L'Agenzia delle entrate può accertare il maggior reddito imponibile della società con metodologia analitico-induttiva anche in presenza di una contabilità formalmente regolare. A stabilirlo è la Corte di Cassazione con l'Ordinanza numero 12306 del 23 giugno 2020.
Pur in presenza di una contabilità formalmente regolare, l’Agenzia delle entrate può accertare il maggior reddito imponibile della società con metodologia analitico-induttiva sulla base di presunzioni semplici, come ad esempio quelle ricavabili sulla scorta di percentuali di ricarico. È questo il sunto del principio contenuto nell’Ordinanza della Corte di Cassazione numero 12306/2020.
- Corte di Cassazione - Ordinanza numero 12306 del 23 giugno 2020
- Accertamento legittimo anche in presenza di contabilità formalmente regolare. A stabilirlo è la Corte di Cassazione con l’Ordinanza numero 12306 del 23 giugno 2020.
La sentenza – La controversia ha origine dall’impugnazione di separati avvisi di accertamento con cui l’Ufficio accertava con metodo analitico-induttivo il maggior imponibile ai fini IVA IRAP IRPEG a carico di una società.
Il caso è giunto dinanzi alla CTR che, confermando la decisione di primo grado, ha accolto i motivi d’appello della società deducendo che, a fronte della riscontrata regolare tenuta della contabilità, l’accertamento avrebbe potuto ritenersi legittimo solo nel caso in cui la percentuale di ricarico applicata dalla contribuente avesse raggiunto livelli di “abnormità e irragionevolezza”.
Nel caso di specie, invece, la società aveva dimostrato che la percentuale di ricarico applicata superasse ampiamente il minimo, con conseguente esclusione delle presunzioni che l’ufficio aveva ricavato a mezzo del procedimento analitico induttivo.
Avverso tale decisione l’Amministrazione finanziaria ha proposto ricorso per cassazione lamentando che i giudici di merito avessero male interpretato le regole per la distribuzione dell’onere della prova regolate dall’art. 39, comma 1, lett. d) del D.P.R. 600/1973 in materia di accertamento analitico-induttivo.
La Corte di cassazione ha accolto la tesi dell’Ufficio accertatore e ha cassato con rinvio la decisione di merito.
Il tema che ci occupa attiene alle regole di applicazione dell’accertamento analitico-induttivo, fondato su presunzioni semplici conseguenti all’applicazione della percentuale di ricarico, con una media ponderata stabilita con riferimento alla documentazione proveniente dalla stessa contribuente.
I giudici di legittimità hanno subito chiarito che, diversamente da quanto sancito dalla Corte di merito, non è affatto corretto affermare che un accertamento di tale stregua non possa essere utilizzato in presenza di una contabilità tenuta in modo formalmente regolare.
A riguardo, infatti, la consolidata giurisprudenza “ammette la possibilità, pur in presenza di una contabilità tenuta in modo formalmente regolare, di mettere quest’ultima in discussione sulla base di presunzioni semplici, come ad es. quelle ricavabili sulla scorta di percentuali di ricarico, secondo il procedimento analitico induttivo, al fine di fondare la ripresa di maggior imponibile”.
È onere del contribuente fornire la prova contraria a quella presuntiva offerta dall’ufficio col procedimento analitico induttivo, producendo idonea documentazione atta a supportare le proprie ragioni.
Inoltre, con specifico riferimento alle regole di determinazione dei componenti del reddito d’impresa, l’art. 109 del TUIR (già art. 75) stabilisce che, in linea di principio, le spese e gli altri componenti negativi di reddito sono deducibili se e nella misura in cui si riferiscono ad attività o beni da cui derivano ricavi o altri proventi che concorrono a formare il reddito o che non vi concorrono in quanto esclusi.
Sempre in tema di ripartizione dell’onere probatorio la Corte ha ribadito che “la prova delle realtà, certezza e inerenza dei costi, è sempre posta a carico di parte contribuente”.
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