Per superare l’accertamento bancario in giudizio rilevano anche le dichiarazioni di terzi

Emiliano Marvulli - Imposte

In tema di accertamenti bancari, la dichiarazione sostitutiva di atto notorio rilasciata da terzi costituisce un indizio ammissibile e utilizzabile anche se non è assimilabile alla prova testimoniale. Lo ha chiarito la Corte di Cassazione

Per superare l'accertamento bancario in giudizio rilevano anche le dichiarazioni di terzi

In tema di accertamenti bancari, qualora il contribuente fornisca prova analitica della natura delle movimentazioni sui propri conti, in modo da superare la presunzione di cui all’art. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973, il giudice è tenuto ad una valutazione altrettanto analitica di quanto dedotto e documentato, non essendo a tal fine sufficiente una valutazione delle suddette movimentazioni per categorie o per gruppi.

Nel conseguente processo tributario, rileva anche la dichiarazione sostitutiva di atto notorio rilasciata da terzi in quanto, seppur non assimilabile alla prova testimoniale, costituisce pur sempre un indizio ammissibile ed utilizzabile, tanto dall’Amministrazione quanto dal contribuente.

Questo il principio desumibile dall’Ordinanza n. 17716 depositata il 27 giugno 2024.

Per superare l’accertamento bancario in giudizio rilevano anche le dichiarazioni di terzi: la senzenza

Il giudizio verte sul ricorso avverso un avviso di accertamento notificato dall’Agenzia delle entrate nei confronti di contribuente, con cui era stato accertato un maggior reddito sulla base delle risultanze di una verifica sui conti bancari intestati al contribuente.

Il ricorso è stato respinto dalla CTP mentre l’appello, proposto dal contribuente, veniva parzialmente accolto dalla CTR, respingendolo nel resto.

Il contribuente ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza, lamentando violazione e falsa applicazione dell’art. 32, comma 1, n. 2, del d.P.R. n. 600 del 1973, nella parte in cui i giudici d’appello hanno negato ogni sorta di efficacia probatoria alla dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà della coniuge del contribuente accertato, circa le ragioni giustificative dei versamenti sul conto corrente cointestato.

Sul punto, i giudici di Piazza Cavour hanno ritenuto fondato il motivo e cassato con rinvio la sentenza della CTR.

Nel caso di specie la CTR ha rigettato l’impugnazione da parte del contribuente sulla scorta di diverse considerazioni, tutte sorrette dall’ affermazione in diritto sulla completa irrilevanza nel processo tributario della dichiarazione sostitutiva di atto notorio e così della dichiarazione depositata dal contribuente.

A parere dei giudici di Cassazione tale affermazione è errata alla luce della più recente giurisprudenza di legittimità, secondo la quale nel processo tributario la dichiarazione del terzo, sostitutiva di atto notorio, non è assimilabile alla prova testimoniale – preclusa dall’art. 7, comma 4, del d.lgs.n. 546 del 1992 - ma costituisce un indizio ammissibile ed utilizzabile tanto dall’Amministrazione quanto dal contribuente.

Sostenere l’irrilevanza della dichiarazione sostitutiva di atto notorio porta alla conseguenza di svalutare gli elementi di prova documentale offerti dal contribuente e a omettere l’esame analitico delle giustificazioni addotte per le singole operazioni.

Risulta, così, violato il principio di diritto più volte affermato dalla giurisprudenza della Corte di cassazione secondo il quale, in tema di accertamenti bancari, qualora il contribuente fornisca prova analitica della natura delle movimentazioni sui propri conti in modo da superare la presunzione di cui all’art. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973, il giudice è tenuto ad una valutazione altrettanto analitica di quanto dedotto e documentato, non essendo a tal fine sufficiente una valutazione delle suddette movimentazioni per categorie o per gruppi.

Sulla base di tali principi i giudici hanno accolto il ricorso e cassato con rinvio la sentenza impugnata.

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