Gli enti no profit hanno da sempre effettuato attività di raccolta fondi tra il pubblico avvalendosi di diverse tipologie di attività, quali ad esempio organizzazioni di eventi ad hoc, durante i quali potevano conseguire donazioni ed erogazioni liberali. Il codice del terzo settore ha finalmente normato tali iniziative.
La riforma del terzo settore ha posto un limite e normato diversi aspetti precedentemente lasciati alla discrezione delle associazioni. In questo caso trattiamo di una delle principali fonti di sostentamento degli enti no profit, la raccolta fondi.
Le associazioni infatti traggono le proprie risorse economiche, necessarie allo svolgimento della loro attività, dalle quote associative, dai contributi, ma chiaramente anche dalle donazioni, dalle erogazioni liberali e dai fondi che possono raccogliere dalla collettività in occasione degli eventi che organizzano.
La raccolta fondi resta infatti una delle modalità più tradizionali e diffuse che da sempre gli enti no profit hanno realizzato al fine di poter diffondere i propri intenti all’interno della comunità e trovare le risorse necessarie alla loro realizzazione.
Il d.lgs 117/2017 ha normato tale forma di reperimento di risorse, schematizzando la sua definizione da un punto di vista giuridico e limitando la possibilità di usufruirne.
Raccolta fondi nel terzo settore: la nuova definizione del CTS
L’art. 7 comma 1 del d.lgs 117/2017 definisce la raccolta fondi come:
“il complesso delle attività ed iniziative poste in essere da un ente del Terzo settore al fine di finanziare le proprie attività di interesse generale, anche attraverso la richiesta a terzi di lasciti, donazioni e contributi di natura non corrispettiva.”
La parola chiave di tale definizione è “richiesta”: la raccolta fondi è difatti contrassegnata dalla possibilità data all’associazione di poter chiedere soldi.
La richiesta avviene difatti in funzione di un fine specifico, tendenzialmente l’ente organizza una raccolta fondi in concomitanza con una festa, una celebrazione diffusamente conosciuta o predestinando le eventuali risorse raccolte alla realizzazione di un obiettivo ben determinato.
Sottolineare l’aspetto della “richiesta” è fondamentale in quanto così facendo il legislatore consente all’ente di poter determinare anche un eventuale prezzo specifico da attribuire ai beni o servizi potenzialmente ceduti in occasione della raccolta fondi.
Forme di raccolta fondi: modalità e limiti
L’art. 7 comma 2 del d.lgs 117/2017, continua poi descrivendo la natura dell’attività di raccolta fondi, dando la possibilità agli enti del Terzo settore, di:
“realizzare attività di raccolta fondi anche in forma organizzata e continuativa, anche mediante sollecitazione al pubblico o attraverso la cessione o erogazione di beni o servizi di modico valore, impiegando risorse proprie e di terzi, inclusi volontari e dipendenti.”
La raccolta fondi seppur restando un’attività di tipo occasionale, che deve quindi essere svolta per un numero limitato di volte durante l’esercizio sociale, può essere considerata un’attività non commerciale pur se svolta in forma organizzata e continuativa.
Durante la raccolta fondi possono quindi effettuarsi anche:
- cessione ed erogazione di beni;
- erogazione di servizi.
Per la cessione di beni e l’erogazione di servizi l’ente può anche fissare un prezzo da imporre alla cittadinanza sempre che si tratti di "modico valore".
È importante infatti mantenere il carattere non lucrativo che caratterizza l’attività degli enti no profit, per questo i prezzi imposti non potranno superare i costi di produzione dei beni stessi o dei servizi resi.
Lo svolgimento pratico della raccolta fondi potrà essere condotto dai volontari dell’ente, unitamente anche al personale dipendente, sempre nel rispetto dei limiti imposti dal legislatore alle associazioni in materia di diritto del lavoro.
Per quanto riguarda la configurazione fiscale di tali entrate, derivanti da eventi di raccolta fondi, l’art. 79 del d.lgs 117/2017 al comma 4 lettera a) dispone che:
“i fondi pervenuti a seguito di raccolte pubbliche effettuate occasionalmente anche mediante offerte di beni di modico valore o di servizi ai sovventori, in concomitanza di celebrazioni, ricorrenze o campagne di sensibilizzazione, non concorrono, in ogni caso, alla formazione del reddito degli enti del Terzo settore.”
Da qui deriva però l’altro requisito fondamentale da rispettare al fine di poter considerare come non commerciale l’attività di raccolta fondi, l’occasionalità della sua ricorrenza durante l’esercizio sociale dell’ente.
Riepilogando quindi l’attività di raccolta fondi è:
- occasionale;
- in forma organizzata;
- continuativa;
- considerabile come non commerciale se nel rispetto dei limiti.
Resta quindi una delle modalità fondamentali di sostentamento dell’ente.
Rendicontazione della raccolta ed obblighi di trasparenza
La raccolta fondi deve inoltre essere organizzata, come specificato nell’art. 7 comma 2 del d.lgs 117/2017,
“nel rispetto dei principi di verità, trasparenza e correttezza nei rapporti con i sostenitori e il pubblico, in conformità a linee guida adottate con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali.”
Al fine di poter rispettare i principi di trasparenza e verità le associazioni devono predisporre un rendiconto apposito unitamente ad una relazione illustrativa, da integrare poi nel bilancio di esercizio, che dovranno poi depositare presso il RUNTS entro il 30 giugno dell’esercizio successivo.
Le risorse che l’ente consegue a seguito della raccolta fondi dovranno quindi essere evidenziate e ben determinate all’interno di uno specifico prospetto dal quale sarà possibile comprendere gli oneri sostenuti dall’ente, oltre che le entrate derivanti dallo svolgimento di tale attività.
La relazione illustrativa da redigere e depositare unitamente al rendiconto servirà invece per determinare le ragioni che hanno portato l’ente ad organizzare la raccolta fondi e quali sono gli obiettivi che intende raggiungere attraverso l’impiego delle risorse raccolte.
La redazione del rendiconto e della relazione è richiesta a tutti gli enti, anche alle APS e alle ODV che si avvalgono del regime forfettario speciale previsto dal codice del terzo settore.
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: La raccolta fondi nel terzo settore