Presupposti dell'accertamento integrativo: possono essere emessi nuovi avvisi di accertamento per integrare o modificare quelli già in precedenza notificati al contribuente solo in base alla sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi. Lo chiarisce la Corte di Cassazione con l'Ordinanza numero 18879 del 2021.
La Corte di Cassazione, con l’Ordinanza numero 18879 del 3 luglio 2021, ha chiarito quali sono i presupposti per procedere ad accertamenti integrativo.
Nel caso di specie, la società contribuente aveva proposto ricorso avverso un avviso di accertamento e successivo avviso integrativo del primo, in tema di Ires, Irap ed Iva per l’anno d’imposta 2004, avente ad oggetto un atto di compravendita di immobile, definito in “pessimo stato di manutenzione e conservazione”, al prezzo convenuto di euro 80 mila.
- Corte di Cassazione - Ordinanza numero 18879 del 3 luglio 2021
- Il testo integrale dell’Ordinanza della Corte di Cassazione numero 18879 del 3 luglio.
Presupposti dell’accertamento integrativo: il caso analizzato nell’Ordinanza della Corte di Cassazione n. 18879 del 2021
L’Ufficio constatava che l’acquirente aveva stipulato un mutuo ipotecario pari ad euro 135 mila e che il valore medio OMI, riferito al mercato immobiliare in questione, era pari ad euro 167.550,00.
Avvalendosi quindi della procedura prevista dall’art. 32, comma 7, Dpr. 600/1973, l’Ufficio aveva poi acquisito - dalla banca erogatrice del finanziamento in favore di parte acquirente - la perizia di stima redatta per l’istituto bancario e recante un valore del bene pari ad euro 168.750,00, oltre all’atto preliminare di compravendita, nel quale risultava convenuto tra le parti il medesimo importo (euro 168.750,00).
Da qui l’accertamento di maggiori ricavi e la conseguente rideterminazione dei tributi sopra menzionati.
La Commissione Tributaria Provinciale rigettava poi il ricorso con sentenza confermata anche dalla Commissione Tributaria Regionale.
Per la cassazione di tale sentenza la contribuente proponeva infine ricorso, deducendo, per quanto di interesse, che l’atto impositivo era stato emesso in violazione dell’art. 43, comma 3, Dpr. 600/73 e dell’art. 57, comma 4, Dpr. 633/72, secondo il cui disposto possono essere emessi nuovi avvisi di accertamento per integrare o modificare quelli già in precedenza notificati al contribuente solo in base alla sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi.
Rilevava inoltre la ricorrente che tali nuovi elementi - e gli atti o fatti attraverso i quali questi sono venuti a conoscenza dell’Ufficio – devono comunque essere specificamente indicati nell’avviso, a pena di nullità; cosa che, nella specie, asseriva, non era avvenuta.
Secondo la Suprema Corte la censura non era fondata.
Evidenziano i giudici di legittimità che nell’avviso di accertamento integrativo in contestazione si leggeva, in premessa, che la contribuente era stata destinataria di verifica fiscale parziale (accesso mirato), terminata il 19 luglio 2007 con la notifica di un verbale.
L’avviso dava quindi atto della emissione di un primo atto di accertamento, emesso il 29 settembre 2007 e notificato il 2 ottobre 2007, per poi fare riferimento all’atto di compravendita per cui era causa, a proposito del quale veniva richiamata la “ulteriore documentazione”, costituita dalla citata perizia di stima e dal citato preliminare.
Rileva dunque la Cassazione che la notifica del primo atto impositivo era coeva alla trasmissione della perizia, documento pertanto a cui doveva riconoscersi, all’atto della formazione del primo avviso di accertamento, il carattere della novità e la non conoscenza - né conoscibilità - in capo all’Ufficio.
Da qui, secondo la Corte, la conformità dell’attività dell’Amministrazione finanziaria al dettato del Dpr. 600/73, che, con l’art. 43 comma 3, consente di integrare o modificare in aumento l’avviso di accertamento emesso in precedenza.
E, del resto, evidenziano ancora i giudici, la doglianza della contribuente si fondava comunque su un assunto che non trova riscontro nella norma, ossia l’equiparazione tra “nuovo” e “sopravvenuto”, essendo sufficiente che gli atti e le circostanze non fossero conosciuti al momento dell’emissione dell’avviso.
Tanto premesso in ordine allo specifico caso processuale, in termini più generali giova anche evidenziare quanto segue.
Presupposti dell’accertamento integrativo: alcune considerazioni
L’ampia dizione utilizzata nella disposizione di legge giustifica comunque l’emissione di un avviso di accertamento integrativo quando l’Ufficio, successivamente all’accertamento originario, sia venuto a conoscenza di elementi fattuali, probatoriamente rilevanti, di cui non era a conoscenza al momento dell’emissione dell’originario avviso (cfr., Cass., n. 10160 del 28 maggio 2020).
La preclusione prevista dall’art. 43 del Dpr. n. 600/73 impone quindi il divieto di emettere un avviso di accertamento integrativo sulla base della semplice rivalutazione, o del maggior approfondimento, di dati probatori già noti all’Ufficio o in suo possesso al momento dell’avviso originario (cfr., Cass., n. 26191 del 18/10/2018).
L’accertamento integrativo non deve essere peraltro confuso con l’autotutela sostitutiva, laddove l’avviso di accertamento emesso, con efficacia ex nunc, in sostituzione di uno precedente, viziato da un errore materiale, non costituisce espressione del potere di autotutela integrativa (ex articolo 43, comma 4, Dpr. n. 600/1973), ma, piuttosto, del potere di autotutela sostitutiva, esperibile anche in assenza di sopravvenute conoscenze.
Solo l’integrazione o la modifica, in aumento, dell’originario avviso determina del resto una “nuova” pretesa tributaria rispetto a quella originaria , dovendo formalizzarsi nell’adozione di un nuovo avviso di accertamento, che, aggiungendosi o sostituendosi a quello originario, indichi gli elementi di fatto di cui è sopravvenuta la conoscenza, ai sensi dell’art. 43, co. 3, del Dpr. n. 600/73.
In caso invece di modifica in diminuzione, questa non necessita di forme o motivazioni particolari, in quanto non integra una nuova pretesa tributaria (cfr., Cass. n. 13311 del 17/05/2019).
In conclusione, l’art.43 cit. è preordinato alla ripresa a tassazione di elementi reddituali incrementativi del reddito complessivo definito in precedenza e non noti al momento dell’esercizio della precedente attività accertatrice, laddove, mentre non è consentito annullare un avviso di accertamento già notificato al contribuente e sostituirlo con uno nuovo contenente una maggior pretesa impositiva come derivante da un più attento giudizio degli elementi già disponibili al momento dell’emanazione dello stesso accertamento, il potere di reiterazione della potestà di accertamento (accertamento integrativo) rappresenta invece lo strumento concesso all’Amministrazione Finanziaria per accertare la (maggiore) pretesa tributaria sulla base dell’acquisizione di nuovi elementi conoscitivi.
Nessun ostacolo impedisce peraltro, sotto altro profilo (e diversa fattispecie rispetto a quella dell’accertamento integrativo), all’Amministrazione di procedere ad autotutela sostitutiva, riesaminando il proprio operato (entro i relativi termini decadenziali) ed annullare i propri atti, eventualmente illegittimi, sostituendoli con altri legittimi, purché l’ammontare dei tributi contestati sia di ammontare uguale rispetto a quello precedente.
Quanto poi a cosa debba esattamente intendersi per elementi sopravvenuti, giova anche evidenziare come possano considerarsi tali, ai sensi dell’art. 43, comma terzo, cit., anche i dati conosciuti da un ufficio fiscale, ma non ancora in possesso di quello che ha emesso l’avviso di accertamento al momento dell’adozione di esso (cfr., Cass., Sentenza n. 11057 del 12/05/2006).
La sopravvenienza di “nuovi elementi” richiesti dalla norma per l’emissione dell’accertamento integrativo non può dunque essere restrittivamente interpretata.
Con l’integrazione di un avviso di accertamento già emanato, l’ufficio può, in conclusione, emettere un nuovo avviso, contenente elementi rinvenuti successivamente al primo e tali da modificare nella sostanza il presupposto d’imposta.
Nell’ipotesi di integrazione o modificazione si esercita cioè un ulteriore potere accertativo, che, in quanto tale, richiede necessariamente la sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi.
Sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi non richiesta invece per l’autoannullamento di un precedente avviso di rettifica e la sostituzione dello stesso con uno nuovo, contenente lo stesso dispositivo ma una diversa motivazione, atteso che, come visto, in tal caso, non ricorre esercizio del predetto potere integrativo o modificativo, ma la semplice sostituzione di un precedente provvedimento illegittimo con un nuovo provvedimento conforme a diritto (cfr., Cass., n. 22019/2014).
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