Al via il modulo 2 dell’European Trading System. Di cosa si tratta e cosa devono attenzionare le imprese utenti
L’UE, adottando una politica ambientale piuttosto rigorosa e attenta, si è prefissata di perseguire un obiettivo molto ambizioso: la riduzione del 55 per cento del livello di emissioni nette rispetto al 1990 entro il 2030.
Obiettivo che però, secondo la stessa Agenzia per l’Ambiente dell’UE, non potrà essere raggiunto con le misure esistenti quali la normativa EU ETS e quelle aggiuntive in programma.
Il Legislatore comunitario ha quindi previsto l’istituzione dell’EU ETS 2 per cercare di facilitare il conseguimento dell’obiettivo prefissato. Considerando che i settori del trasporto su gomma e degli edifici hanno prodotto circa il 30 per cento delle emissioni nell’UE nel 2022, il capo IV bis della direttiva 2003/87/CE introduce questo secondo programma di riduzione dei gas serra rivolto essenzialmente a quel 30 per cento sopra individuato.
Un meccanismo anch’esso finalizzato allo scambio di quote di emissioni, rivolto appunto ai settori degli edifici e del trasporto stradale nonché ad altri settori delle industrie energetiche, manifatturiere e delle costruzioni non già interessate dalla applicazione dell’attuale EU ETS.
Dalle conseguenze pratiche e operative della norma sono interessate le imprese e i clienti, soprattutto in relazione alle forniture di gas. I soggetti dovranno prestare particolare attenzione nel rispondere ai moduli di comunicazione relativi all’attività svolta e all’utilizzo al quale è destinata la fornitura.
EU ETS: l’obiettivo prefissato e il risultato raggiunto
L’Emission Trading System, l’EU ETS, norma in vigore nel territorio dell’UE nonché in Islanda, Liechtenstein e Norvegia, è uno strumento volto a fronteggiare gli effetti delle attività produttive sui cambiamenti climatici.
Il sistema ha l’obiettivo di ridurre le emissioni prodotte dalle migliaia di impianti in funzione nei settori dell’energia elettrica e nell’industria manifatturiera, nonché dalle compagnie aeree che operano tra i Paesi che lo adottano.
Le attività interessate sono la fonte di circa il 50 per cento delle emissioni dei gas a effetto serra prodotte dagli Stati interessati.
Le aziende coinvolte sono sottoposte all’osservanza dei limiti posti alle emissioni. A fronte della riduzione così ottenuta sarà assegnato un determinato numero di quote di emissione che potranno essere spese a copertura dell’effettiva emissione, la cui differenza rispetto al programmato può essere scambiata in appositi mercati regolamentati.
I gas e i settori interessati dall’EU ETS sono:
- l’anidride carbonica derivante da produzione di energia elettrica e di calore;
- settori industriali ad alta intensità energetica raffinerie di petrolio, acciaierie e produzione di ferro, metalli, alluminio, cemento, calce, vetro, ceramica, pasta di legno, carta, cartone, acidi e prodotti chimici organici; aviazione civile;
- l’ossido di azoto derivante dalla produzione di acido nitrico ed altri;
- i perfluorocarburi derivanti dalla produzione di alluminio.
La strategia dell’EU ETS mira a una costante riduzione dei permessi scambiabili, così da indirizzare i singoli enti a ridurre le emissioni, ottimizzando e diversificando la produzione e il consumo di energia e riducendo conseguentemente l’utilizzo delle fonti fossili.
Meccanismo che sembra funzionare, atteso che dall’avvio delle politiche UE di riduzione dei gas serra al 2022 è stata verificata la riduzione delle emissioni di oltre il 40 per cento rispetto al dato di partenza.
EU ETS 2: il calendario degli obblighi
A questo si è ora aggiunto l’EU ETS2, che vede quali soggetti regolamentati essenzialmente quelli che vendono combustibili fossili utilizzati per il trasporto su strada, il riscaldamento degli edifici residenziali e dalle imprese non regolate dall’ETS 1, con uno specifico calendario di attuazione.
A partire dal 2025, i soggetti regolamentati dovranno monitorare le emissioni dei combustibili immessi in consumo e comunicarle all’Autorità Nazionale Competente entro il 30 aprile di ogni anno secondo le modalità che seguono:
- entro il 30 aprile 2025, i soggetti regolamentati dovranno comunicare le emissioni storiche dell’anno 2024, il cui monitoraggio verrà attuato in questa prima fase in una forma semplificata;
- dal 30 aprile 2026 sarà annualmente prodotto un report sulle emissioni dell’anno solare precedente verificato da un ente accreditato insieme al quale dovranno essere trasmessi al registro centralizzato i dati raccolti su cui le Autorità nazionali potranno condurre controlli a campione;
- dal 2027 cominceranno le aste per l’assegnazione dei permessi e sarà possibile lo scambio di permessi tra enti regolati e con altri enti finanziari.
Dal 2027 verrà attivato il mercato con l’asta delle quote di emissione, la cui restituzione è prevista entro il 31 maggio 2028, procedendo in modo analogo per tutti gli anni successivi.
Un sistema che, come si legge, copia alcuni meccanismi procedurali dell’EU ETS avendo però il differente obiettivo di creare un disincentivo al consumo delle fonti più inquinanti mediante il trasferimento dei costi al consumatore finale.
Se da un lato questo può essere motore di un ulteriore stimolo all’industria green e alla creazione di nuovi posti di lavoro, di contro potrebbe determinare l’avvio di una deriva inflazionistica causata dall’incremento dei costi dell’energia non controbilanciato da una contemporanea redistribuzione dei consumi energetici verso forme più sostenibili, come sta accadendo al processo di elettrificazione della mobilità privata su gomma.
EU ETS 2: i rischi della disattenzione del cliente finale
Tralasciamo ogni ulteriore considerazione e veniamo al caso concreto.
Il nuovo sistema è in effetti già in avvio ed un lettore lo ha segnalato avendo ricevuto apposita comunicazione sul punto, inviata ai propri clienti da primario fornitore di gas, con la quale si richiede la compilazione di un modulo attestante in via principale l’attività svolta e l’utilizzo al quale è destinata la fornitura.
Modulistica che si consiglia di compilare con molta attenzione e restituire nei tempi richiesti, atteso che dal riscontro delle informazioni in esso contenute, con particolare riguardo al codice Ateco corrispondente all’attività svolta, dipende la verifica che questa ricada o meno nel perimetro entro il quale si applica il sistema ETS2.
Nel caso in cui vi ricada si vedranno trasferire dal fornitore i maggiori costi da questo sostenuti per eventuali maggiori oneri per le quote di emissione acquistate, in proporzione ai consumi attribuiti.
Bisogna soprattutto fare molta attenzione alla mancata risposta perché, ancorché venga svolta una attività non ricompresa dalla direttiva, in assenza della informazione richiesta si potrebbe essere comunque assoggettati all’applicazione del sistema ETS2 con conseguente addebito in fattura dei relativi costi.
In conclusione non è detto che tutte le aziende fornitrici applichino la stessa metodologia e tempistica per aggiornare le proprie anagrafiche ai fini della corretta applicazione della normativa ETS2 ma è consigliabile il rivolgersi al proprio fornitore di energia per i riscontri del caso.
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: EU ETS 2: le novità per le imprese e gli adempimenti connessi