Cessione ramo d'azienda: quando si verifica e con quali conseguenze fiscali. I chiarimenti dell'Agenzia delle Entrate nella risposta all'interpello numero 81 pubblicata il 25 marzo 2019.
Cessione ramo d’azienda: quando si verifica e quali sono gli elementi per qualificare l’operazione? Quali sono le conseguenze fiscali ai fini delle imposte dirette e indirette?
Partendo da queste domande, l’Agenzia delle Entrate fornisce chiarimenti per individuare una cessione di un ramo d’azienda e il trattamento fiscale che si applica nella risposta all’interpello numero 81 pubblicata il 25 marzo 2019.
Lo spunto arriva da un contribuente che si rivolge all’Agenzia delle Entrate per sapere se l’operazione che sta mettendo in atto si configura come una semplice cessione di contratti o una vera e propria cessione di ramo d’azienda.
- Agenzia delle Entrate - Risposta all’interpello numero 81 del 25 marzo 2019
- TUIR di cui al d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 e d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 - Cessione di ramo d’azienda.
Cessione ramo d’azienda: quando si verifica, i chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate
L’Agenzia delle Entrate nella risposta all’interpello numero 81 pubblicata il 25 marzo 2019 fornisce tutti gli elementi da considerare per individuare una cessione di ramo d’azienda.
Per chiarire il quadro normativo di riferimento, il primo tassello da considerare è la definizione di azienda, per cui bisogna rinviare alla nozione fornita dall’articolo 2555 del codice civile. Si tratta del “complesso dei beni organizzati dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa”.
Andando sempre più nello specifico, si fa riferimento alla circolare numero 320 del 19 dicembre 1997, che contiene chiarimenti in materia di riordino della disciplina dei procedimenti di riorganizzazione aziendale. Nel documento l’azienda viene identificata come “universitas” di beni materiali, immateriali e di rapporti giuridico-economici suscettibili di consentire l’esercizio dell’attività di impresa.
Una impostazione confermata anche dai giudici di legittimità, a cui l’Agenzia delle Entrate fa riferimento per inserire l’altro tassello fondamentale del quadro normativo: la definizione di cessione di ramo d’azienda.
Con la sentenza numero 1769 del 24 gennaio 2018, la Corte di Cassazione ha evidenziato come sia:
“elemento costitutivo autonomia funzionale del ramo ceduto, ovvero la sua capacità, già al momento dello scorporo dal complesso cedente, di provvedere ad uno scopo produttivo con i propri mezzi funzionali e organizzativi e quindi di svolgere, senza integrazioni di rilievo da parte del cessionario, il servizio o la funzione finalizzati nell’ambito dell’impresa cedente”.
Alla luce dei riferimenti presi in esame, fattori essenziali dell’azienda si possono quindi individuare nell’organizzazione, nei beni e nel loro fine per l’esercizio dell’impresa.
Perché si possa parlare di cessione è necessario che quanto ceduto sia di per sé un insieme organicamente finalizzato all’esercizio dell’attività di impresa, autonomamente idoneo a consentire l’inizio o la continuazione di quella determinata attività da parte del cessionario.
Cessione ramo d’azienda: le conseguenze fiscali, i chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate
Una volta stabilite le fondamenta del concetto di cessione del ramo d’azienda, nella risposta all’interpello numero 81 del 2019, l’Agenzia delle Entrate chiarisce le conseguenze fiscali che un’operazione di questo tipo genera.
Per quanto riguarda le imposte dirette, a fronte dell’onere sostenuto per l’acquisto del ramo di azienda, per la società cessionaria si avrà il riconoscimento del valore fiscale dei beni acquisiti e l’eventuale differenza sarà attribuita ad avviamento, deducibile ai fini dell’IRES ai sensi dell’articolo 103 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi.
Per la società cedente, la plusvalenza realizzata concorre alla formazione del reddito imponibile ai sensi dell’articolo 86, comma 2, del TUIR.
La plusvalenza può beneficiare della rateizzazione prevista dalla legge nel caso in cui il ramo d’azienda sia stato posseduto per un periodo non inferiore a tre anni.
Con riguardo al trattamento IVA, nel caso di un trasferimento di un ramo
d’azienda, è applicabile l’articolo 2, comma 1, lettera b), del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, in cui si legge:
“Non sono considerate cessioni di beni … le cessioni e i conferimenti in società o altri enti (…) che hanno per aziende o rami di azienda”.
Infine l’Agenzia delle Entrate, sul trattamento fiscale previsto, conclude:
“Detta cessione, da registrare in termine fisso, è soggetta ad imposta di registro in misura proporzionale, da determinare con le aliquote previste in considerazione della natura dei beni che compongono il compendio aziendale, ai sensi dell’articolo 23 del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 (TUR).
La richiamata previsione stabilisce, infatti, che se una disposizione ha per oggetto più beni e diritti per i quali sono previste aliquote diverse, si applica l’aliquota più elevata, salvo che per i singoli beni o diritti sia pattuito un corrispettivo distinto”.
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