La plusvalenza realizzata a seguito di una cessione di immobile o di azienda non può essere determinata in via induttiva e senza elementi gravi, precisi, concordanti sulla base del valore dichiarato, accertato o definito ai fini dell'imposta di registro. Lo stabilisce la Corte di Cassazione con l'Ordinanza numero 17354 del 2022.
Dopo l’entrata in vigore dell’art. 5 del d.lgs 14 settembre 2005, n. 147 l’Amministrazione non può più procedere a determinare, in via induttiva e senza altri elementi gravi, precisi e concordanti, la plusvalenza realizzata a seguito di cessione di immobile o di azienda solo sulla base del valore dichiarato, accertato o definito ai fini dell’imposta di registro.
Questo il contenuto dell’Ordinanza della Corte di Cassazione n. 17354 del 30 maggio 2022.
- Corte di Cassazione - Ordinanza numero 17354 del 30 maggio 2022
- Il testo dell’Ordinanza della Corte di Cassazione numero 17354 del 30 maggio 2022
La decisione – La vicenda processuale prende le mosse dal ricorso presentato da un contribuente avverso un avviso di accertamento con cui l’Agenzia delle entrate aveva proceduto alla ripresa a tassazione della plusvalenza realizzata a seguito della cessione di un terreno edificabile.
La CTP ha accolto il ricorso del contribuente, il quale aveva lamentato che la plusvalenza accertata fosse stata calcolata non sulla base di un controllo effettivo ma solo sulla base del valore attribuito ai fini della determinazione dell’imposta di registro.
L’appello dinanzi alla CTR ha avuto lo stesso esito e avvero la decisione di secondo grado l’Ufficio finanziario ha proposto ricorso per cassazione.
La corte ha accolto il ricorso erariale dichiarando che l’Amministrazione era legittimata a procedere in via presuntiva, restando a carico del contribuente l’onere di superare la presunzione di corrispondenza del prezzo incassato rispetto al valore di mercato accertato in via definitiva in sede di applicazione dell’imposta di registro.
La controversia è tornata quindi alla CTR in diversa composizione che, accogliendo le doglianze dell’Agenzia delle entrate , ha dichiarato che in tema di accertamento ai fini IRPEF delle plusvalenze realizzate a seguito di cessione di azienda, il valore dell’avviamento determinato in via definitiva ai fini dell’imposta di registro assume carattere vincolante per l’amministrazione, spettando invece al contribuente la prova del diverso valore in applicazione di un minor coefficiente legale di calcolo, sempre che si tratti di dati rigorosamente dimostrativi e fondati su riscontri obiettivi.
Il contribuente riproponeva di nuovo ricorso in cassazione avverso la decisione d’appello deducendo violazione e falsa applicazione dell’art. 5, comma 3, del d.lgs 14 settembre 2005, n. 147, secondo cui “per le cessioni di immobili e di aziende nonché per la costituzione e il trasferimento di diritti reali sugli stessi, l’esistenza di un maggior corrispettivo non è presumibile soltanto sulla base del valore anche se dichiarato, accertato o definito ai fini dell’imposta di registro di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, ovvero delle imposte ipotecaria e catastale di cui al d.lgs. 31 ottobre 1990, n. 347”.
Alla luce di tale norma, di natura interpretativa e dunque avente efficacia retroattiva, sarebbe ad avviso del ricorrente impossibile un accertamento fondato unicamente sulla differenza tra valore e corrispettivo, come invece ritenuto dalla CTR.
La Suprema Corte di cassazione ha ritenuto fondato il motivo di ricorso e ha cassato definitivamente la sentenza impugnata.
I giudici di legittimità hanno confermato che con l’entrata in vigore del citato d.lgs. n. 147/15, ed in particolare dell’art. 5, 3° comma, è stato stabilito che gli artt. 58, 68, 85 e 86 del testo unico delle imposte sui redditi, si interpretano nel senso che per le cessioni di immobili e di aziende, l’esistenza di un maggior corrispettivo non è presumibile soltanto sulla base del valore dichiarato, accertato o definito ai fini dell’imposta di registro, ovvero ai fini delle imposte ipotecaria e catastale.
Siffatta disposizione è di natura espressamente interpretativa e quindi applicabile retroattivamente.
In altre parole la corte ha statuito che, ai fini dell’accertamento delle imposte sui redditi, l’art. 5 cit. esclude che l’Amministrazione possa ancora procedere a determinare, in via induttiva, la plusvalenza realizzata a seguito di cessione di immobile o di azienda solo sulla base del valore dichiarato, accertato o definito ai fini dell’imposta di registro.
Nel caso di specie l’Ufficio ha basato la presunzione circa l’esistenza di un maggior corrispettivo esclusivamente sull’elemento del valore dichiarato od accertato ai fini dell’imposta di registro, non indicando altri elementi gravi, precisi e concordanti tali da poter fondare la presunzione in parola unitamente al suddetto elemento.
Da qui l’erroneità della decisione di secondo grado e la cassazione della relativa sentenza.
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: Il valore di cessione ai fini del registro non determina automaticamente la plusvalenza tassabile