L'accertamento integrativo successivo a quello parziale sulla stessa annualità non può basarsi su elementi già noti all'Agenzia delle Entrate ma non contestati nel primo atto impositivo. Lo ha affermato la Corte di Cassazione con l'Ordinanza numero 12854 del 22 aprile 2022.
L’accertamento integrativo, successivo a quello parziale relativo alla medesima annualità, non può basarsi su atti o fatti acquisiti e già conosciuti dall’Agenzia delle entrate fin dall’origine ma non contestati in sede di primo atto impositivo.
Questo il principio affermato dalla Corte di Cassazione con l’Ordinanza n. 12854 del 22 aprile 2022.
- Corte di Cassazione - Ordinanza numero 12854 del 22 aprile 2022
- Il testo dell’Ordinanza della Corte di Cassazione numero 12854 del 2022
I fatti - La vicenda processuale ha origine dal ricorso proposto da una società avverso un avviso di accertamento relativo al periodo d’imposta 2008, giustificato dal fatto che l’atto aveva vagliato la medesima annualità già oggetto di un precedente avviso di accertamento emesso ai sensi degli art. 39 e 41 d.P.R. 600/1973.
Il secondo atto, pertanto, avendo ad oggetto la medesima annualità, avrebbe dovuto fondarsi su elementi nuovi sulla cui esistenza, invece, l’ente impositore, gravato del relativo onere, non aveva motivato.
Il ricorso, in riforma della sentenza di primo grado, era stato accolto dalla Commissione Tributaria Regionale e avverso tale decisione l’Amministrazione finanziaria ha proposto ricorso per Cassazione.
Tra i motivi di doglianza, l’Ufficio finanziario ha lamentato violazione degli artt. 39 e 41 del d.P.R. n. 600 del 1973, per avere la CTR erroneamente ritenuto che il secondo accertamento, essendo relativo alla medesima annualità del primo, dovesse fondarsi su elementi impositivi nuovi, sebbene avesse dato atto che il primo accertamento fosse stato emesso ai sensi degli artt. 39 e 41 d.P.R. 600 del 1973, senza pregiudizio di un’ulteriore azione accertatrice.
La Corte di Cassazione ha definito prive di consistenza la doglianza della Parte pubblica ricorrente e ne ha respinto il ricorso, con condanna alle spese.
La decisione – Si premette che l’accertamento parziale, disciplinato ai fini delle imposte dirette dall’art. 41-bis del d.P.R. 600 del 1973, dispone che i competenti Uffici dell’Agenzia delle entrate possono accertare un singolo reddito non dichiarato o parzialmente dichiarato senza alcuna preclusione rispetto all’eventuale possibilità di effettuare una ulteriore azione accertatrice per il medesimo anno d’imposta.
L’accertamento parziale è consentito quando emergano elementi fiscali che, senza necessità di una ulteriore analisi critica, evidenzino l’esistenza di materia imponibile a seguito di:
- accessi, ispezioni e verifiche;
- indagini finanziarie;
- risposte ai questionari e richieste di documentazione;
- segnalazioni effettuate dalla Direzione Centrale Accertamento, da una Direzione regionale, da un ufficio della medesima Agenzia ovvero di altre Agenzie fiscali, dalla Guardia di finanza o da pubbliche amministrazioni ed enti pubblici;
- utilizzo di dati presenti in Anagrafe tributaria.
Ciò premesso la Corte di Cassazione ha ribadito il principio per cui l’accertamento parziale non costituisce un metodo di accertamento autonomo rispetto alle previsioni di cui agli artt. 38 e 39 del D.P.R. 600/1973 (e agli artt. 54 e 55 del D.P.R. 633/1972 per l’IVA), bensì una modalità procedurale che ne segue le stesse regole.
Tale accertamento differisce da quello ordinario in ragione della disponibilità, in capo all’Amministrazione, di elementi idonei a dare contezza della sussistenza, a qualsiasi titolo, di attendibili posizioni debitorie, senza richiedere, in ragione della loro oggettiva consistenza, l’esercizio di un ufficio valutativo ulteriore rispetto a quello che si risolve nel recepire e fare proprio il contenuto della segnalazione o lo svolgimento di ulteriori attività di approfondimento.
È pacifico che l’art artt. 41-bis d.P.R. n. 600 del 1973, nella parte in cui fa salva l’ulteriore azione di accertamento nei termini di decadenza previsti, fa riferimento a pretese dell’Ufficio fondate su fonti diverse da quelle prese a base dall’accertamento parziale o comunque su dati la cui conoscenza, da parte dell’Ente impositore, sia sopravvenuta all’accertamento, tali essendo anche quelli noti ad un ufficio fiscale, ma non ancora in possesso di quello che ha emesso l’atto al momento dell’adozione dello stesso.
Di conseguenza, l’accertamento integrativo successivo, che si basa su atti o fatti già conosciuti dall’ente impositore fin dall’origine ma non contestati in sede di primo accertamento, è invalido perché contrario al principio di unitarietà dell’accertamento, di cui l’art. 41-bis costituisce una deroga, e pregiudizievole del diritto di difesa del contribuente.
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: Accertamento integrativo solo su elementi nuovi