative d’esercizio dell’attività Reperimento ed acquisizione agli atti della verifica di tutte le registrazioni e di tutti documenti contabili ed extracontabili rilevanti ai fini del controllo Controllo della cassa per verificare se i valori rinvenuti trovano riscontro con gli incassi complessivi e parziali certificati
Rilevazione del personale presente in azienda, individuando, oltre ai dati anagrafici, la data di inizio dell’attività, il tipo di rapporto di lavoro, le mansioni svolte ed il tipo di specializzazione; tale rilevazione potrà rivelarsi particolarmente proficua anche al fine di individuare professionalità sintomatiche della presenza di servizi collaterali. I dati rilevati saranno confrontati con i libri obbligatori in materia previdenziale e del lavoro
Compilazione dell’inventario delle attrezzature specifiche esistenti impiegate nel ciclo produttivo (da confrontare con quanto annotato dall’impresa sul registro dei beni ammortizzabili)

Le principali tecniche di evasione adottate nel settore si realizzano attraverso l’occultamento dei corrispettivi.

Tipologie di evasione più frequenti
Metodo delle vendite in nero, ovvero della mancata emissione degli scontrini fiscali tale ipotesi ricorre qualora, a fronte di approvvigionamenti di materie prime regolarmente fatturati, risulti incongruente il volume d’affari ricostruito indirettamente
Metodo degli acquisti e delle vendite in nero è attuabile quando è possibile effettuare acquisti non fatturati presso i fornitori abituali ovvero presso i supermercati

Indichiamo gli indizi sintomatici dell’evasione di vendite e/o acquisti non contabilizzati, come rappresentati nella metodologia di controllo.

Indizi di evasione
Consistenza di cassa superiore al totale degli importi certificati Assenza di prelievi del titolare o mancata distribuzione degli utili che possono far presumere che le spese personali siano finanziate da vendite non contabilizzate Finanziamenti del titolare o dei soci alla propria impresa che possono trarre origine da corrispettivi non contabilizzati Giacenze effettive di magazzino diverse da quelle che risultano contabilmente
Presenza di merci in magazzino non coperte da fattura Inattendibile distribuzione degli approvvigionamenti Anomalie nei tempi di contabilizzazione dei corrispettivi Distribuzione dei corrispettivi troppo uniforme nel tempo

La materia prima “farina” costituisce l’elemento principale per la ricostruzione del volume d’affari. Innanzitutto il verificatore provvede, in contraddittorio con la parte, ad individuare la destinazione percentuale della materia prima “farina” in relazione alle differenti tipologie di pane prodotto. Quindi, procederà a determinarne i consumi dell’anno, distintamente per quantità e tipo (“1”, “0”, “00” e integrale).

Per la determinazione del quantitativo di pane prodotto è necessario stabilire le rese medie per ogni quintale di farina panificata, in relazione al tipo di farina e alle pezzature di pane confezionato, anche queste da determinare in contraddittorio con la parte a causa della estrema variabilità delle stesse.

La resa in pane sulla base della farina utilizzata nel processo produttivo, è in funzione di diversi parametri, e, in proposito, le istruzioni dell’Amministrazione finanziaria forniscono le seguenti specificazioni:

  • la resa dipende dalla frazione di acqua legata all’impasto: le perdite di peso che avvengono durante la cottura, passando dall’impasto al pane, riguardano in gran parte l’acqua cosiddetta “libera” che si perde sotto forma di vapore acqueo;
  • la resa in pane rispetto al quantitativo di farina utilizzato è anche in funzione del tipo di impasto (duro, con acqua inferiore al 45 per cento, morbido con acqua tra il 45 e il 55 per cento o molle con acqua superiore al 55 per cento). Tale elemento determina una variabilità notevole di resa, valutabile dal 3 al 5 per cento;
  • ad una farina di grano tenero con tenore proteico maggiore corrisponde un assorbimento in acqua dell’impasto ed una resa finale maggiore. Tale valore può variare di circa 1 per cento in resa di prodotto finito;
  • i tempi di cottura condizionano la resa del prodotto: su cotture di circa 20-30 minuti possono esservi variazioni di peso sul prodotto finito, a partire dallo stesso peso in pasta, anche del 6-7 per cento, aumentando o diminuendo il tempo di cottura anche solo di 1 minuto;
  • la forma del prodotto influenza la resa del pane. A parità di volume, superfici diverse (maggiori) determinano maggiore evaporazione dell’acqua sia in fase di lievitazione, sia in fase di cottura che nella fase successiva di raffreddamento e invecchiamento del prodotto;
  • occorre considerare lo sfrido di farina utilizzata nonché lo sfrido dell’impasto stesso, variabile dal 2 al 4 per cento in funzione anche del tipo di impasto (gli impasti molli richiedono molta più farina di spolvero, una parte della quale viene assorbita dall’impasto, e una parte è dispersa e raccolta come rifiuto di lavorazione).

Al di là della ricostruzione classica dei ricavi attraverso la resa della farina acquistata (il fattore di moltiplicazione dell’impasto, al netto di cali di cottura, è in genere di 1,2 rispetto ad 1 Kg di farina), considerando lo sfrido, inteso sia come calo che subisce il prodotto durante la lavorazione sia come residuo della lavorazione), indichiamo un ulteriore metodo che può essere utilizzato.

Metodo ricostruzione dei ricavi basato sul sale e sul lievito
Il sale Non è usato in modo costante (addirittura in alcuni luoghi non viene mai utilizzato), potendo variare da gr. 200 a kg. 2 per ogni q.le di farina panificata
Il lievito Non sempre viene acquistato (a volte viene integrato con quello naturale, utilizzando la pasta panificata che resta dalla precedente preparazione). Inoltre, la quantità di lievito è in relazione alla durata della fermentazione dell’impasto ed è quindi variabile a seconda dell’ambiente o della stagione nella quale avviene la panificazione

Tale tipologia di controllo può essere effettuata solo nel caso in cui lo stesso contribuente dichiari, in contraddittorio, la quantità di sale usato mediamente nella propria produzione e il tipo e la quantità di lievito impiegato.

Generalmente per 100 kg di farina possono essere utilizzati dai gr. 500 ai kg. 2 di lievito. Tuttavia si segnala che molto spesso per 100 kg si arriva ad utilizzare il lievito anche in una percentuale del 3-4 per cento, e per i prodotti a pasta dura e per i grissini, si arriva anche a percentuali molto alte e vicine al 10 per cento.

A completamento del discorso sulle materie sussidiarie si fa presente che relativamente al malto ed ai suoi derivati le dosi si aggirano su 300-500 gr. per q.le di farina, ma in qualche caso, raggiungono il kg.

Ai fini della ricostruzione dei ricavi sulla base delle materie prime consumate occorre considerare che spesso le quantità nominali acquistate non corrispondono al loro peso effettivo.

Ad esempio, con riferimento alla farina, la quantità di un sacco (normalmente di 25 Kg) è inferiore dall’1 al 2 per cento del peso come risulta dalle fatture di acquisto.

Lo stesso discorso vale in generale per le altre materie prime quali il sale, il cui peso dichiarato dal produttore non sempre corrisponde al reale. Analogo problema si verifica in modo ricorrente per il lievito compresso i cui pacchi nominali da gr 500 spesso risultano essere inferiori, scontando non solo il peso carta, ma anche una supposta perdita di umidità del prodotto.

Un discorso a parte merita l’olio di oliva extravergine dove l’utilizzo avviene “a peso” e cioè considerando la quantità in ricetta in Kg, mentre l’acquisto avviene sempre “a litro”.

Nell’uso quotidiano si considerano le due misure come equivalenti l’una dall’altra, mentre, in realtà, il peso specifico dell’olio di oliva extravergine è compreso tra 0,913 e 0,925. Assumendo quale dato medio il valore 0,920 una latta da 5 litri nominali contiene 4,909 Kg di olio.

Un caso di giurisprudenza

Il consumo di un certo quantitativo di farina e di lievito, depurato dello sfrido, legittima la ricostruzione dei ricavi di un panificio operata dai verificatori, pur in presenza di una contabilità formalmente tenuta ma di fatto infedele e incompleta, in assenza di una idonea prova contraria da parte del contribuente.

È questo il pensiero espresso dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 21860/2018. Osservano gli Ermellini che il giudice di merito ha evidenziato, oltretutto, che la presunzione di acquisto di farina in nero emergeva dalle modalità di produzione della contestata eccedenza non contabilizzata di pane.

Tale ipotesi ricorre quando, a seguito dei riscontri effettuati (inventario fisico delle merci in giacenza e analisi dei rapporti quantitativi tra elementi complementari), emergono acquisti privi di fattura, funzionali all’occultamento dei corrispettivi.

Il caso di specie trae origine dalla rettifica effettuata nei confronti di un panificio, attraverso la classica ricostruzione operata attraverso la valorizzazione degli acquisti di farina (l’Ufficio aveva preso atto del totale consumo della farina e del lievito acquistato e applicato l’apposita metodologia di controllo).

In senso conforme Cass. sent. n. 24902/2013. Scrivono i giudici:

“Nella specie, il giudice d’appello ha accertato come la percentuale “al minimo” di resa della farina in sede di verifica sia stata posta a confronto con i dati contabili dei contribuenti ed in contraddittorio con loro; che è stata previsto un temperamento costituito dalla “depurazione della materia prima del suo calo naturale, di lavorazione e tecnico”, nonché “della rimanenza rimasta invenduta.”

Questo sito contribuisce all'audience di Logo Evolution adv Network