Accertamento sintetico: l’aiuto del genitore va provato

Accertamento fiscale sintetico sull'acquisto e le spese di mantenimento dell'abitazione principale condivisa con il genitore: analizziamo insieme la recente pronuncia della Corte di Cassazione in materia.

Accertamento sintetico: l'aiuto del genitore va provato

In materia di accertamento sintetico per incremento patrimoniale, l’acquisto dell’abitazione principale può essere giustificato dall’accensione di un mutuo, che deve risultare da apposita documentazione.

Al contempo è necessario giustificare e documentare anche la capacità reddituale necessaria per sostenere i costi di mantenimento dell’immobile, non risultando idonea la generica affermazione che le spese sono state sostenute per intero dal genitore, seppur comproprietario e convivente.

Questo l’interessante principio contenuto nell’Ordinanza della Corte di Cassazione numero 149/2019.

I fatti – La controversia attiene il ricorso avverso un avviso di accertamento con cui l’Agenzia delle entrate ha rideterminato in via sintetica il reddito imponibile di un contribuente relativo al 2008, la cui capacità reddituale era risultata incoerente rispetto l’ammontare delle spese sostenute per l’acquisto e il mantenimento dell’abitazione principale.

Il ricorso, sebbene respinto dalla CTP, era stato poi accolto dalla CTR e avverso tale decisione l’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per Cassazione.

Con un unico motivo di doglianza l’Ufficio ha denunciato violazione e falsa applicazione dell’articolo 38 del D.P.R.. n. 600/1973, lamentando che l’accensione di un finanziamento non potesse essere addotto a giustificazione della capacità contributiva del contribuente.

L’Agenzia delle Entrate ha al contempo contestato l’affermazione del giudice d’appello circa il mantenimento dell’abitazione principale, asseritamente a carico della madre del contribuente accertato, in assenza dalla verifica circa la sussistenza di adeguati redditi in capo a quest’ultima.

La decisione – Si premette che, nella versione vigente nel periodo d’imposta 2008, l’articolo 38, comma 6 del D.P.R. 600 del 1973 prevedeva l’onere per il contribuente di dimostrare e documentare, in termini di entità e durata, che il maggior reddito determinato o determinabile sinteticamente fosse costituito in tutto o in parte da redditi esenti o da redditi soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta.

Premesso questo, la Corte di Cassazione ha accolto la tesi dell’Amministrazione finanziaria perché in linea non solo con la lettera della norma ma anche con l’orientamento prevalente secondo cui l’accertamento del reddito con metodo sintetico non impedisce al contribuente di dimostrare, attraverso idonea documentazione, che il maggior reddito accertato deriva, in tutto o in parte, da redditi esenti o da redditi soggetti a ritenute alla fonte a titolo di imposta, a condizione che “l’entità di tali redditi e la durata del loro possesso devono risultare da idonea documentazione”.

In altre parole, i giudici di legittimità non ritengono sufficiente, in tema di onere della prova, che il contribuente provi soltanto la disponibilità di ulteriori redditi (esenti ovvero soggetti a ritenute alla fonte), essendo necessario anche la prova documentale che detti ulteriori redditi siano stati (o sarebbero potuti essere stati) utilizzati per coprire le spese contestate.

In tal senso va letto lo specifico riferimento alla prova della entità di tali eventuali ulteriori redditi e della durata del relativo possesso, “previsione che ha l’indubbia finalità di ancorare a fatti oggettivi (di tipo quantitativo e temporale) la disponibilità di detti redditi per consentire la riferibilità della maggiore capacità contributiva accertata con metodo sintetico in capo al contribuente proprio a tali ulteriori redditi, escludendo quindi che i suddetti siano stati utilizzati per finalità non considerate ai fini dell’accertamento sintetico, quali, ad esempio, un ulteriore investimento finanziario, perché in tal caso essi non sarebbero ovviamente utili a giustificare le spese e/o il tenore di vita accertato, i quali dovrebbero pertanto ascriversi a redditi non dichiarati.”

Nel caso di specie le spese contestate riguardavano l’acquisto dell’abitazione ed il mantenimento della stessa.

Per quanto attiene l’investimento immobiliare è ragionevole ritenere che l’accensione di un prestito bancario, documentato dal contribuente, costituisca una prova idonea della provenienza non reddituale della provvista giacché, “qualora l’Ufficio determini sinteticamente il reddito complessivo netto in relazione alla spesa per incrementi patrimoniali ed il contribuente deduca e dimostri che tale spesa sia giustificata dall’accensione di un mutuo ultrannuale, il mutuo medesimo non esclude ma diluisce la capacità contributiva.”

In merito alle spese di mantenimento dell’immobile, che il contribuente ha giustificato dichiarando il sostenimento integrale delle stesse da parte della madre, i giudici hanno ritenuto siffatta giustificazione troppo generica e non documentabile.

Pertanto hanno errato i giudici della CTR quando hanno affermato che potesse “fondatamente presumersi che le spese occorrenti per il mantenimento dell’appartamento di 110 mq., di cui era proprietario al 50% unitamente alla madre con lui convivente, fossero da questa sostenute anche per la quota a lui spettante, senza alcuna specificazione, neppure con riguardo alla continuità del possesso dei redditi nel tempo”.

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