Niente contraddittorio se il verbale proviene dall’autorità giudiziaria

Emiliano Marvulli - Imposte

Non è applicabile il termine dilatorio previsto per la notifica dell'avviso di accertamento, se quest'ultimo non è stato preceduto da accesso, ispezione, o verifica nei locali dell'impresa ma è sorto come conseguenza delle indagini penali condotte dall'autorità giudiziaria. Lo stabilisce la Corte di Cassazione con la sentenza n. 28730 del 18 ottobre 2021.

Niente contraddittorio se il verbale proviene dall'autorità giudiziaria

Se l’avviso di accertamento non è stato preceduto da un accesso, ispezione o verifica nei locali dell’impresa da parte dell’Amministrazione finanziaria ma è sorto in conseguenza delle indagini penali condotte dall’autorità giudiziaria, non è applicabile il termine dilatorio previsto per la notifica dell’avviso di accertamento.

L’avviso di accertamento è legittimo, quindi, anche se emesso prima della scadenza dei 60 giorni dalla notifica del verbale di constatazione.

Questo il principio contenuto nella Sentenza della Corte di Cassazione n. 28730 del 18 ottobre 2021.

I fatti – La controversia trae origine dal ricorso presentato da una società avverso un avviso di accertamento con cui l’Agenzia delle entrate, dando seguito ad un controllo effettuato nei confronti di società terze con cui erano in essere rapporti di natura commerciale, recuperava i maggiori importi per Iva, Ires e Irap per operazioni oggettivamente inesistenti.

Avverso l’atto de qua la società proponeva ricorso, respinto dalla CTP ma accolto dalla CTR, secondo cui l’atto impositivo era nullo in quanto emesso in violazione del termine dilatorio di cui all’art. 12, co. 7 della L. 212 del 2000 senza che l’amministrazione finanziaria avesse addotto una qualche ragione di urgenza.

L’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione, lamentando violazione dell’art. 12 della L. 212/200 per aver la CTR erroneamente ritenuto nullo l’avviso per inosservanza del termine dilatorio. Nel caso di specie il processo verbale di constatazione, redatto dalla Guardia di finanza, era stato notificato contestualmente all’avviso stesso, ancorché l’atto integrasse solo una segnalazione dell’esito delle indagini penali e non vi fosse stato alcun accesso, ispezione o verifica nei locali dell’impresa.

La Corte di Cassazione ha dichiarato fondato il motivo di ricorso dell’Agenzia delle entrate e ha cassato con rinvio la sentenza impugnata.

La decisione – L’art. 12, co. 7 della L. 212 del 2000 prevede che, “nel rispetto del principio di cooperazione tra amministrazione e contribuente, dopo il rilascio della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni da parte degli organi di controllo, il contribuente può comunicare entro sessanta giorni osservazioni e richieste che sono valutate dagli uffici impositori. L’avviso di accertamento non può essere emanato prima della scadenza del predetto termine, salvo casi di particolare e motivata urgenza”.

Nel caso di specie l’accertamento non era stato preceduto da un accesso, ispezione o verifica, ma era sorto in conseguenza delle indagini penali svolte nei confronti delle società con cui la contribuente accertata aveva in essere rapporti commerciali.

Infatti il verbale redatto dalla Guardia di Finanza, denominato “processo verbale di constatazione”, recava che l’intera attività trovava la sua fonte nelle indagini penali avviate dalla competente Procura nel cui ambito venivano svolte perquisizioni e sequestri.

È di tutta evidenza, quindi, che l’accertamento non trova il suo antecedente fattuale nell’accesso presso i locali dell’impresa della contribuente ma in attività posta in essere da una diversa autorità - quella giudiziaria - poi trasmessa per le valutazioni di competenza ai fini fiscali.

La decisione della CTR si è incentrata solo su un profilo meramente terminologico, ossia che l’atto redatto dai finanzieri fosse denominato “processo verbale di constatazione”, senza considerare che l’accertamento non era stato preceduto da attività ispettiva dell’Ufficio presso i locali della contribuente, presupposto necessario per l’applicazione del termine di 60 giorni previsto dall’art. 12, comma 7 dello Statuto del contribuente.

Ne deriva, quanto alle imposte dirette, l’erroneità della decisione trattandosi di ambito in cui non è previsto un obbligo generalizzato di preventivo contraddittorio, ossia al di fuori dalle ipotesi specificamente previste, tra le quali non rientra quella in giudizio.

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