Analisi della giurisprudenza relativa alla sopravvenuta conoscenza in materia di accertamento con adesione
Sicuramente la sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi, che consentano di accertare un maggior reddito imponibile superiore al 50% di quello definito e comunque non inferiore a 77.468,53 €, è la condizione che presenta aspetti di maggiore interesse nell’ambito delle ulteriori attività accertatrici in materia di accertamento con adesione.
Il presupposto per l’esercizio del potere di integrazione e modificazione è dato dalla sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi.
La norma, in forza di quanto prescritto dagli articoli 43, comma 3, del D.P.R. n. 600/73 e 57, comma 4, del D.P.R. n. 633/72, richiede elementi - nuovi e sopravvenuti - che se conosciuti prima, avrebbero portato ad una diversa valutazione reddituale.
Non deve, quindi, trattarsi di una semplice riconsiderazione di quanto era già noto al momento dell’emanazione del primo avviso.
La norma esige tanto la presenza di elementi non apprezzati nel precedente avviso quanto l’acquisizione della loro conoscenza in un momento successivo.
Le stesse indicazioni fornite con la C.M. n. 7/1496 del 30.4.1977 affermano che, al verificarsi di tali fatti, sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi:
“l’Ufficio deve notificare un altro avviso nel quale deve specificare, a pena di nullità, i fatti in questione ed il modo in cui ne è venuto a conoscenza, curando in modo particolare di porre in rilievo che trattasi di fatti che erano sconosciuti all’Ufficio (e tali debbono effettivamente essere) alla data del primo accertamento o dei precedenti accertamenti integrativi.
Gli elementi nuovi debbono pur sempre riguardare fatti rientranti nel periodo d’imposta in considerazione e perciò necessariamente anteriori al primo avviso di accertamento, di modo che, nella realtà, novità e sopravvenienza sono tutt’uno e concernenti la conoscenza, da parte dell’Ufficio, di fatti storicamente vecchi”
- Circolare Agenzia delle Entrate (all’epoca Ministero delle Finanze) numero 7 del 30 aprile 1977
- Accertamento ai fini delle imposte sui redditi
Le istruzioni allora diramate - che pur se datate sono da ritenere tuttora valide - proseguono affermando che i fatti sono nuovi
“perché venuti a conoscenza dell’Ufficio - e, quindi, non direttamente rilevabili dagli elementi contenuti nella dichiarazione o negli atti o fatti che hanno dato luogo all’accertamento d’ufficio - solo successivamente alla data dell’accertamento di cui sono integrativi, pur riguardando epoca anteriore e, precisamente, circostanze e accadimenti verificatasi nel periodo di imposta cui l’accertamento si riferisce”
Il nuovo avviso deve indicare, a pena di nullità, i nuovi elementi e gli atti o fatti attraverso i quali sono venuti a conoscenza dell’ufficio.
Dal punto di vista formale, l’accertamento integrativo, deve avere un contenuto completo e, quindi, deve sottostare anche alle prescrizioni dell’art. 42 del D.P.R. n. 600/73 e dell’art. 56 del D.P.R. n. 633/72 (indicazione degli elementi o dei cespiti che sono alla base del nuovo accertamento, del nuovo imponibile, dell’aliquota applicata e dell’imposta derivata).
Le indicazioni specificatamente previste per gli accertamenti integrativi debbono risultare dalla motivazione dell’atto, che è lo strumento attraverso il quale si descrive l’insieme delle argomentazioni su cui si fonda la pretesa dell’Ufficio al fine di rendere edotto il contribuente delle ragioni di fatto e di diritto su cui gli atti medesimi si fondano, informando il destinatario dell’atto sulle ragioni di un provvedimento autoritativo, suscettibile di incidere unilateralmente nella sfera giuridica del destinatario.
Sul punto, gli Ermellini, con la pronuncia n.12490 del 19 aprile 2022, hanno ritenuto che, se successivamente all’accertamento con adesione, l’Amministrazione finanziaria sia venuta a conoscenza di elementi fattuali nuovi, prima non conosciuti, rilevanti sul piano probatorio, che consentano di procedere ad un nuovo accertamento, l’Ufficio è legittimato ad accertare profili di evasione di imposta prima non riscontrabili. Per i giudici di Piazza Cavour trova applicazione, ai fini interpretativi, la nozione di elementi sopravvenuti contenuta nell’art. 43, d.P.R. n. 600/1973, che legittima l’adozione di un accertamento integrativo. In particolare, vengono richiamate una serie di pronunce (Cass. civ., 30 ottobre 2018, n. 27565; conf.: Cass. civ., 3 giugno 2015, n. 11421; Cass. civ., 15 gennaio 2016, n. 576; Cass. civ., 3 aprile 13, n. 8029) con cui la Corte ha precisato che
“In tema di accertamento delle imposte sui redditi, l’amministrazione può emettere un avviso di accertamento integrativo sulla base della sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi, non della semplice rivalutazione o del maggiore approfondimento di dati probatori già interamente noti all’ufficio al momento dell’emissione dell’avviso originario”
Nella stessa pronuncia si chiarisce che la sopravvenienza dei nuovi elementi richiesti dalla norma (D.P.R. n. 600 del 1973, attuale art. 43, u.c.), per l’emissione dell’accertamento integrativo, non può essere restrittivamente interpretata quale sopravvenienza di «nuovi elementi reddituali», poiché l’emersione di nuovi cespiti imponibili legittima senz’altro la adozione di un autonomo avviso di accertamento.
“L’ampia dizione utilizzata nella disposizione di legge giustifica il ricorso all’avviso di accertamento integrativo qualora l’ufficio, successivamente all’accertamento originario, venga a conoscenza di elementi fattuali, rilevanti sotto il profilo probatorio, sconosciuti al momento della emissione dell’avviso originario (Cass. n. 16528 del 2018)”
In sostanza
“quel che rileva è la circostanza che, successivamente all’accertamento con adesione, l’amministrazione finanziaria sia venuta a conoscenza di elementi fattuali, rilevanti sul piano probatorio, che consentano di procedere ad un nuovo accertamento, poiché proprio quegli elementi, prima non conosciuti, legittimano l’amministrazione finanziaria ad accertare profili di evasione di imposta prima non riscontrabili”
Con riferimento al caso di specie
“correttamente il giudice del gravame ha ritenuto legittima l’adozione del successivo avviso di accertamento in quanto basato su ulteriori elementi probatori, prima non a disposizione dell’amministrazione finanziaria, consistenti negli accertamenti bancari compiuti nei confronti dell’intermediario”
Sotto tale profilo
“non correttamente parte ricorrente evidenzia che si trattava di elementi già conosciuti dall’amministrazione finanziaria”
In ordine all’inutilizzabilità di questi elementi, in quanto riferibili a diverso contribuente e di cui la stessa non era stata messa a conoscenza, osserva la Corte che non è un problema di utilizzabilità o meno degli elementi di prova raccolti, ma di valenza indiziaria degli stessi, profilo, quest’ultimo, sul quale è stata compiuta dal suddetto giudizio una valutazione di merito non sindacabile in questa sede, con la precisazione, inoltre, che la stessa ricorrente non aveva contestato
“che gli elementi obiettivi accertati mediante tali indagini non siano corrispondenti al vero”
Resta fermo che la sostituzione in autotutela dell’avviso di accertamento è istituto diverso dall’accertamento integrativo, in quanto quest’ultimo trova fondamento nella sopravvenuta conoscenza di nuovi fatti di evasione, precedentemente non conosciuti dall’Ufficio accertatore.
La sua adozione, pertanto, non comporta una duplicazione delle imposte accertate mediante il precedente avviso, ove si fondi effettivamente ed esclusivamente sul riscontro di fatti ed elementi autonomi da quelli accertati in precedenza (Cass. Ord.n.16455 del 10 giugno 2021).
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: Accertamento con adesione e “sopravvenuta conoscenza”