L'atto impositivo non può “essere emanato” prima della scadenza di sessanta giorni dal rilascio o dalla notifica del processo verbale di constatazione. Lo chiarisce l'Ordinanza della Corte di Cassazione n. 26412 del 2023
In tema di accertamento, l’atto impositivo sottoscritto dal funzionario dell’ufficio in data anteriore alla scadenza del termine di cui all’art. 12, 7 comma, L. n. 212 del 2000, ancorché notificato successivamente alla sua scadenza, è illegittimo, atteso che la norma tende a garantire il contradditorio procedimentale consentendo al contribuente di far valere le sue ragioni quando l’atto impositivo è ancora in fieri, integrando, viceversa, la notificazione una mera condizione di efficacia dell’atto amministrativo ormai perfetto e, quindi, già emanato.
Pertanto, l’atto impositivo non può “essere emanato” prima della scadenza del termine di sessanta giorni dal rilascio o dalla notifica del processo verbale di constatazione, non assumendo rilievo la notifica dell’atto medesimo dopo il decorso del predetto termine.
Questo l’importante principio contenuto nell’Ordinanza della Corte di Cassazione n. 26412 del 13 settembre 2023.
La decisione della Cassazione in merito al termine dilatorio
Il ricorso nasce da un avviso di accertamento notificato alla società contenente le risultanze di una verifica fiscale condotta nei suoi confronti. Il ricorso, respinto in entrambi i gradi di giudizio è giunto sin in Cassazione.
Qui la contribuente ha contestato la sentenza della CTR nel punto in cui ha affermato che non sussisteva violazione dell’art. 12, comma 7, della legge n. 212/2000.
Nel caso di specie, a parere dei giudici, erano stati rispettati i sessanta giorni tra il rilascio, in data 30.10.2007, del p.v.c. e la notifica dell’avviso avvenuta in data 4.1.2008, non rilevando a tal fine, la data del 28.12.2008 di spedizione dell’atto a mezzo servizio postale considerato che il tempo occorrente per l’effettivo recapito non poteva incidere negativamente sul diritto né del notificante, che aveva adempiuto all’onere della tempestiva notifica con l’affidamento dell’atto medesimo al relativo servizio, né del notificato che avrebbe potuto esercitare entro il sessantesimo giorno utile i diritti difensivi.
La Corte di Cassazione ha ritenuto fondato il motivo e ha cassato la sentenza impugnata. Decidendo nel merito, la Corte ha accolto il ricorso originario della contribuente avverso l’avviso di accertamento, con condanna delle spese a carico dell’Agenzia delle entrate.
In premessa il Collegio di legittimità ha ricordato che il presupposto di applicabilità del complessivo statuto di diritti e di garanzie contemplato dall’art. 12 della legge n. 212 del 2000, compresa l’applicazione del termine dilatorio di sessanta giorni, è dato dall’accesso, dall’ispezione o dalla verifica nei locali aziendali, in quanto il complesso di diritti e garanzie fa da contrappeso all’invasione della sfera del contribuente, nei luoghi di sua pertinenza, al fine di conformare e adeguare l’interesse dell’Amministrazione alla situazione, come delineata dagli elementi raccolti dall’Ufficio giustappunto grazie alle attività di verifiche, accessi ed ispezioni nei locali.
Inoltre, per i tributi armonizzati come per l’Iva, la violazione dell’obbligo del contraddittorio endoprocedimentale da parte dell’Amministrazione comporta in ogni caso l’invalidità dell’atto, purché, in giudizio, il contribuente superi la cd. prova di resistenza, ossia assolva l’onere di enunciare in concreto (e non in maniera pretestuosa) le ragioni che avrebbe potuto far valere, qualora il contraddittorio fosse stato tempestivamente attivato.
Fatta questa debita premessa la Corte di cassazione ha enunciato un importante principio in ordine all’interpretazione del riferimento che il citato comma 7 fa all’emanazione dell’atto ante tempus.
In particolare, in tema di accertamento, l’atto impositivo sottoscritto dal funzionario dell’ufficio in data anteriore alla scadenza del termine di cui all’art. 12, 7 comma, L. n. 212 del 2000, ancorché notificato successivamente alla sua scadenza, è illegittimo, atteso che la norma tende a garantire il contradditorio procedimentale consentendo al contribuente di far valere le sue ragioni quando l’atto impositivo è ancora in fieri, integrando, viceversa, la notificazione una mera condizione di efficacia dell’atto amministrativo ormai perfetto e, quindi, già emanato.
Pertanto, l’atto impositivo non può “essere emanato” prima della scadenza del termine di sessanta giorni dal rilascio o dalla notifica del processo verbale di constatazione, non assumendo rilievo la notifica dell’atto medesimo dopo il decorso del predetto termine.
Nella specie la CTR non si è attenuta al principio suddetto nel ritenere legittimo l’avviso, nella parte relativa al recupero dell’Iva, considerando rispettato il termine di cui all’art. 12, comma 7, della legge n. 212/00 avuto riguardo - per calcolare il lasso temporale dei 60 giorni - alla data di consegna del p.v.c. (30.10.2007) e quella di notifica (4.1.2008) ovvero di effettiva ricezione dell’atto alla contribuente anziché a quella di emissione dello stesso.
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: Per il calcolo del termine dilatorio conta la data di emissione dell’atto e non quella di notifica