Solo per errori materiali, formali e di calcolo chiaramente identificabili è possibile correggere e sostituire una dichiarazione dei redditi compilata dal contribuente o dal suo intermediario abilitato in maniera erronea. Non c'è possibilità per chi si è adeguato agli studi di settore, gli attuali ISA. A stabilirlo è la Corte di Cassazione con l'Ordinanza numero 31237 del 2019.
La dichiarazione dei redditi compilata dal contribuente o dal suo intermediario abilitato in maniera erronea può essere corretta e sostituita con una dichiarazione integrativa solo con riferimento a errori materiali, formali e di calcolo chiaramente identificabili.
Non può essere emendata, invece, la dichiarazione con cui il contribuente ha scelto di adeguarsi agli studi di settore, neanche asserendo che l’errore è imputabile a colpa dell’intermediario abilitato. Così ha deciso la Corte di Cassazione con l’Ordinanza n. 31237/2019.
- Corte di Cassazione - Ordinanza numero 31237 del 29 novembre 2019
- L’adeguamento agli studi di settore non può essere modificato con una dichiarazione integrativa. A stabilirlo è la corte di Cassazione con l’Ordinanza numero 31237 del 2019.
La sentenza – Il caso attiene una cartella di pagamento emessa a seguito di controllo automatizzato della dichiarazione per mancato adeguamento alle risultanze dello studio di settore indicato in dichiarazione.
Il contribuente ha impugnato l’atto deducendo che la dichiarazione dei redditi da cui scaturiva la pretesa fiscale era stata modificata in quanto la scelta di adeguarsi agli studi di settore era conseguenza di errore dell’intermediario, che aveva trasmesso all’Agenzia delle Entrate una dichiarazione diversa da quella concordata.
Il ricorso è stato respinto in entrambi i gradi di giudizio e avverso la decisione della CTR il contribuente ha proposto ricorso per cassazione, lamentando l’erroneità della sentenza nella parte in cui il giudice di merito non ha considerato emendabile la dichiarazione del contribuente affetta da errore. Anche in sede di legittimità il ricorso è stato respinto perché ritenuto inammissibile.
In linea di principio, la dichiarazione dei redditi può essere modificata in presenza di errori che espongano il contribuente al pagamento di tributi maggiori di quelli effettivamente dovuti.
Deve trattarsi, quindi, di dati relativi alla quantificazione delle poste reddituali positive o negative, che integrino:
- errori tipicamente materiali, ad esempio errori di calcolo od anche errata liquidazione degli importi;
- ovvero anche errori formali, ovvero quelli concernenti l’esatta individuazione della voce del modello da compilare e nella quale collocare la posta.
Sono però esclusi da tale casistica le ipotesi in cui il contribuente ha esercitato nella medesima dichiarazione la facoltà di volersi (o meno) uniformare agli studi di settore:
“Tale opzione integra, pertanto, esercizio di un potere discrezionale di scelta riconducibile ad una tipica manifestazione di autonomia negoziale del soggetto che è diretta ad incidere sull’obbligazione tributaria e sul conseguente effetto vincolante di assoggettamento all’imposta, e dunque eventuali errori della volontà espressa dal contribuente assumono rilevanza soltanto ove sussistano i requisiti di essenzialità e riconoscibilità ex art. 1428 c.c. norma che trova applicazione, ai sensi dell’art. 1324 c.c., anche agli atti negoziali unilaterali diretti ad un destinatario determinato”.
Nel caso di specie il contribuente ha inteso adeguarsi agli studi di settore, considerati atto negoziale e, pertanto, la dichiarazione non era emendabile in ipotesi di errata valutazione della opzione stessa.
Sul punto la Corte di cassazione ha dichiarato che:
“in tema di dichiarazione dei redditi, l’errore relativo all’indicazione di dati inerenti all’esercizio di un’opzione offerta dal legislatore, -costituente, come tale, espressione di volontà negoziale, è emendabile e ritrattabile solo se il contribuente, secondo la disciplina generale dei vizi della volontà di cui agli artt. 1427 e ss. c.c., estesa dall’art. 1324 c.c. agli atti unilaterali in quanto compatibile, fornisce la prova della sua essenzialità e obiettiva riconoscibilità da parte dell’Amministrazione finanziaria”.
Il contribuente che ha originariamente indicato in dichiarazione l’opzione di volersi uniformare agli studi di settore, nel contestare l’atto impositivo notificatogli dall’Amministrazione finanziaria, avrebbe dovuto dimostrare l’errore commesso nella propria dichiarazione, spiegando a chiare lettere in che cosa tale errore era consistito.
Di conseguenza, non può considerarsi superato l’onere probatorio quando il contribuente si limiti semplicemente ad affermare di essersi trattato di “un errore commesso dall’intermediario”.
Egli, inoltre avrebbe dovuto fornire prova della rilevanza dell’errore con riguardo ai requisiti della “essenzialità” e della “obiettiva riconoscibilità” da parte dell’Ufficio accertatore.
Nel caso di specie, non avendo il contribuente indicato e fornito la prova del requisito di obiettiva riconoscibilità dell’errore da parte della Amministrazione finanziaria, il motivo di ricorso è stato ritenuto inammissibile.
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